Come molte altre cose nella storia recente della politica nordica, in Svezia e Finlandia la decisione di entrare nella Nato è toccata ai socialdemocratici. Il 15 maggio la premier svedese Magdalena Andersson si è detta favorevole all’ingresso nell’Alleanza atlantica, allineandosi alla sua collega finlandese Sanna Marin che pochi giorni prima aveva annunciato l’intenzione di chiedere l’adesione. Il segretario generale dell’alleanza Jens Stoltenberg, ex primo ministro laburista della Norvegia, ha promesso di accelerare i tempi per la procedura.

È una svolta notevole per i socialdemocratici finlandesi e svedesi, che si erano sempre opposti all’adesione. Ancora all’inizio di marzo Andersson aveva dichiarato che l’ingresso nella Nato avrebbe destabilizzato la sicurezza della regione, mentre a gennaio la sua collega finlandese Sanna Marin aveva detto che non si aspettava di vedere l’adesione della Finlandia durante il suo mandato. Poi la Russia ha invaso l’Ucraina.

Dando prova dell’abilità che ha permesso ai socialdemocratici di dominare la politica nordica per decenni, Marin e Andersson hanno orchestrato una svolta coordinata in tempi straordinariamente brevi. Il 13 aprile le due premier si sono incontrate a Stoccolma, ed è apparso chiaro che entrambi i paesi stavano seriamente considerando un’inversione di rotta. Nei giorni successivi i funzionari svedesi e finlandesi hanno lavorato per costruire un consenso all’interno dei rispettivi partiti e parlamenti. Reagendo all’apertura dei governi verso l’adesione e influenzandola a sua volta, l’opinione pubblica si è schierata sempre più nettamente a favore dell’ingresso nell’alleanza. I sondaggi recenti indicano che il 48 per cento degli svedesi la vuole e il 25 per cento è contrario. In Finlandia il 60 per cento della popolazione è favorevole.

Per i partiti socialdemocratici dei due paesi, il rischio più grave era che una svolta così radicale potesse far perdere loro credibilità. La soluzione è arrivata in parte dall’opposizione di centrodestra: dato che per decenni avevano sostenuto l’adesione alla Nato, questi partiti avrebbero potuto sfruttare politicamente la situazione, ma hanno scelto di non farlo nell’interesse nazionale. Un confronto televisivo tra i leader dei partiti svedesi si è svolto in modo molto cordiale, mentre in Finlandia le forze parlamentari hanno cercato di mostrarsi unite per tutto il dibattito sull’adesione.

Per le strade di Helsinki i cittadini non sembravano affatto contrariati dal voltafaccia dei socialdemocratici. In un caffè davanti alla stazione centrale il barista ha dichiarato di fidarsi del governo e di essere convinto che avrebbe preso la decisione giusta: “Finora non eravamo nella Nato e le cose sono andate bene. Ma se il governo ritiene che sia arrivato il momento di aderire, a me sta bene”.

La fine di un’era

In Svezia la svolta mette fine a una tradizione durata oltre due secoli, in cui il paese non ha fatto parte di nessuna alleanza militare e non ha combattuto nemmeno una guerra. Al culmine della guerra fredda il rispettato primo ministro socialdemocratico Olof Palme aveva cercato di usare l’indipendenza militare del paese per criticare sia gli Stati Uniti sia l’Unione Sovietica e chiedere il disarmo nucleare. La Finlandia, dopo due guerre devastanti con l’Unione Sovietica (Urss) tra il 1939 e il 1944, aveva cercato un equilibro tra est e ovest per evitare nuovi conflitti. Dopo il crollo dell’Urss entrambi i paesi si sono avvicinati alla Nato. Nel 1994 hanno firmato un patto di cooperazione chiamato Partnership per la pace, e nel 2016 hanno approvato il cosiddetto Accordo dei paesi ospiti, che permette alle truppe dell’alleanza di operare più facilmente nel loro territorio.

Da sapere
Il veto di Erdoğan

◆ Il 18 maggio 2022 Finlandia e Svezia hanno presentato la loro richiesta di adesione alla Nato, che dovrà essere approvata da tutti i trenta paesi dell’alleanza. La prospettiva che ciò avvenga rapidamente sembra essere stata esclusa dall’opposizione della Turchia: il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha accusato i due paesi di ospitare dei terroristi e ha ricordato le sanzioni imposte da Helsinki e Stoccolma dopo l’invasione turca della Siria. Per rinunciare al suo veto Ankara esige l’estradizione di 33 militanti curdi e altri oppositori che hanno ottenuto asilo politico in Finlandia e in Svezia, ma questo è fuori discussione, afferma Dagens Nyheter: secondo molti osservatori Erdoğan sta solo cercando di sfruttare la questione per fini politici interni ed è improbabile che voglia davvero bloccare l’adesione.


Tuttavia il processo che porterà Svezia e Finlandia alla piena adesione nasconde diverse insidie. Mosca ha dichiarato che l’ingresso di Stoccolma e Helsinki nella Nato minaccia la sicurezza della Russia e ha annuciato che prenderà contromisure, come il dispiegamento di armamenti più vicino ai due stati. Inoltre alcuni paesi dell’alleanza, a cominciare dalla Turchia, si sono detti contrari all’adesione.

Per i socialdemocratici svedesi un fattore decisivo sembra essere stato l’urgenza di risolvere la questione prima della campagna per le elezioni legislative di settembre. Il timore era che il dibattito sulla strategia militare distraesse gli svedesi dai temi su cui il partito si sente più forte, come lo stato sociale e l’assistenza sanitaria.

In ogni caso, finora il prudente avvicinamento di Andersson alla Nato sembra aver incontrato il favore degli elettori. Negli ultimi sei mesi il sostegno per i socialdemocratici, primo partito svedese, è passato dal 25 al 32 per cento. I socialdemocratici finlandesi sono saldamente al secondo posto nei sondaggi con circa il 19 per cento, dietro i conservatori della Coalizione nazionale.

Per il principale partito di centrodestra svedese, i Moderati, la fine del dibattito sulla Nato ha un sapore agrodolce. Al pari della Coalizione nazionale, i Moderati hanno visto prevalere la loro posizione, ma entrambi avranno difficoltà a trarne vantaggio, dato che a finire sotto i riflettori sono state due premier socialdemocratiche.

Spiegando i motivi della sua svolta, Andersson ha colto l’occasione per evocare l’amore degli svedesi per il loro paese: “Vogliamo tutti vivere in una Svezia libera e democratica, una Svezia che vale la pena di difendere. E il modo migliore per difenderla è all’interno della Nato”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1461 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati