Alle elezioni del 25 settembre Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni ha vinto con il 26 per cento dei voti, risultando il primo partito e facendo vincere la coalizione di destra. Si tratta di un evento storico. Non solo Meloni è la prima presidente donna del consiglio nella storia d’Italia, ma per la prima volta dalla seconda guerra mondiale una forza politica che ha le sue radici nel fascismo ha ottenuto l’incarico di formare un governo.

Dopo il risultato elettorale ho cominciato a notare alcuni post sui social network: esponenti della diaspora albanese in Italia e della comunità musulmana in Kosovo festeggiavano questa vittoria. Da kosovaro albanese che ha vissuto la maggior parte della propria vita in Italia ero perplesso.

Perché mai un musulmano del Kosovo, presumibilmente sensibile agli effetti del nazionalismo europeo nei confronti dell’islam, dovrebbe festeggiare il successo di un’esponente politica che corteggia apertamente l’islamofobia?

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Perché gli albanesi residenti in Italia, che da trent’anni sono spesso vittime di razzismo e xenofobia, dovrebbero apprezzare una persona che attacca gli stranieri e vorrebbe impedire l’immigrazione nel paese?

Il primo caso è più facile da capire. Se si riescono a ignorare il nazionalismo etnico e l’islamofobia, infatti, l’approccio di Meloni – con la sua enfasi sull’importanza della famiglia “tradizionale”, dei valori e dell’identità – ha molti punti in comune con il conservatorismo di alcuni esponenti della comunità islamica del Kosovo, e anche di molti kosovari senza particolari inclinazioni religiose. Nonostante i cambiamenti degli ultimi decenni, l’idea classica della famiglia è ancora molto forte nella società kosovara. Lo scopo della vita per molti resta sposarsi e fare figli, meglio se maschi, tanto che gli aborti selettivi in base al sesso non sono rari. Le idee patriarcali sui ruoli sociali di uomini e donne dominano ancora. Gli uomini devono prendere le decisioni, sfamare la famiglia e assumere un ruolo nella vita pubblica (e magari cincischiare per ore nei bar).

Le donne, invece, devono prendersi cura della famiglia, fare figli, cucinare e concentrarsi sulle faccende domestiche. Naturalmente questo presunto ideale spesso nasconde il tentativo di privare le donne dei loro diritti e trattarle come cameriere non pagate.

Difesa della tradizione

Anche se molte persone che non sono credenti o lo sono solo a parole vivono secondo questi codici patriarcali, sembra che più qualcuno è desideroso di affermarsi come autorità religiosa in Kosovo, più è probabile che adotti questi princìpi, che combaciano con le dichiarazioni politiche di Meloni a proposito della famiglia “naturale” e “tradizionale”.

Un elemento che potrebbe avvicinare alcuni kosovari alla leader di Fratelli d’Italia è la difesa della “tradizione” e il modo in cui lei presenta se stessa e i suoi valori come vittime degli attacchi di quella che chiama “la lobby lgbt”.

Ma chi è qui da immigrato come può sostenere una persona che ha costruito la carriera politica sulla xenofobia?

L’intolleranza verso la comunità lgbt all’interno della sfera pubblica è un aspetto su cui Meloni e i musulmani conservatori del Kosovo sono in totale accordo. È comunque sorprendente che la condivisione di questo sentimento e i discorsi superficiali sulla famiglia e l’identità siano sufficienti per convincere i musulmani kosovari a ignorare le posizioni di Meloni sull’islam.

In passato ha dichiarato che la religione islamica è “contro le nostre libertà”, mentre nel 2016 sanciva che “tutti i terroristi sono musulmani”. Durante la campagna elettorale del 2018 ha chiesto di combattere “l’islamizzazione dell’Italia”.

Fatto particolarmente comico per una donna che invoca un ritorno ai valori della famiglia tradizionale, la nuova presidente del consiglio ha avuto una figlia con un uomo con cui non è sposata, una condizione socialmente accettabile solo grazie a cambiamenti di cui Meloni si considera vittima. Non è chiaro se le persone che condividono i suoi discorsi con entusiasmo conoscano questa situazione.

