La storia della Russia è piena di date di cui vergognarsi, che spesso coincidono con processi farsa ed esecuzioni di massa, o “liquidazioni”, come si chiamavano allora. A questo particolare calendario bisognerebbe aggiungere il 28 dicembre 2021. È il giorno in cui la corte suprema russa ha “liquidato” Memorial, la più vitale istituzione civile post-sovietica, dedita alla documentazione della repressione stalinista e alla difesa dei diritti umani.

Memorial era emersa come organizzazione indipendente alla fine degli anni ottanta, all’epoca delle politiche di glas­nost (trasparenza) e perestrojka (ricostruzione) volute da Michail Gorbačev. Tra i fondatori dell’organizzazione c’era Arsenij Roginskij, uno storico che passò quattro anni in una prigione sovietica per aver pubblicato un samizdat intitolato _Pamjat _(Memoria). Un altro era Andrej Sacharov, il fisico che creò la prima bomba all’idrogeno sovietica e in seguito lottò instancabilmente per i diritti umani.

Il gruppo era stato registrato formalmente nel 1990, pochi mesi dopo la morte di Sacharov. L’obiettivo iniziale era di natura storica: documentare i crimini commessi sotto il regime di Stalin. Ogni anno Memorial organizzava una lettura di massa dei nomi di alcune delle vittime dello stalinismo, con migliaia di partecipanti. Poi, quando la Russia post-sovietica ha cominciato a opprimere i suoi cittadini, prima in Cecenia e poi nel resto del paese, Memorial è diventata la principale organizzazione per la difesa dei diritti umani in Russia.

La corte suprema russa è controllata dal Cremlino, dunque la messa al bando dell’organizzazione era prevedibile. Negli ultimi anni Memorial è finita sempre più spesso sotto attacco: i suoi uffici sono stati vandalizzati e il personale è stato perseguitato. Ma questo non rende meno significativa la decisione dell’alto tribunale.

La linea cancellata

Memorial ha spianato la strada alla Russia post-sovietica, il suo impegno per la dignità umana ha tracciato una linea che separava il nuovo stato dal terrore sistematico di quello vecchio. Ora la fine dell’organizzazione ha cancellato questa linea, rendendo più facile per il presidente Vladimir Putin nascondere i crimini non solo passati ma anche presenti.

Il giorno prima della sentenza, il 27 dicembre, un tribunale russo ha prolungato da tredici a quindici anni di detenzione la pena inflitta a Jurij Dmitriev, uno storico vicino a Memorial che aveva rivelato le fosse comuni nei gulag staliniani. Le autorità hanno montato contro di lui l’accusa di aver molestato sessualmente la figlia adottiva. Ufficialmente Memorial è stata messa fuori legge in quanto “agente straniero”, una vecchia espressione sovietica per indicare i traditori. Il processo ha riproposto il linguaggio usato dalle autorità staliniste. “Memorial crea una falsa immagine dell’Unione Sovietica come stato terrorista. Perché mai noi, discendenti dei vincitori, dovremmo assistere al tentativo di riabilitare i traditori della patria e i collaboratori dei nazisti? Forse perché qualcuno è pagato per questo”, ha dichiarato il pubblico ministero Alekseij Zhafiarov. “Vuole farci vergognare del passato sovietico invece di ricordare la sua storia gloriosa”.

La sentenza ha coinciso con il centenario della nascita di Sacharov e con il trentesimo anniversario dello scioglimento dell’Unione Sovietica. Nel suo discorso d’addio, pronunciato il 25 dicembre del 1991, Gorbačev annunciava una nuova era in cui i diritti umani sarebbero venuti prima di tutto. “Abbiamo pagato questi passi avanti democratici con la nostra storia e le nostre tragiche esperienze. Non possiamo abbandonarli, a prescindere dalle circostanze”.

Tuttavia, diversamente dalla denazificazione della Germania, il processo di destalinizzazione non è mai stato trasformato in legge, e i crimini dello stato sovietico non sono mai stati perseguiti. Il Kgb è stato ribattezzato e riorganizzato, ma non abolito. I “securocrati” che oggi governano la Russia alimentano la nostalgia per il grande impero che sconfisse Hitler e nel frattempo sorvolano sui crimini commessi da quello stesso impero nei confronti dei propri cittadini, replicando alcuni dei suoi metodi.

Un messaggio per tutti

“La liquidazione di Memorial è un messaggio rivolto all’élite: ‘Le repressioni sono state necessarie e utili per lo stato sovietico in passato, e lo sono ancora oggi’”, ha scritto Grigorij Okhotin, tra i fondatori di Ovd-info, un’organizzazione per la tutela dei diritti umani. Lo stato russo considera come una minaccia qualsiasi forma di indipendenza. Anche Ovd-info, che usa i social network per fornire assistenza legale alle vittime della repressione, è stata definita un agente straniero. Il suo sito internet è stato bloccato.

La sentenza contro Memorial suggerisce il passaggio da una repressione limitata e mirata a qualcosa di più vasto. Il 24 dicembre un tribunale russo ha imposto una multa da cento milioni di dollari a Google per la “sistematica incapacità di rimuovere contenuti vietati”. Si tratta della multa più pesante inflitta al gigante della tecnologia e la prima a essere calcolata in base ai suoi introiti annui. Poche ore dopo lo stesso tribunale ha multato Meta Platforms, società che controlla
Facebook e Instagram, per 27 milioni di dollari.

La repressione ha sempre bisogno di una scusa, e quella preferita dal governo russo è la minaccia di una guerra. Il consistente invio di truppe al confine ucraino negli ultimi mesi fa parte della campagna di propaganda.

Il Cremlino accusa gli Stati Uniti, la Nato e l’Ucraina di minacciare la Russia, e bolla come collaboratori dell’occidente i politici indipendenti russi e le organizzazioni civili come Memorial. L’occidente osserva preoccupato l’aggressione militare russa oltre i confini. Ma all’interno del paese l’offensiva è già cominciata, contro il suo stesso popolo e la sua memoria. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1442 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati