Una delegazione saudita è arrivata il 9 aprile a Sanaa, la capitale dello Yemen, per negoziare una possibile tregua con i ribelli sciiti huthi, che controllano la città e altre parti del paese, e mettere fine alla guerra che dura da otto anni e ha provocato la peggiore crisi umanitaria del mondo. Non sono state fatte dichiarazioni ufficiali sul contenuto dei colloqui, ma varie fonti hanno fatto intendere che le parti potrebbero arrivare a un accordo entro la fine del mese. I ribelli chiedono un impegno a pagare i salari dei dipendenti pubblici, compresi quelli che lavorano nelle regioni sotto il loro controllo, e la riapertura di tutti i porti e aeroporti, con l’eliminazione del blocco aereo e marittimo imposto dall’esercito saudita. Per Al Quds al Arabi, un’eventuale tregua potrebbe mettere fine ad alcune azioni militari e consentire lo scambio dei prigionieri. Ma non risolverà i problemi interni allo Yemen che sono stati la causa dello scoppio della guerra civile nel 2014, poi degenerata in un conflitto regionale tra l’Arabia Saudita, alla guida della coalizione araba intervenuta contro i ribelli nel marzo 2015, e l’Iran, alleato degli huthi. Il sito Yemen.net, ostile sia ai sauditi sia agli huthi, commenta che i negoziati potranno dar vita solo a una “pace formale”, che consentirà ai sauditi di disimpegnarsi dal conflitto e ai ribelli di rivendicare il potere a Sanaa e nel nord.

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Questo articolo è uscito sul numero 1507 di Internazionale, a pagina 25. Compra questo numero | Abbonati