03 novembre 2017 17:55

Ha pregi e difetti Borg McEnroe, il film di Janus Metz sulla celebre finale di Wimbledon del 1980, quando Björn Borg e John McEnroe scrissero una pagina memorabile del tennis mondiale. Per alcuni versi non ha niente di eccezionale, ma nel complesso funziona, emoziona e magari, soprattutto a beneficio di chi nel 1980 ancora non era nato, racconta una bella storia di sport con un buon grado di aderenza alla realtà. Su questo, e non solo, il film di Janus non può però competere con il documentario Hbo, McEnroe/Borg: Fire & Ice.

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Rispetto al documentario della Hbo, Borg McEnroe è più centrato sul campione svedese. Una scelta che a livello drammatico paga, anche se, sempre a livello drammatico, c’è qualche scorciatoia di troppo. Molto somigliante Sverrir Gudnason nei panni di Borg, più ingrato il compito di Shia LaBeouf che deve interpretare John McEnroe e che però alla fine se la cava. Di buono c’è che non s’indugia più di tanto sulle classiche ricostruzioni anni ottanta (anche se non ci viene risparmiata una piuttosto inutile sortita di Björn allo Studio 54), ma si esce con la voglia di riprendersi quello che il film non può dare: i veri scambi sull’erba di Wimbledon in quel lontano 6 luglio del 1980. Almeno chi, come me, la visse in diretta (in diretta tv almeno) non potrà fare a meno di provare a ricordarsi dove l’ha vista, con chi, per chi tifava e lasciarsi andare un po’ alla nostalgia di quei lunghi pomeriggi riempiti faticosamente dal laconico commento di Guido Oddo. Dopo l’anteprima al festival di Roma il film uscirà nelle sale il 9 novembre.

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Da subito invece si può vedere un’altra ricostruzione, un film “ispirato a fatti realmente accaduti”. È Il mio Godard, di Michel Hazanavicius, con Louis Garrel nei panni di Jean-Luc Godard. Il film è tratto dal romanzo autobiografico di Anne Wiazemsky, Un anno cruciale. L’anno è il 1968, ma è cruciale non solo per il maggio francese. È anche l’anno della svolta artistica radicale del regista di Band à part. E la storia d’amore tra Jean-Luc e Anne (interpretata da Stacy Martin) non può reggere a tutto questo. Quello di Hazanavicius non è esattamente un tributo a Godard e la critica francese si è divisa sull’eccessiva leggerezza con cui il premio Oscar per The artist si avvicina a un’icona della cultura francese. C’è chi ha parlato di “ironia rispettosa”, chi di un “insopportabile tributo passivo aggressivo”, c’è chi l’ha definito “falso” e chi invece “uno scherzo geniale”.

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Può dividere anche Mr. Ove di Hannes Holm. Il signor Ove ha 59 anni, è vedovo, al lavoro viene gentilmente invitato a fare largo ai giovani e nel complesso residenziale in cui vive litiga sempre con tutti. Attraverso una serie di flashback ripercorriamo le tappe principali della vita di Ove, convinto di essersi lasciato alle spalle i giorni migliori (anche se non si può dire che abbia avuto un’esistenza luminosa). Non resta che farla finita e suicidarsi. Ma l’arrivo dei nuovi vicini, una famiglia mista svedese-iraniana, in qualche modo tira fuori Ove dal suo isolamento. Non bisogna illudersi che il film sia l’ennesima abbuffata di buoni sentimenti conditi con zenzero, zafferano e cumino. Mr. Ove ha l’appeal di una riunione di condominio e il motivo più divertente della pellicola è il flirt continuo di Ove con la morte. Insomma una perfetta commedia svedese, talmente deprimente che ci si butta a capofitto verso qualsiasi barlume di ottimismo, sia pure rappresentato da una drammatica lezione di scuola guida. Non so bene quale può essere lo stato d’animo ideale per affrontare Mr. Ove. L’autunno non aiuta.

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Di nuovo buoni sentimenti in Gifted, di Marc Webb. Mary è una bambina con una mente matematica geniale. Dopo il suicidio della madre (anche lei genio matematico), Mary vive con lo zio Frank che ha lasciato il suo posto di insegnante al college per tenere la bambina lontana dagli ambienti accademici che hanno già fatto danni in famiglia. Ma quando cominciano le scuole elementari il genio della bambina smette di essere un segreto e arriva nonna Evelyn che vuole portare Mary in una scuola per geni a costo di toglierla alla custodia di Frank. Il fondo di saccarina della storia è reso sopportabile dalla presenza di Chris Evans nella parte di Frank. Capitan America fa bene a uscire ogni tanto dal suo costume per recitare in piccoli film indipendenti, anche se Gifted non è particolarmente originale nei presupposti, nello svolgimento e neanche nel finale.

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Il weekend segna il ritorno dei fratelli Taviani con Una questione privata, tratto dal romanzo di Beppe Fenoglio, con Luca Marinelli. Per grandi e piccini invece ci sono Capitan Mutanda di David Soren e Mazinga Z. Infinity di Junji Shimizu.

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