Il duello è cambiato. Due mesi dopo aver battuto Marine Le Pen, stavolta Emmanuel Macron deve fare i conti con Jean-Luc Mélenchon. Anche se nessuno dei due era candidato alle elezioni legislative, i risultati del primo turno sanciscono questo faccia a faccia: la Nuova unione popolare ecologica e sociale (Nupes) – formata da La France insoumise (Lfi), il Partito socialista francese (Ps), Europa ecologia-I verdi (Ee-Lv) e il Partito comunista francese (Pcf) – e la coalizione centrista Ensemble, composta La République en marche (Lrm), Modem e Horizons, sono arrivate testa a testa con rispettivamente il 25,7 per cento e il 25,8 per cento dei voti. Bisognerà aspettare il secondo turno, in programma il 19 giugno, per capire se il presidente appena rieletto avrà mano libera, con una maggioranza assoluta all’assemblea nazionale, o se la Nupes riuscirà a impedirlo.

“Scatenatevi con le vostre schede elettorali”, ha esclamato Mélenchon agli elettori la sera del 12 giugno, decretando “battuto e sconfitto” lo schieramento del presidente. Se è vero che il leader di Lfi aveva vari motivi per festeggiare, il suo obiettivo di diventare primo ministro sembra però allontanarsi. Le prime proiezioni sulla composizione del futuro parlamento escludono infatti l’ipotesi che la Nupes possa raggiungere la maggioranza: secondo Ipsos otterrebbe al massimo 190 seggi. Ma anche se la possibilità di una coabitazione con un primo ministro di opposizione è stata scartata, per il fronte presidenziale le difficoltà non sono finite. “Abbiamo una settimana per convincere gli elettori e ottenere una maggioranza forte e chiara”, ha dichiarato la prima ministra Élisabeth Borne, di fronte alla probabile prospettiva di non riuscire a conquistare i 289 seggi che attribuiscono la maggioranza assoluta.

I pochi elettori che si sono degnati di andare alle urne mantengono viva la suspense. In costante aumento dal 1993, il tasso di astensione al primo turno ha toccato un nuovo record, attestandosi al 52,8 per cento, dopo il 51,3 del 2017. Sintomo previsto di un costante affaticamento democratico dei francesi, la bassa affluenza punisce anche una campagna elettorale particolarmente pigra. In un lasso di tempo più lungo del solito tra le elezioni presidenziali e quelle legislative, Macron non ha fatto molto, se non perdere il piccolo slancio che la sua rielezione gli aveva dato. Ha aspettato l’ultimo momento per lanciare l’allarme contro i due “estremi” grossolanamente equiparati. Il risultato è stato deludente: la Nupes ed Ensemble sono testa a testa e il Rassemblement national (Rn) di Marine Le Pen ha registrato una crescita significativa (19,1 per cento).

Darsi da fare

In termini di voti il risultato della sinistra non è molto superiore a quello del 2017, quando i candidati di Lfi, Ps, Ee-Lv e Pcf, presentatisi autonomamente, avevano raccolto in tutto quasi il 24,7 per cento dei voti. Ma è la conferma di ciò che era già ovvio: quando è unita, la sinistra ce la fa. L’artefice di questa alleanza, il socialista Olivier Faure, ha ottenuto più del 46,9 per cento dei voti nel suo collegio del dipartimento di Seine-et-Marne.

I melenchonisti sono senza dubbio i grandi vincitori dell’accordo: secondo le proiezioni Lfi, che aveva 17 deputati, potrebbe ottenere tra i 96 e i 115 seggi. Un incubo per i macronisti, che temono questi deputati rumorosi e combattivi. Ma anche se ha fatto il pieno al primo turno, la Nupes potrebbe ritrovarsi senza le riserve di voti necessari il 19 giugno, a parte il quattro per cento di voti raccolto dai candidati dissidenti della sinistra.

I macronisti saranno costretti a darsi da fare tra primo e secondo turno. I 314 seggi ottenuti dalla sola Lrm nel 2017 sono un lontano ricordo. Stavolta il partito del presidente non potrà fare a meno dei suoi alleati del Modem e di Horizons (il nuovo partito dell’ex premier Édouard Philippe), e potrebbe essere costretto a negoziare anche con altre forze per far approvare le sue proposte di legge. Il compito del governo si annuncia quindi complicato. Non tutti i principali esponenti dello schieramento presidenziale hanno il seggio assicurato. Se la strada sembra spianata per la premier Borne o per il ministro degli interni, Gérald Darmanin, altri, come la ministra della transizione ecologica Amélie de Montchalin, o Clément Beaune, responsabile degli affari europei, sono in difficoltà. Nel dipartimento del Loiret l’ex ministro dell’educazione nazionale, Jean-Michel Blanquer, è stato eliminato dal secondo turno.

Nessun fronte comune

Nei ballottaggi tra candidati dell’Rn e della Nupes, La République en marche darà delle istruzioni di voto “caso per caso”, senza invocare un fronte unito contro l’estrema destra. Con una crescita di sei punti rispetto al 2017, l’Rn ottiene un risultato migliore di quanto facesse presagire la sua anonima campagna elettorale. In un’elezione che gli è tradizionalmente sfavorevole il partito di estrema destra, che finora aveva solo otto deputati, dovrebbe ottenerne tra i 20 e i 45, abbastanza da formare un gruppo parlamentare. Sarebbe la prima volta dal 1986. Nel suo collegio elettorale del Pas-de-Calais, Marine Le Pen ha fatto appello ai suoi elettori affinché non diano “a Emmanuel Macron una maggioranza assoluta di cui abuserà per fare ciò che vuole quando vuole”. Nei ballottaggi in cui un candidato macronista ne sfiderà uno della Nupes, la leader dell’Rn ha invitato i suoi elettori a “non scegliere tra i distruttori dall’alto e i distruttori dal basso”. L’altra forza di estrema destra Reconquête, che non aveva raggiunto un accordo con l’Rn, ha subìto una nuova battuta d’arresto: candidatosi nel Var, Éric Zemmour non si è qualificato per il secondo turno.

Indeboliti dalla loro pessima prestazione alle presidenziali, Les républicains facevano affidamento sul loro radicamento sul territorio e speravano di non subire ancora gli effetti del voto utile. Il partito conservatore ha ottenuto il 13,7 per cento dei voti. Dove i suoi candidati non si sono qualificati al secondo turno, Ensemble spera di approfittare dei loro elettori. Con un equilibrismo, i macronisti si rassicurano ipotizzando che più la sinistra è andata bene al primo turno, più le persone allergiche al leader di Lfi si mobiliteranno il 19 giugno. Lo scorso aprile il loro candidato alla presidenza aveva inveito contro la sua avversaria del Rassemblement national. Ora i suoi scommettono sulla demonizzazione di Mélenchon. Il duello è cambiato, ma Macron ricicla le stesse tattiche. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1465 di Internazionale, a pagina 23. Compra questo numero | Abbonati