Per quanto riguarda la diaspora albanese che la sostiene, invece, le cose sono un po’ più complicate. Un aspetto è sicuramente legato alla storia politica dell’Albania. La dittatura comunista di Enver Hoxha pesa ancora molto sulla psiche nazionale. Alcuni albanesi, in patria e all’estero, considerano la politica di sinistra contaminata per sempre e la equiparano ingiustamente al regime di Hoxha. Per una persona arrivata in Italia con queste convinzioni e queste esperienze politiche è chiaro che Fratelli d’Italia, con le sue spinte violentemente anticomuniste, possa avere un certo fascino.

Ma come può qualcuno che è arrivato in Italia come migrante, spesso rischiando la vita in una pericolosa traversata in mare e a subendo per anni gli insulti razzisti e l’accusa di essere colpevole di tutti i mali dell’Italia, dimenticare il suo passato e sostenere una persona che ha costruito la sua carriera politica sulla xenofobia?

La maggior parte degli albanesi negli anni novanta aveva le tasche vuote e fuggiva da condizioni di vita che continuavano a peggiorare, in Albania e in Kosovo. In Italia gli uomini erano visti spesso come stupratori o ladri, e le donne come prostitute. Questi meccanismi hanno creato complessi di inferiorità. Oggi gli albanesi che vivono in Italia ne pagano le conseguenze, soprattutto quando cercano di integrarsi cancellando qualsiasi segno della propria identità.

Lo dimostra il fatto che alcuni usano un nome italiano per evitare discriminazioni sul lavoro, mentre altri non escludono di cercare un partner italiano convinti che questo possa migliorare il loro status sociale.

Ora, dopo anni trascorsi in Italia, forse gli albanesi che appoggiano Meloni pensano di avere un’opportunità. Da quando si sono stabiliti nel paese è cresciuto il numero degli immigrati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa, verso cui Meloni e i suoi sostenitori nutrono un odio ancora più forte di quello riservato gli albanesi. E così, invece di considerare l’esperienza spesso umiliante della migrazione come una lezione per essere solidali nei confronti di altre persone che soffrono discriminazioni e umiliazioni, gli albanesi in Italia che simpatizzano per Fratelli d’Italia possono schierarsi con i più forti e presentarsi come immigrati “migliori” rispetto agli ultimi arrivati. Questa dinamica mi ricorda uno sketch in cui il comico turco-tedesco Kaya Yanar racconta un dialogo con il padre, trasferitosi in Germania quarant’anni prima. “Ci sono troppi turchi in Germania”, dice il padre. “Papà, ma che dici, anche tu sei turco!”. “Sì ma io sono un turco diverso”.

Senso di appartenenza

Dopo decenni di lavori sottopagati e di difficoltà con una lingua e una cultura diverse, per alcuni respingere i nuovi immigrati, proprio come erano stati respinti loro, è il modo migliore per affermare l’appartenenza al paese. Purtroppo molti miei concittadini che vivono in Italia hanno deciso che solo così possono dimostrare di essere diventati veri italiani.

Oggi non sappiamo quanti siano gli albanesi che sostengono Meloni. I post che leggo sui social network rappresentano solo l’opinione di alcune persone, non di un’intera comunità.

Ma questi messaggi incarnano idee pericolose, che trovano terreno fertile e ci ricordano tristemente cosa provoca la mancanza di solidarietà. Tutti quelli che hanno subìto atti di islamofobia e xenofobia farebbero bene a tenerlo a mente e a non schierarsi mai dalla parte di chi li ha commessi. ◆as

Gezim Qadraku è nato in Kosovo ed è cresciuto in Italia, dove si è laureato in scienze politiche e relazioni internazionali. Kosovo 2.0 è un magazine online indipendente fondato a Pristina nel 2010.

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Questo articolo è uscito sul numero 1484 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati