Da quasi cinquant’anni Corrado Stajano scrive reportage che attraverso descrizioni accurate di luoghi (Africo, Roma) e persone (Serantini, Ambrosoli, Pinelli) raccontano l’Italia e le sue lacerazioni. In questo nuovo lavoro, il grande giornalista novantenne prende la penna per testimoniare la Milano dei tempi della pandemia, svuotata di persone e sospesa in uno stato eccezionale, ma si accorge presto che la contingenza straordinaria fa emergere caratteristiche di più lungo periodo: la condizione di chi è prigioniero, la durezza dei rapporti di classe, l’opportunismo dei mafiosi, il menefreghismo di molti altri.

Comincia così un viaggio nella propria memoria, lungo la vicenda della sua generazione per verificare l’ipotesi secondo cui la terribile prova vissuta con il covid-19 non sia che l’ultimo capitolo di una storia del novecento italiano. Riparte dalla guerra partigiana, da Nuto Revelli, attraversa le tensioni dei decenni successivi, dai morti di Reggio Emilia del 1960 alla strage di piazza Fontana di nove anni dopo, e prosegue ricordando, sempre dal punto di vista dell’oggi, la morte di Dalla Chiesa, quella di Falcone, il berlusconismo. Solo a quel punto torna al presente e descrive in modo sconsolato le conseguenze della pandemia sulla politica, la formazione di “un governo di emergenza, senza ‘alcuna formula politica’ nato dalla paralisi progressiva del parlamentarismo”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1436 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati