31 maggio 2019 16:42

Quel giorno d’estate di Mikhäel Hers affronta un argomento non scontato e lo fa in modo intelligente, delicato e credibile. Sandrine (Ophélia Kolb), insegnante, madre single di una bambina di una decina d’anni (Isaure Multrier), muore all’improvviso in un attentato terroristico, ma potrebbe essere vittima di una delle tante iniquità di questo mondo. A occuparsi della bimba, Amanda, dovrà essere quindi lo zio, David (Vincent Lacoste), un ragazzo che vive di lavori precari e sembra poco incline a responsabilizzarsi e prendere impegni.

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Il film è molto semplice, ma riesce a trasmettere non solo il senso di perdita, ma anche lo spaesamento di chi viene colpito da un evento assurdo ed eccezionale. La necessità di avere qualcuno accanto quando si devono affrontare prove a cui non siamo preparati e alla fine anche la necessità di condividere gioie e dolori con qualcuno. È la cosa vale per tutti: per David, per Amanda e anche per Lena (Stacy Martin) che ha una relazione con David e che rimane ferita nell’attentato. Bravo Lacoste, attore giovane ma già navigato, nella sua interpretazione che ci conduce nella storia un passo alla volta con grande equilibrio e profondità risultando sempre più che credibile, convincente. Come ha detto Hers nell’Anatomia di una scena, con la sua sensibilità ha dato il tono (giusto) a tutto il film. Una citazione merita anche la rappresentazione di Parigi, bella e ferita.

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Un’altra madre single, stavolta però vedova, è protagonista di Pallottole in libertà di Pierre Salvatori. Yvonne (Adèle Haenel) è un ispettore di polizia che per far addormentare il figlio Théo gli racconta le gesta del padre Jean, leggendario poliziotto morto in servizio. Yvonne, quasi per caso, scopre che il marito era in realtà un poliziotto corrotto. Questa per Yvonne diventa un’ossessione al punto che si mette a pedinare Antoine (Pio Marmaï), appena uscito di prigione – dov’era finito per una rapina che in realtà aveva fatto Jean – e profondamente traumatizzato dall’esperienza dietro le sbarre.

Come ha spiegato Pierre Salvatori nell’Anatomia di una scena, il suo è un film che mescola elementi comici ed elementi tragici. Salvatori si diverte a giocare con i generi e noi ci divertiamo con lui, ma lungo tutto il film corre una vena di inquietudine che non ci lascia praticamente mai. Missione riuscita anche grazie al cast, con Adèle Haenel, perfetta con la sua presenza e il suo volto, a fare da ponte tra commedia e tragedia. Ma è utilissimo anche il sostegno di Pio Marmaï e di Audrey Tatou, in un piccolo e significativo ruolo. Una curiosità per le orecchie più attente: piccolo omaggio al maestro Trovajoli e al suo Ma ‘ndo vai

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Per realizzare il documentario Selfie, Agostino Ferrente ha dato due smartphone a dei ragazzi della periferia di Napoli, amici di un altro ragazzo, vittima in un tragico fatto di cronaca, chiedendogli di raccontargli la loro vita, l’ambiente che li circonda, tutto. Il documentario che ne è venuto fuori, presentato a Berlino, racconta in modo originale e senza filtri realtà difficili, ma anche le persone normali che le affrontano tutti i giorni. Come ha scritto Goffredo Fofi: “Un’inchiesta che ci scopre un ambiente, una cultura, delle storie fatte di scarsità, di paure ma anche di sogni, di capacità di resistenza”. In arrivo (sabato 1 giugno) anche l’Anatomia di una scena di Agostino Ferrente.

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È uscito anche Rocketman di Dexter Fletcher, biografia di Elton John con Taron Egerton nei panni della popolarissima (e ricchissima) popstar britannica. Profetica era stata la partecipazione di Egerton a Sing, il cartone Universal in cui l’attore gallese (29 anni) cantava I’m still standing di sir Elton con le fattezze di un giovane gorilla. Rocketman, presentato a Cannes, oltre al deciso endorsement del baronetto, ha ottenuto ottime recensioni dalla stampa internazionale ed Egerton aggiunge una piccola gemma al suo eclettico curriculum. Ma la vera domanda è: il film racconta di come sir Elton, presidente del Watford, è riuscito a guadagnare circa 450mila sterline cedendo per un anno le prestazioni sportive di Luther Blissett al Milan di Castagner (dando tra l’altro origine a una leggenda letteraria)? Non credo. Peccato.

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