Brutta notte elettorale per il Partito socialista spagnolo (Psoe) alle amministrative del 28 maggio e reazione drastica del suo leader al mattino. Il capo del governo Pedro Sánchez ha deciso di anticipare al 23 luglio le legislative previste a dicembre. In questo modo cerca di scongiurare il rischio che un ulteriore logorio della sua coalizione nei prossimi mesi, con una destra galvanizzata dal successo elettorale, possa portare il Partito popolare (Pp) e Vox a raggiungere la maggioranza assoluta in parlamento. “La cosa migliore è dare la parola ai cittadini affinché indichino la direzione da seguire”, ha dichiarato Sánchez in un breve intervento.

Il leader socialista ha optato per la soluzione più pericolosa, quella che nessuno si aspettava la sera delle elezioni. In questo modo mette gli elettori nella posizione di dover decidere rapidamente se vogliono confermare il risultato delle amministrative che hanno assegnato quasi ovunque il potere al Pp e a Vox, e consentire quindi la loro ascesa al governo centrale, o se invece intendono mobilitarsi per impedirlo. Così facendo, Sánchez rinuncia anche alla vetrina della presidenza spagnola dell’Unione europea, che comincia a luglio.

Nel 2019, quando era al governo da pochi mesi dopo la mozione di sfiducia nei confronti del suo predecessore Mariano Rajoy del 2018, Sánchez aveva fatto un’altra scommessa azzardata anticipando le elezioni ad aprile. In quell’occasione i fatti gli avevano dato ragione: la sinistra spagnola si era mobilitata in massa per scongiurare la minaccia di un ingresso al governo di Vox, che a dicembre aveva ottenuto un grande successo in Andalusia. Quattro anni dopo Vox non è più un’ipotesi ma una realtà sempre più concreta, come dimostrano i risultati delle amministrative. Il Pp, dal canto suo, ha recuperato molto terreno rispetto al 2019, quando aveva ottenuto il peggior risultato della sua storia sia alle legislative sia alle regionali. Ora il rischio che il Pp governi insieme a Vox è quasi una certezza.

Per questo motivo Sánchez ha deciso di giocarsi il tutto per tutto, con una mossa tipica del suo carattere, nella speranza che una partecipazione straordinaria della sinistra possa compiere il miracolo di frenare l’ondata conservatrice abbattutasi sulla Spagna dopo aver travolto diversi paesi europei.

Il capo del governo avrebbe potuto scegliere altre soluzioni drastiche, come un rimpasto, la fine della coalizione con Podemos o qualche cambiamento nelle alleanze, ma nessuna era radicale come il ritorno alle urne, e tutte avrebbero richiesto mesi per poi arrivare alle elezioni di dicembre in una posizione simile a quella attuale. In questo modo, invece, Sánchez mette i suoi potenziali elettori e quelli delle altre forze della maggioranza davanti alla responsabilità di decidere se accettare un governo di Pp e Vox con i voti ottenuti domenica o se andare in massa alle urne per impedirlo.

L’azzardo del 2019

Il presidente si prende il rischio di andare al voto in un momento di grande crescita della destra, che è riuscita a galvanizzare i suoi elettori con la promessa di “abrogare il sanchismo”, e di ritrovarsi con un ulteriore rafforzamento della maggioranza del Pp e di Vox e un crollo ancora più clamoroso della sinistra. Sánchez ha già fatto scelte simili in passato, come in occasione delle elezioni anticipate del 2019 e soprattutto della ripetizione del voto a novembre dello stesso anno.

Quest’ultima decisione, anch’essa azzardata, si era però rivelata fallimentare. Sánchez era convito che gli elettori progressisti avrebbero incolpato Podemos per il fallimento dei negoziati per la formazione del governo e che il Psoe avrebbe ottenuto un risultato molto più favorevole conquistando i voti del partito centrista Ciudadanos. Ma le cose erano andate diversamente. Il partito di Sánchez aveva perso tre seggi, mentre Podemos, pur perdendo sette seggi, aveva retto l’urto. Anche in quel caso Sánchez era stato costretto a prendere una decisione la sera stessa delle elezioni, avviando i contatti per formare la coalizione con Podemos. La ripetizione del voto è alla base dei problemi attuali del Psoe, perché con il risultato precedente la coalizione avrebbe avuto 10 seggi in più e sarebbe stata meno dipendente dall’appoggio esterno della Sinistra repubblicana della Catalogna (Erc) e avrebbe potuto fare a meno di quello dei nazionalisti baschi di Bildu. Inoltre il Psoe aveva un piano d’emergenza, perché avrebbe comunque potuto arrivare alla maggioranza alleandosi con Ciudadanos. La ripetizione, invece, aveva ristretto il margine di manovra dei socialisti obbligandoli e scendere a patti con molti partiti per approvare ogni singola riforma.

Con questa mossa, Sánchez evita anche mesi di discussioni a sinistra sul futuro di Sumar, costringendo la piattaforma fondata dalla ministra del lavoro Yolanda Díaz a organizzarsi in fretta e furia per recuperare dopo la disfatta delle elezioni amministrative, in cui è apparso chiaro che le divisioni penalizzano la sinistra. Podemos è rimasta fuori da diversi parlamenti regionali e questo è stato decisivo per la perdita della Comunità valenciana e di alcuni municipi cruciali.

Il sogno di Sánchez è che succeda qualcosa di simile al 2008. All’epoca la crisi del governo e il malumore degli elettori di sinistra, anche in quel caso dovuto in parte agli accordi con i nazionalisti catalani, avevano portato il Psoe a perdere le amministrative del 2007 con 150mila voti di distacco dal Pp. Ma José Luis Rodríguez Zapatero aveva lanciato una campagna elettorale con un messaggio efficace ed era riuscito a innescare una mobilitazione straordinaria della sinistra attorno al Psoe, riuscendo a superare il Pp di Mariano Rajoy di un milione di voti. Ma ora la situazione è molto diversa per il Psoe, che appare nettamente più debole. Soprattutto, le elezioni amministrative hanno evidenziato una grande fragilità anche a sinistra del partito.

Oltre a essere capo del governo, Sánchez è anche segretario generale del Psoe, e con le elezioni anticipate cerca di salvare il salvabile per il suo partito, senza aspettare il disastro dei prossimi mesi. Ha già perso molto potere, e i sindaci e i presidenti delle comunità autonome hanno incassato un colpo che probabilmente era indirizzato al governo. Con questa mossa però Sánchez può fare in modo che il suo partito si ritrovi in una posizione migliore per il futuro, anche se non dovesse vincere le elezioni. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1514 di Internazionale, a pagina 21. Compra questo numero | Abbonati