04 agosto 2020 16:48

“Com’era prevedibile, la pandemia ha raggiunto il Sudafrica: la sua comparsa ha offuscato le divisioni razziali ed economiche e ha messo a dura prova le linee di demarcazione, le contraddizioni impresse nella coscienza della popolazione”. Così Marco Longari, capo dell’ufficio fotografico dell’Agence France-Presse (Afp) in Africa scrive nell’introduzione che accompagna il lavoro fotografico di Michele Spatari, in mostra al festival di fotografia internazionale Cortona on the move fino al 27 settembre.

Da marzo, quando è stato imposto il lockdown, Spatari ha documentato il modo in cui il paese sta affrontando l’epidemia: dalle strade deserte alle pattuglie dell’esercito, dal sovraffollamento negli insediamenti informali ai funerali delle vittime.

Con 517mila casi (dati aggiornati al 4 agosto) il Sudafrica è il paese più colpito del continente ed è il quinto nel mondo dopo gli Stati Uniti, il Brasile, la Russia e l’India. I casi registrati raddoppiano ogni due settimane e i reparti di terapia intensiva a Johannesburg e a Città del Capo sono pieni. A giugno il paese aveva cominciato una graduale riapertura, ma nel mese di luglio sono state reintrodotte le restrizioni (incluso il divieto di vendita di alcolici), dopo che i contagi hanno ripreso a salire. Le autorità hanno dichiarato lo stato di emergenza fino al 15 agosto.

Michele Spatari vive e lavora a Johannesburg, dove collabora con l’Afp. Il suo lavoro No place like hope fa parte del COVID-19 visual project, la piattaforma online nata con l’obiettivo di creare un archivio e una memoria storica collettiva sulla pandemia.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it