Gentile bibliopatologo,
da circa trent’anni coltivo un’insana passione per la storia medievale. Ovviamente ho riempito la casa di libri. A un certo punto, studiando alcune eminenti famiglie del periodo, mi sono imbattuta nei loro stemmi araldici. Ammucchiati in un angolo i libri di storia, ho fatto posto a testi di araldica e genealogia. Questo studio mi ha portato all’analisi dei documenti medievali: per comprenderli ho cominciato a studiare le grafie del periodo e volumi di diplomatica. Il tavolo da cucina da sei persone si è ridotto a uno striminzito posticino perché il resto si è riempito di facsimili di documenti. Problema: i documenti erano in gran parte scritti in latino medievale. Lo studio del latino però – ho pensato – è un po’ limitato dal fatto che non conosco il greco antico: mi sono sentita obbligata all’acquisto di tre-quattro testi per principianti. Poiché lo studio della lingua non può prescindere dallo studio della civiltà che l’ha prodotta, ci stava bene un ripasso di storia greca e romana. Mi sentivo a disagio, però, pensando a quanta parte di storia stavo trascurando: egizi, sumeri, assiri, babilonesi, le grandi civiltà dell’Indo e del Gange, non meritavano forse qualche attenzione? Ho stilato un elenco di testi, per non dimenticare nulla: il primo riguarda l’età dei grandi dinosauri erbivori. Come uscire da questo incubo?
–Adriana
Cara Adriana,
come disse una volta Luciano Bianciardi, “chi vuol darsi una formazione culturale ha dinanzi a sé questa prospettiva: morire prima”. La tua malattia ha un nome, dalle ascendenze tutt’altro che ignobili; del resto, per dirne una, la pazzia malinconica non è stata forse considerata fin dall’antichità un tratto immancabile della persona di genio? La mia diagnosi, nel tuo caso, è secca: dilettantismo. Ricadi più precisamente nella sottospecie di quelli che Thomas Mann chiamava “dilettanti monumentali” (la formula fu coniata per Richard Wagner, quindi rincuorati, sei in illustre compagnia). Vorresti sapere tutto su tutti gli argomenti, e seguire un filo a ritroso che, a rigore, non può che ricondurti all’inizio che sta prima di ogni altro inizio; dove però l’unico big bang che udrai, temo, è quello del tuo cervello, esploso sotto il peso dell’onniscienza.
Il rimedio? Sgombera il tavolo da cucina da tutti quei documenti medievali e fai posto a due soli commensali: Bouvard e Pécuchet. Come saprai, sono i protagonisti dell’ultimo romanzo incompiuto di Gustave Flaubert. I nostri eroi amabilmente pasticcioni tentano di essere enciclopedici in un’epoca, quella del positivismo, dove regna la specializzazione. Dopo un esperimento fallito con l’agricoltura si danno allo studio di manuali su tutto lo scibile umano, dedicandosi di volta in volta alla medicina, alla chimica, alla geologia, alla politica, alla letteratura, alla psicologia, alla ginnastica, allo spiritismo, alla magia, alla filosofia, infine alla pedagogia…
Prova a guardarti nello specchio delle loro tragicomiche avventure, e ti passerà la voglia, quanto meno, di arrivare a ritroso fino ai dinosauri erbivori. Pian piano, sentirai il bisogno di tornare in buon ordine al tuo amato medioevo, proprio come Bouvard e Pécuchet tornano al loro originario lavoro di copisti. Coltivando con dedizione la tua aiuola (tutt’altro che angusta, del resto) potrai trovarci dentro ogni specie di fiori e di piante; ma se pretendi di conquistare tutti i campi arabili della conoscenza, be’, prima o poi ti travolgerà, dall’oltretomba, la risata liberatoria di Flaubert. Anticipa questo beffardo momento della verità, e vagli incontro spontaneamente.
Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it
Questa rubrica è stata pubblicata sul numero di Internazionale Extra Playlist. Il meglio del 2018.
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