In Svizzera il conflitto ucraino ha riaperto il dibattito sul principio della “neutralità armata”, che costituisce il fondamento della politica estera del paese fin dal congresso di Vienna del 1815. L’industria militare svizzera produce le munizioni per alcuni dei sistemi d’arma forniti all’Ucraina dagli alleati occidentali negli ultimi mesi, ma la legge proibisce di esportare armamenti verso paesi in guerra, e lo vieta anche agli stati che li hanno comprati. Nonostante la maggioranza degli svizzeri sia favorevole alla consegna di armi a Kiev, Berna ha quindi ripetutamente respinto le richieste di Francia, Germania e Paesi Bassi di riesportare armi svizzere, ritrovandosi isolata a livello europeo. Finora le proposte di riforma avanzate per superare il divieto sono fallite a causa delle divisioni tra i partiti. L’8 marzo il consiglio nazionale ha approvato una mozione che permetterebbe l’invio di armi a un paese in guerra, ma solo a condizione che le Nazioni Unite definiscano illegale il conflitto in questione, un requisito che nel caso dell’Ucraina è praticamente impossibile da soddisfare. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1503 di Internazionale, a pagina 33. Compra questo numero | Abbonati