Per un candidato alla presidenza degli Stati Uniti, la scelta del proprio vice è spesso meramente politica. Quale nome conquisterà uno stato in bilico? Quale farà piacere a un’ala del partito non troppo entusiasta della candidatura principale? Per Joe Biden la questione era più sostanziale. A 77 anni, aveva bisogno di qualcuno che potesse condividere gli oneri del potere e, in casi estremi, sostituirlo. Grazie alla sua esperienza, la senatrice Kamala Harris era più qualificata degli altri potenziali vice. Per il presidente Donald Trump la coppia Biden-Harris sarà difficile da battere.

Questa scelta rafforza anche la tendenza progressista del partito democratico. Biden si era posizionato a sinistra di Barack Obama, di cui è stato vicepresidente, anche prima della pandemia di covid-19 e delle proteste contro il razzismo. Su tasse, sanità e cambiamento climatico vuole un ruolo più ampio per il governo federale. Ha sconfitto Bernie Sanders adottando alcune delle sue idee. Ma dato che ha un’immagine così convenzionale, l’ambizione del suo programma a volte non viene recepita. La nomina di Harris dovrebbe fugare ogni dubbio. Le scelte di voto della senatrice sono state tra le più progressiste. Nel 2018 è stata tra i pochi democratici a votare contro il piano per finanziare il muro al confine con il Messico. Nella campagna per le primarie ha attaccato Biden per i suoi compromessi sulla lotta alla segregazione razziale. Alcuni pensano che si tratti di opportunismo, e lo scarso entusiasmo della sinistra contribuisce a spiegare i suoi deludenti risultati alle primarie democratiche. Eppure la sua traiettoria ricorda quella del Partito democratico: all’inizio del millennio era ancorata al centro, ma in seguito si è spostata a sinistra. Questo riflette la delusione generale nei confronti del capitalismo e l’ascesa di giovani militanti che non ricordano le sconfitte dei progressisti negli anni ottanta.

Il Partito democratico dovrebbe fare attenzione: è grazie a un programma moderato che ha vinto le elezioni di metà mandato nel 2018. Ma in tutto il mondo il centrosinistra osserva con interesse. In Francia, Germania e Regno Unito i vecchi partiti progressisti hanno perso il potere e la loro ragion d’essere. I populisti hanno conquistato alcuni dei loro elettori storici facendo appello al nazionalismo. I socialdemocratici sono indecisi se cercare di riconquistarli o puntare sui giovani, sui progressisti e sulle città. Così come il centrismo di Bill Clinton trovò imitatori nella “terza via” europea, una vittoria di Biden e Harris potrebbe ispirare altri. La lezione sarebbe che bisogna avere il coraggio delle proprie idee progressiste, senza spingersi troppo in là. In fondo Harris è ancora saldamente nell’ala maggioritaria del suo partito. Ma questo è anche un segno di quanto quest’ultimo sia cambiato. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1372 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati