08 settembre 2017 16:52

C’è qualcosa di sinistro nella polemica che oppone alcuni grandi studios di Hollywood a Rotten Tomatoes, il sito che raccoglie e riassume i giudizi sui film, rastrellando recensioni per tutto il web. Tutto nasce da quella che è stata una pessima estate per il botteghino statunitense.

Il New York Times, che dedica un lungo articolo alla vicenda, riporta le impietose cifre. Quello che va dal primo weekend di maggio al Labor day (il primo lunedì di settembre) è il periodo in cui tutte le major sparano i loro colpi migliori: i biglietti strappati in questo scorcio di tempo, solitamente, sono il 40 per cento del totale dei biglietti venduti in tutto l’anno. Il botteghino dell’estate 2017 parla di 3,8 miliardi di dollari, solo nel Nordamerica. Il 15 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2016.

Qualche dirigente di Hollywood ha cominciato a dare la colpa a Rotten Tomatoes. Il problema è principalmente il Tomatometer: una cifra che riporta la percentuale delle recensioni positive del film (se su cento recensioni solo cinque sono positive il metro segna 5/100) e che in rete salta fuori sempre più spesso associato ai titoli dei film. Ci si lamenta che il metro appiattisca il giudizio su un film perché tira fuori una cifra bruta in cui si perdono le sfumature. Chissà a quali sfumature di Baywatch (18/100) o di King Arthur (27/100), tanto per citare due film che hanno incassato molto meno del previsto, si fa riferimento.

Ma la cosa sinistra, che non è certo una novità, è che i grandi produttori si aspettano che la gente vada a vedere un film anche se è davvero brutto e riuscito male, magari solo perché nasce da una buona idea di marketing, che però non basta a realizzare un buon film.

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L’ordine delle cose di Andrea Segre, da poco passato alla Mostra del cinema di Venezia, non ha alcun indice su Rotten Tomatoes, ma non credo che nessuno degli autori, produttori e distributori si lamenterà di questa lacuna.

A Corrado (Paolo Pierobon), un superpoliziotto esperto in questioni di confini, affidano una delicata missione in Libia. In ballo ci sono dei fondi europei e una trattativa che coinvolge i dirigenti di un centro di raccolta di migranti a Sabrata e la guardia costiera libica. Lo scopo è quello di fermare o comunque ridurre il “flusso” di migranti dalle coste africane a quelle italiane.

Durante la visita al centro, Corrado entra in contatto con una ragazza somala che gli chiede aiuto. E Corrado effettivamente potrebbe aiutarla a raggiungere il marito in Finlandia. Sarebbe giusto farlo? Sarebbe opportuno per un un funzionario italiano in missione esporsi per una rifugiata somala? Il film di Andrea Segre non cerca risposte a quelli che in fondo non sono realmente dei dilemmi. Non afferma princìpi che per dei normali esseri umani dovrebbero essere scontati. Prova a mostrarci con semplicità e chiarezza (e umiltà, come spiega lo stesso Segre nell’Anatomia di una scena) a che punto siamo.

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Torniamo negli Stati Uniti, precisamente a Washington, con Miss Sloane di John Madden. Jessica Chastain è Elizabeth Sloane, una feroce lobbista che sa come muoversi nella capitale statunitense, sa su cosa puntare per ottenere un risultato, al di là di ogni morale. Stavolta questa donna cinica, totalmente votata al suo lavoro, sembra voler agire per affermare un principio. O invece è solo voglia di vincere una battaglia che sembra persa in partenza?

Di sicuro scagliarsi contro l’onnipotente lobby statunitense delle armi, come decide di fare Elizabeth, sembra un’azione donchisciottesca. Il film è descritto come un thriller politico, perciò i colpi di scena non si faranno desiderare. Jessica Chastain è perfettamente nella parte, ma tutto il cast funziona, dagli anziani John Lithgow e Sam Waterston, ai maturi Michael Stuhlbarg e Mark Strong, alle giovani Alison Pill e Gugu Mbatha-Raw.

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Sempre negli States è ambientato il nuovo film di Edgar Wright, regista britannico autore di perle come L’alba dei morti dementi e Hot fuzz. Chi, come me, ha trovato geniale il primo film e molto divertente il secondo, non può assolutamente perdere il tributo di Wright ai film sulle rapine. Tanto più che il suo Tomatometer si è attestato sui 93/100. Probabilmente in questo caso il giudizio sommario di Rotten Tomatoes ha contribuito a rimpinguare gli incassi di un film molto meno pubblicizzato di Baywatch (Baby driver negli States ha guadagnato 106 milioni di dollari con un budget stimato di 34 milioni), ma probabilmente molto più valido.

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In sala anche Il colore nascosto delle cose di Silvio Soldini che ci racconta come è nata l’idea di un film romantico su una relazione tra un uomo qualunque e una donna cieca nell’Anatomia di una scena che ha realizzato per noi.

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