11 maggio 2018 15:37

Gentile bibliopatologo,
ho un conoscente che ama regalare i libri che ha appena finito di leggere. Non altre copie della stessa opera, cosa abbastanza comune, ma proprio la copia in suo possesso. Ci sono libri che a suo dire ha amato tantissimo e che non avrà mai più. Se mai gli viene voglia di rileggerli va a ricomprarseli, salvo poi regalarli di nuovo. A volte ti viene in casa e prima di andarsene.. puff, ti lascia lì un libro. Non è un testimone di Geova e quello che legge non ha niente a che vedere con quel genere di roba. I rapporti con questa persona sono per altri versi buoni, e più volte io stesso ho beneficiato vigliaccamente di questa sua assurda pratica. Ci ho riflettuto a lungo e non posso fare a meno di continuare a guardarla con sospetto. Non sono il tipo che vede complotti ovunque, ma escludo che possa trattarsi di vero altruismo, o di quel sano entusiasmo che ci porta spesso a voler rendere partecipi gli altri delle cose che ci sono piaciute. Chi si crede di essere? Dove vuole arrivare? Ci deve essere dietro qualcosa. Ma che cosa?
–BC

Caro BC,
ma è così difficile riconoscere un santo quando lo si incontra? Senz’altro ti ricorderai di Chance Giardiniere, il personaggio interpretato da Peter Sellers in Oltre il giardino (1979), film tratto da un romanzo di Jerzy Kosinski. Chance non ha documenti, non ha un soldo, non ha una casa, non è iscritto all’anagrafe, non ha nulla che attesti la sua identità; ma proprio per questo i servizi segreti e la polizia si convincono che sia un uomo machiavellico e potentissimo, capace di far sparire tutti i dossier che lo riguardano. E invece è un semplice giardiniere analfabeta, candido come un bimbo, che nella vita non ha fatto altro che curare il giardino del suo padrone e che ora, dopo la sua morte, si ritrova spaesato in un mondo che non ha mai conosciuto. Alla fine del film lo vedremo camminare sulle acque.

Ecco, capisco che il veleno di Nietzsche e di Cioran è entrato in corpo un po’ a tutti, che dietro la santità siamo inclini a scorgere qualche tenebrosa macchinazione dell’orgoglio, ma i santi esistono a questo mondo, esistono eccome, e di solito non tengono in gran conto l’accumulazione. Anzi, non si dà il caso di un santo che raccomandi di mettere insieme tesori su questa terra.

Abbiamo cominciato diecimila anni fa immagazzinando cereali, e ora alcuni di noi immagazzinano volumi che non leggeranno mai

Quando il Signore manda la manna dal cielo, cibo miracoloso, Mosè comanda agli israeliti di raccoglierne ciascuno quanto può mangiarne, non una briciola di più. Eppure, racconta il libro dell’Esodo, “essi non obbedirono a Mosè e alcuni ne conservarono fino al mattino; ma vi si generarono vermi e imputridì. Mosè si irritò contro di loro”.

Le biblioteche al massimo generano tarli e polvere, ma il tuo illuminato amico ha deciso che non vale la pena conservare i libri. Ne trae l’alimento che gli serve, e poi se ne sbarazza con liberalità. Se vorrà, saprà come e dove mangiarne ancora.

Capisco che il suo modo di fare ti sconcerti, perché contravviene a tutti i peggiori istinti di noi bibliomani. È un comportamento contrario al senso comune, against the grain secondo un’espressione idiomatica inglese che fa molto al caso nostro, già che la più antica forma di accumulazione è l’agricoltura, e che il granaio è il progenitore di tutti i nostri tesori, di tutte le nostre banche, di tutti i nostri depositi di Paperone.

Abbiamo cominciato diecimila anni fa immagazzinando cereali, e ora alcuni di noi immagazzinano volumi che non leggeranno – o non rileggeranno – mai. Non il tuo amico. Lui si affida al buon dio dei libri, raccoglie la manna letteraria che gli serve per sostentarsi, il resto lo dona agli amici. Come il trovatore Arnaut Daniel, “stipa i suoi granai di vento”. Perché sospettare che ci sia qualcosa dietro?

È così semplice.

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