A più di quindici anni dalla sua uscita torna, in un’elegante edizione cartonata, forse non proprio il primo graphic novel di un autore italiano ormai celebrato nel mondo, ma di certo il suo primo davvero importante. Fior riesce a unire gli opposti con grande naturalezza, facendo sognare fin dal titolo. E ritroviamo qualcosa di quella ricerca dell’infinito e di quell’evocazione metafisica propria di Hugo Pratt, ma qui al limite della trascendenza, dell’antica memoria telepatica. Sulla soglia di strane coincidenze temporali, anzi di strani sincronismi temporali junghiani, tenendo conto che Carl G. Jung non credeva alle coincidenze. E se Fior fa sognare, oltre che per le ambientazioni per il suo segno grafico, non fa meno lavorare la dimensione interiore. Eppure non è un fumetto introspettivo, analitico, ma intuitivo, astratto, rapsodico, come sempre in Fior, anche quando adatta Arthur Schnitzler con La signorina Else, in cui il disegno diventa simile alla musica. Qui le macchie di rosso intenso sono quelle delle maschere del teatro sanguinolento del Grand Guignol, che si saldano a quelle delle tragedie greche, con qualcosa della rarefazione simbolica del cinema di Pasolini quando racconta miti arcaici. Come per esempio quelli di Icaro e Dedalo, qui intrecciati a una storia d’amore contemporanea, giunta, per colpa di un’ossessione per la perfezione, al suo limite, sulla soglia del suo orizzonte.
Francesco Boille

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Questo articolo è uscito sul numero 1475 di Internazionale, a pagina 89. Compra questo numero | Abbonati