Nel 1973 lo psicologo statunitense David Rosenhan pubblicò sulla rivista Science lo studio “On being sane in insane places” (essere sani in posti folli) con cui dimostrò l’incapacità degli psichiatri di riconoscere pazienti che simulavano disturbi mentali. Nove persone che si erano presentate in ospedale dicendo di sentire voci, nonché un suono “cavo” e “vuoto”, furono ricoverate, per lo più come schizofreniche, trattenute per settimane, imbottite di psicofarmaci e talvolta maltrattate. L’articolo, che minava alla base le istituzioni che in quegli stessi anni venivano criticate per la loro disumanità, diventò un classico dell’antipsichiatria ed è ancora molto citato. In questo libro la giornalista Susannah Cahalan ricostruisce l’esperimento di Rosenhan sulla base d’importanti documenti ritrovati, di testimoni dell’epoca, tra i quali uno degli pseudopazienti di cui lo studio occultava i veri nomi, e lo fa con in mente una vicenda accaduta a lei quando era giovane: la falsa diagnosi di schizofrenia per quella che si sarebbe rivelata una malattia autoimmune, da lei stessa raccontata anni fa nel libro Brain on fire. Il risultato è un’indagine serrata, che non si riesce a smettere di leggere, un’inchiesta piena di colpi di scena che, illuminando un’epoca di trasformazioni, fa riflettere su nozioni che usiamo tutti i giorni, come malattia mentale, correttezza scientifica e verità. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1437 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati