Per la prima volta a Hong Kong si è tenuto un grande processo politico, con 47 imputati alla sbarra accusati di “sovversione”. Per 45 di loro il 19 novembre i giudici del tribunale speciale per la sicurezza nazionale hanno emesso condanne che arrivano fino a dieci anni di reclusione.
La “sovversione” consiste nell’aver organizzato a luglio del 2020 le primarie per la scelta dei candidati dell’opposizione alle elezioni per il consiglio legislativo di Hong Kong, raccogliendo i voti di più di seicentomila persone. Le elezioni avrebbero dovuto tenersi proprio quell’anno. Poi sono state rimandate, sia per la pandemia sia per dedicarsi a una riforma elettorale e a mettere in piedi un comitato in grado di valutare se gli aspiranti candidati fossero sufficientemente “patriottici” per avere un ruolo pubblico. Non era la prima volta che a Hong Kong si tenevano delle primarie, ma i tempi erano già cambiati e l’idea di una strategia per fare opposizione al governo è stata giudicata eversiva. Dopo mesi di proteste di massa nel 2019, sostenute dalla popolazione, tutte le regole sono cambiate e ora la partecipazione spontanea alla politica locale è considerata inopportuna.
L’intera opposizione democratica e la società civile di Hong Kong sono passate dall’essere la coscienza della città a essere emarginate e considerate sovversive
Fuori da Hong Kong pochi dei nomi degli imputati sono conosciuti: forse qualcuno si ricorda di Joshua Wong, che aveva celebrato il suo diciottesimo compleanno nel 2014 durante l’occupazione del quartiere centrale di Hong Kong, Admiralty, quando era tra i leader del Movimento degli ombrelli, nato per chiedere il suffragio universale. È stato condannato a quattro anni e nove mesi di prigione.
Altri forse hanno sentito parlare di Benny Tai, 60 anni, che dovrà scontare dieci anni di prigione. Tai è un professore universitario di diritto che cercava di lavorare all’interno delle leggi in vigore per ottenere maggiore democrazia a Hong Kong, nonostante il governo centrale a Pechino stesse mandando segnali contrari.
A Hong Kong, invece, gli attivisti condannati il 19 novembre sono famosi. In alcuni casi da decenni, come Leung Kwok-hung, 68 anni, sei anni e nove mesi di prigione, che dagli anni novanta non si era mai perso una manifestazione. Era riconoscibile per le magliette con il ritratto di Che Guevara e i capelli lunghi – fino ai primi arresti, quando gli sono stati tagliati per applicare il regolamento di polizia. Leung Kwok-hung ha passato più di tredici anni nel parlamento di Hong Kong. Un altro volto noto è quello della politica Claudia Mo, ex giornalista di 67 anni, condannata a quattro anni e tre mesi. Gwyneth Ho, 34 anni, dovrà scontare sette anni: anche lei è una giornalista ed è diventata un’attivista dopo che il 21 giugno del 2019 alla stazione di Yuen Long ha assistito alle aggressioni da parte di squadristi armati di bastoni e catene ai passeggeri della metropolitana, mentre al centralino della polizia nessuno rispondeva. Come lei Ng Kin-wai, 29 anni, che non si era mai interessato di politica fino agli attacchi a Yuen Long, è stato condannato a cinque anni e sette mesi. Stessa sorte per attivisti ambientalisti come Eddie Chu, 47 anni, condannato a quattro anni e cinque mesi, e per chi difende i diritti lgbt come Raymond Chan, 52 anni (sei anni e sei mesi di prigione), e Jimmy Sham, 37 anni (quattro anni e tre mesi). O sindacaliste come Carol Ng, ex assistente di volo (quattro anni e cinque mesi), o Winnie Yu, di 34 anni, infermiera, che aveva organizzato il primo sindacato ospedaliero (sei anni e nove mesi).
La lista continua, appunto, per 45 nomi tutti importanti e 45 lunghe sentenze: non si tratta di persone di un’unica generazione, come dimostrano le differenze d’età. L’intera opposizione democratica e la società civile di Hong Kong sono passate dall’essere la coscienza della città a essere emarginate e considerate sovversive e cospiratrici.
Si fa ancora fatica a metabolizzare questo passaggio, dato che i cambiamenti sono stati rapidi e radicali. Eppure, paradossalmente, molti hanno reagito alle sentenze con sollievo.
Dal momento che la legge sulla sicurezza nazionale prevede pene fino all’ergastolo per crimini come la sovversione, le sentenze tra i quattro e i dieci anni – per aver partecipato a delle primarie – sono sembrate meglio del previsto. Poteva andare peggio, si dicevano sostenitori e parenti degli imputati, in lacrime intorno al tribunale.
Il marito di Claudia Mo è molto malato, meritava di poter passare più tempo con lei. Gwyneth Ho, così giovane e coraggiosa, sarà costretta a passare numerosi anni in prigione. Jimmy Sham, che aveva sempre cercato di convincere i manifestanti a evitare ogni tipo di violenza, chiedendo di non bruciare le barricate, si farà più di quattro anni. Ma almeno usciranno dal carcere. E chissà che effetto gli farà Hong Kong quel giorno. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati