“A febbraio l’8,5 per cento in Romania e l’11,1 per cento nella Repubblica Ceca. A marzo il 10,9 per cento in Polonia”. Già prima della guerra in Ucraina, scrive Le Monde, nell’Europa centrale e orientale l’aumento dei prezzi destava preoccupazione, trainato soprattutto dalla carenza di manodopera (a gennaio in Ungheria i salari erano aumentati del 13,7 per cento). Ma ora le pressioni inflazionistiche si sono intensificate. La spesa per il riscaldamento e l’energia costituisce il 25 per cento del bilancio di una famiglia in Romania e il 22 per cento in Ungheria, contro il 7 per cento della Germania. Le misure adottate dai governi, come il tetto ai prezzi dei prodotti alimentari, conclude il quotidiano, “avranno solo un effetto a breve termine”. Il problema non riguarda solo l’Europa. A marzo l’inflazione negli Stati Uniti ha raggiunto l’8,5 per cento, il dato più alto dal dicembre 1981, scrive la Bbc. L’ulteriore rialzo rispetto a febbraio, quando l’indice era al 7,9 per cento, è dovuto soprattutto all’aumento dei prezzi dell’energia, che a marzo sono saliti del 32 per cento rispetto allo stesso mese del 2021. Contemporaneamente i prezzi dei prodotti alimentari sono cresciuti dell’8,8 per cento.

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Questo articolo è uscito sul numero 1456 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati