La frase era stata come una cerniera lampo messa sulle labbra: “Judith Wittwer non ha niente da dire”. Lo aveva scritto un giornalista della rivista svizzera Die Welt­woche, ripetendolo due volte a gennaio in un articolo polemico la cui tesi era che le donne – e in particolare Judith Wittwer – non sanno fare del buon giornalismo politico. Otto settimane dopo Judith Wittwer, che era direttrice del quotidiano Tages-Anzeiger, ha avuto qualcosa da dire. E anche qualcosa d’importante: con un tweet, ha annunciato la sua nomina a direttrice della Süddeutsche Zeitung. A metà luglio è diventata responsabile della redazione di uno dei più grandi e prestigiosi quotidiani in lingua tedesca.

Wittwer sta facendo qualcosa che non ha precedenti, perché è la prima donna a dirigere la Süddeutsche. È anche una dei pochissimi svizzeri arrivati ai vertici di un giornale tedesco. Ma molti sostengono che non abbia niente da dire. Non lo dicono solo alla Weltwoche, perfino tra i colleghi del suo giornale.

Chi è Judith Wittwer? I suoi primi ricordi legati alla politica sono ricordi di uomini. Con la memoria torna al villaggio di Lindau, nel canton Zurigo: lei e i genitori sono seduti a tavola, discutono di politica locale. A Zurigo negli anni ottanta e novanta la politica era dominata dagli uomini. Il padre di Wittwer era impiegato in una società di amministrazione finanziaria a Zurigo, la madre faceva l’insegnante di sostegno. Due cittadini con l’amore per la campagna. I genitori erano liberali progressisti. Quando nel 1989 cadde il muro, andarono a Berlino con la figlia. Passarono il confine tra ovest ed est sui pattini a rotelle.

Wittwer ha 42 anni e tre fratelli. La madre era incinta del più giovane quando nel 1986 esplose il reattore nucleare di Cernobyl. Per Judith Wittwer quello è stato un momento decisivo. “Fu allora che cominciai a preoccuparmi per l’ambiente”. Wittwer sostiene ancora il partito dei Verdi. Nell’autunno del 2019, quando in Svizzera si parlava dell’opportunità di far entrare i Verdi nel governo dopo un grande risultato elettorale, in un editoriale Wittwer ha scritto: sì, prima o poi. È questo che le persone intendono quando dicono che lei non ha nulla da dire. I suoi commenti sull’attualità restano in una zona grigia, sempre nel mezzo.

Da ragazza Judith Wittwer voleva seguire la carriera diplomatica. Prima di prendere la maturità andò in Venezuela per un anno di scambio studentesco. E poi s’iscrisse all’università di San Gallo per studiare relazioni internazionali. Di pomeriggio frequentava le lezioni, la mattina faceva i turni nella radio locale. Aveva una bella voce. Una voce radiofonica. Parlando dei suoi studi, Judith Wittwer racconta anche di uomini influenti. È brava a stringere contatti, lo era già all’università. All’epoca non si limitava a studiare per gli esami, spiega: studiava anche le persone. Ad esempio Franz Blankart, ex segretario di stato e capo della delegazione elvetica che negoziò l’adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo, un grande diplomatico. Wittwer gli chiese se le consigliava la carriera diplomatica. Blankart non la incoraggiò: pochi uomini erano disposti ad attraversare il mondo per incontrare una donna, le disse. A luglio Wittwer si è trasferita a Monaco per assumere il suo incarico alla Süddeutsche; il marito l’ha seguita, è lui che si occupa delle due figlie.

Una donna in redazione

Terminati gli studi, nel 2002 Wittwer cominciò a lavorare come stagista per il quotidiano Tages-Anzeiger. Si diplomò alla scuola di giornalismo di Lucerna, diventò giornalista economica e corrispondente da Francoforte, scrivendo reportage e analisi. Nel 2011 passò al settimanale Handelszeitung. Molti colleghi di allora la consideravano una giornalista modesta. La carriera di Wittwer per loro resta un mistero.

Un altro compagno di strada, Marcel Speiser, invece ricorda: “Era chiaro che Judith sarebbe diventata qualcuno”. Speiser è vicedirettore dell’Handelszeitung e conosce Wittwer da quando lavorava al settimanale come stagista. Le sue qualità vennero fuori nel giro di poco tempo, in particolare la capacità di fare rete e di coordinare i progetti. Qualità da diplomatica o da dirigente, più che da giornalista. Speiser aggiunge che Wittwer si distingueva “anche in quanto donna”. “Una donna in una redazione economica salta all’occhio. Era così vent’anni fa, è così oggi”. Nei mezzi d’informazione svizzeri il 70 per cento dei giornalisti economici e politici sono uomini. Sono uomini tre direttori responsabili su quattro.

Biografia

1977 Nasce a Zurigo, in Svizzera.

2002 Si laurea in relazioni internazionali all’università di San Gallo. Nello stesso anno comincia a lavorare come stagista al quotidiano Tages-Anzeiger.

2018 Diventa direttrice del Tages-Anzeiger.

Luglio 202o È nominata direttrice della Süddeutsche Zeitung.


La rapida ascesa di Judith Wittwer da stagista a redattrice fino a direttrice è avvenuta in un momento in cui gli editori si sono resi conto che il dominio maschile all’interno delle redazioni poteva essere controproducente. Per le donne nelle redazioni non c’era mai stato un momento migliore di quello, era un nuovo inizio. I codici di comportamento per i giornalisti però erano scritti dagli uomini: come parlare, scrivere, analizzare, commentare. Secondo alcuni colleghi Judith Wittwer non ha mai fatto grandi inchieste. Non ha mai avuto un’opinione rilevante. I suoi commenti sono banali. “Mi rifiuto di parlare come parlano molti uomini per farmi ascoltare”, ribatte lei.

Il suo mentore è stato Res Strehle, un personaggio chiave del giornalismo svizzero: cofondatore del settimanale Woz, capo di Magazin, fino al 2015 direttore del Tages-Anzeiger. Strehle scoprì Wittwer a metà degli anni duemila. Parteciparono insieme a un seminario intitolato: “Il futuro del Tages-Anzeiger”. Strehle rimase colpito da Wittwer, e lo è ancora oggi. “Per me Judith è completa”, dice. Wittwer secondo lui unisce in sé molte qualità: abilità sociali, conoscenze specialistiche, pensiero analitico e modestia. Dice Strehle: “Molti giornalisti sono narcisisti. Pensano solo al loro ego o alle provocazioni. Judith non lo è mai stata”.

Nel 2014 Strehle riportò Wittwer al Tages-Anzeiger e prima la promosse inserendola tra i collaboratori più stretti del direttore. Era arrivata nella cerchia più interna del potere. Era anche approdata a una mansione che molti giornalisti deridono, evitano o disprezzano: la progettazione. Wittwer scriveva poco. Si occupava di “flussi di lavoro”, “interessi dei lettori”, “processi di trasformazione.” Per lei il segreto del successo stava qui: voleva essere meno giornalista e più manager.

Quando ancora le pubblicità abbondavano e la gente leggeva i quotidiani, i giornalisti erano convinti di non aver bisogno di manager. Poi la pubblicità si è spostata su Facebook e Google e le persone hanno cominciato a preferire la stampa gratuita. Così il profilo del direttore è cambiato: meno parole e più volgari. Wittwer è diventata direttrice del Tages-Anzeiger nel 2018, quando il giornale era l’ombra di se stesso: la società che possiede il quotidiano e che ora si chiama Tx Group aveva fuso le redazioni regionali per risparmiare. Da allora delle sezioni interni, esteri ed economia si occupava una redazione centrale. Alla capa del “Tagi”, Wittwer, restavano le opinioni e le pagine locali. Anche per questo c’è chi ha riso di lei: il suo potere era molto limitato.

Reinventare il giornalismo

L’editore di Wittwer risparmiava anche per poter avviare una collaborazione con la Süddeutsche Zeitung. Il mentore di Wittwer, Res Strehle, aveva avviato il progetto; Wittwer l’ha ampliato. Il suo referente a Monaco era Wolfgang Krach, che oggi condivide questo incarico con Wittwer, una partner che lui conosce e apprezza.

Il precedente condirettore di Krach, Kurt Kister, è una penna eccellente e un acuto commentatore. Ma le principali mansioni di Judith Wittwer saranno diverse. Nel migliore dei casi, si tratterà di trovare nuove fonti di reddito. In ogni caso, risparmiare. In altre parole, reinventare il giornalismo. Nessuno le ha mai insegnato come si fa. ◆ nv

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1372 di Internazionale, a pagina 64. Compra questo numero | Abbonati