24 giugno 2011 14:32

La chiamano “città delle luci”. Ma Karachi, il centro più popoloso del Pakistan, è nota anche per la criminalità diffusa e i suoi violenti conflitti interni: politici, etnici e religiosi.

In particolare, da anni, nella capitale finanziaria del paese, si scontrano due fazioni etniche e politiche: da una parte il Muttahida Qaumi movement (Mqm), il partito dei pachistani di lingua urdu, dall’altra l’Awami national party (Anp), espressione dei pashtun fuggiti dal nord del paese e dai taliban. Gli estremisti delle due fazioni si contendono il territorio: faide sanguinarie, omicidi mirati, esecuzioni sommarie sono all’ordine del giorno. Su molti casi, come i roghi appiccati ai negozi dei pashtun, spesso la polizia non indaga.

Questi episodi di violenza si inseriscono in un quadro di lotta politica e di potere più ampio: a volte, anche bande criminali apparentemente autonome agiscono sotto il controllo del braccio violento dei partiti. Senza contare i conflitti propriamente religiosi, come lo scontro tra le comunità sciite e sunnite della città. Cifre ufficiali non ce ne sono. Ma dall’inizio dell’anno, a Karachi, sono già centinaia gli omicidi mirati che le istituzioni preferiscono non contare. Secondo un rapporto della Human rights commission of Pakistan, nel 2010 gli assassinii “politici” sono stati circa 1.400. Così, giorno dopo giorno, Karachi sprofonda in un Bagno di sangue, come si intitola il reportage fotografico di Massimo Berruti realizzato nella città.

In questa foto, agenti paramilitari dopo l’attacco a una processione sciita a Karachi.

Massimo Berruti è nato a Roma nel 1979. Membro dell’agenzia Vu, dal 2007 vive e lavora in Pakistan. Con questo reportage ha vinto il secondo premio al World press photo 2011 (categoria General news). Per il suo lavoro sul Pakistan ha ricevuto anche il premio Carmignac Gestion.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it