Ilettori emigrano, ma i loro libri restano. Ogni giorno la libreria El Buscón, a Caracas, riceve almeno cinque offerte di collezioni private. Diciannove anni fa Katyna Henrí­quez e soci avevano fatto una scommessa: vendere libri rari, prime edizioni, titoli fuori stampa e gioielli nascosti pescati nel mercato dei libri di seconda mano. Oggi questa è sostanzialmente l’unica risorsa su cui possono contare le librerie in un paese rimasto a secco di editori e abbandonato da anni dalle grandi multinazionali del libro come Planeta o Random House, insieme a molte aziende di altri settori.

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“La diaspora ci ha tenuti in piedi, ma in un modo triste. Perché una famiglia che viene a offrirci la sua collezione di libri dopo aver dovuto vendere il frigorifero o la macchina è una famiglia che se ne va. Siamo sempre più soli”, spiega Henríquez. La sua libreria si trova in uno spazio molto frequentato all’interno di un centro commerciale della zona di Las Mercedes, tra uffici, ristoranti, casinò e concessionarie di auto di lusso.

La grande crisi

Al piano superiore, la libreria Alejandría sta svendendo il catalogo prima di chiudere definitivamente i suoi punti vendita, due a Caracas e uno a Mérida. “La situazione economica del paese è allarmante, alla gente il denaro basta a malapena per i beni di prima necessità. Il grosso dei nostri clienti è nella diaspora”, spiega César García, l’attuale proprietario di queste librerie. García racconta che negli ultimi tre anni ha tenuto in piedi i negozi con i guadagni delle sue altre attività nel settore della stampa, anche quelle in crisi. Il suo inventario è una città di 150mila libri, ma gli scaffali cominciano a svuotarsi. “Mi ha sorpreso il fatto che con la liquidazione, vendendo i libri a tre o cinque dollari, sia venuta molta gente. Significa che esistono ancora lettori”.

Fino al 2012 in Venezuela la vendita dei libri era un’attività relativamente fiorente. Secondo alcune fonti, nel 2006 si vendeva meglio in Venezuela che in Colombia, uno degli epicentri dell’attività letteraria nella regione nonché il rifugio delle grandi case editrici che operavano in Venezuela.

Il tracollo dell’industria editoriale venezuelana è arrivato con la crisi monetaria del 2013, la stessa che ha spinto l’intero paese sull’orlo del fallimento. Da allora né la stampa né l’attività libraria riescono a riprendersi.

“In più, dopo il 2013, il prezzo degli affitti è schizzato alle stelle. Mantenere una libreria è diventato impossibile”, racconta Ulises Milla, proprietario della casa editrice Alfa ed ex proprietario della catena di librerie Alejandría.

La fiera del libro di Caracas nel 2017 (Louis Molina, Alamy)

Dal 2013 a oggi, nel caos economico che ha segnato gli anni del governo di Nicolás Maduro, alcune delle librerie più importanti e storiche di Caracas hanno chiuso i battenti: le catene nazionali Las Novedades e Librería de Nachol; poi Noctua, Lugar Común, Monteavila, Libroria, Suma, Élite, Lectura, Ludens, Templo Interno, La Casa del Libro.

La valanga ha travolto anche le librerie del chavismo, in precedenza sostenute attraverso la catena Librerías del Sur, che ormai ha dimezzato la sua rete nazionale. Anche le imprese editoriali istituzionali (Monteavila, Biblioteca Ayacucho, El Perro e la Rana), un tempo all’avanguardia, hanno subìto il colpo.

Secondo i calcoli del libraio Javier Marichal, che lavora per la libreria Insomnia, a Caracas sono ancora aperte circa venti librerie, mentre nel resto del paese, con rare eccezioni, il panorama è desolante. “La ricostruzione del mondo dei libri deve basarsi su un piano a medio termine”, sottolinea Marichal. “Deve partire dalla protezione di ciò che ancora funziona. Un libro in Venezuela può costare attorno ai 40 dollari e in questo momento poche persone possono permettersi cifre simili”. Marichal ritiene che il paese abbia perso almeno il 75 per cento delle sue librerie.

Qualcosa si è guastato

Più di sette milioni di venezuelani vivono fuori dal paese. L’emigrazione ha prodotto iniziative come quella gestita da Mariana Flores, che ha appena creato un enorme spazio di scambio e promozione della lettura in un quartiere residenziale a est di Caracas, con il nome di Fundación Mfm. La collezione di libri usati della fondazione è alimentata dalla chiusura delle librerie e dalla partenza delle famiglie per l’estero. Nel deposito si trovano almeno dieci edizioni complete delle enciclopedie Britannica, Salvat e Barsa. Questi titoli vengono distribuiti nelle scuole dei quartieri popolari. Inoltre Flores sta aprendo spazi di lettura nelle aziende a beneficio dei lavoratori, e ogni quindici giorni fa il giro dei parchi di Caracas consegnando gratuitamente tre libri a ogni persona. “Il mio obiettivo è promuovere la lettura. Capisco che per molte persone i prezzi dei libri siano troppo alti”, spiega Flores, che di professione fa la contabile e ha cominciato questo percorso tre anni fa, in piena pandemia, creando un club di lettura con le sue amiche.

Flores lavora con il libraio Peniel Piñero, formatosi nella libreria Lectura (chiusa da tempo) ma soprattutto sotto il ponte di Avenida Fuerzas Armadas, in una gigantesca fiera del libro di seconda mano con oltre trent’anni di storia, dove il padre aveva un banchetto. “Qualche anno fa è stata colpita anche la vendita dei libri di seconda mano con l’arrivo dei compratori dalla Colombia, che approfittavano del cambio vantaggioso”, racconta. Ora, la mattina, Piñero, insieme a un suo collaboratore, carica le collezioni su un piccolo furgone, mentre la sera gestisce una sorta di biblioteca pubblica in cui chiunque si può presentare con un libro per scambiarlo con un altro.

C’è partecipazione ma, senza politiche culturali per la promozione, la lettura come abitudine rischia di svanire. Secondo uno studio recente dell’Universidad católica Andrés Bello, sei studenti su dieci non possiedono livelli minimi di comprensione del testo e di analisi grammaticale e verbale.

“Qualcosa si è guastato. La gente ha perso la voglia di comprare libri”, spiega Sergio Dahbar, proprietario dell’omonima casa editrice. “Molte persone hanno lasciato il paese, buona parte di quelle con potere d’acquisto. Le cose non sono migliorate molto nel settore degli ebook. Nemmeno la diaspora acquista più libri”.

Sia Dahbar sia Milla continuano a pubblicare nuovi titoli e affermano che quest’anno il volume delle vendite è migliorato leggermente, per la prima volta dal 2014. Altre case editrici più piccole – Monroy, Toddman, Bid&Co, Eclepsidra o Dcir – pubblicano pochi libri all’anno, ma in un contesto simile significa comunque molto. Secondo Marichal va avviato un dibattito. “C’è chi paga tremila dollari per vedere un concerto di reggaeton, però nessuno paga 35 dollari per un libro. Così è difficile risollevarsi”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1490 di Internazionale, a pagina 91. Compra questo numero | Abbonati