◆ C’è un passaggio, nel _ Karl Marx_ di Isaiah Berlin (1939, Adelphi), che va sottolineato. Marx, scrive Berlin, “convinto che lo studioso avesse il dovere dell’esattezza, costringeva severamente i suoi riluttanti discepoli a entrare nella sala di lettura del British museum”. Il tono è ironico: c’è “costringeva”, c’è “riluttanti”. Ma il fatto resta e l’autore cita la fonte, Karl Liebknecht, che nelle sue memorie raccontava – lui forse in modo edificante – come “si poteva vedere tutti i giorni ‘la feccia della terra’ seduta tranquillamente ai tavolini di lettura del British museum”. Berlin conclude: “Nessun movimento politico o sociale ha mai dato tanta importanza alla ricerca e all’erudizione”. E giustificatamente. Tanta importanza derivava dal nodo della disuguaglianza. La partecipazione popolare: bene. La lotta degli sfruttati: ottimo. Ma poi chi gestisce il potere e come? Forse va tenuto a mente questo Marx che spingeva la “feccia della terra” non solo alla rivoluzione ma a chiudersi in biblioteca e studiare, studiare, studiare, come stava facendo lui stesso per svelare i misteri del capitale. Il succo dell’aneddoto pare essere: la volontà popolare non s’incarna mai in un’élite di tecnici della conoscenza; cambiamento e sapere vanno insieme; una diffusa acquisizione degli strumenti per ricercare e capire è l’unico modo per rimettere sul serio in sesto il mondo.

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Questo articolo è uscito sul numero 1434 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati