L’antropologia anarchica di David Graeber fa ormai parte delle teorie più citate dalle scienze sociali. Lo è anche per la vasta discussione suscitata dal suo ultimo grande lavoro, scritto insieme all’archeologo David Wengrow, L’alba di tutto. Una nuova storia dell’umanità (Rizzoli), uscito postumo nel 2021 e tradotto a febbraio in italiano. Nello studio si critica il mito secondo cui c’è stato uno stadio selvaggio e arretrato della nostra civiltà. Graeber e le sue ipotesi continuano a circolare insieme ai ricordi appassionati di chi lo ha incontrato. Per chi non l’ha mai letto e vuole farsi un’idea e per chi lo conosce già e vuole capire come teneva insieme i vari ambiti della sua riflessione (ricerca sul campo, storia, analisi delle tendenze in atto nella società, militanza) esce ora questo libro d’interviste in cui la sua voce si alterna a quelle dell’attore e filosofo Mehdi Belhaj Kacem, dell’antropologa Nika Dubrovsky e dell’artista Assia Turquier-Zauberman. La forma è quella di un dialogo, che Graeber riteneva il modo migliore per manifestare il pensiero: i quattro affrontano, divertendosi, questioni fondamentali e diverse come la natura dello stato, il femminismo, gli Stati Uniti, la nascita dell’antropologia, il ruolo degli intellettuali e il fascismo: tutto nel segno di una continua ricerca di libertà, nelle teorie come nelle azioni, senza mai separare i mezzi dai fini. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1491 di Internazionale, a pagina 95. Compra questo numero | Abbonati