Nel 2022 la Svizzera ha permesso alle aziende cinesi di quotarsi a Zurigo. L’iniziativa ha avuto tanto successo che perfino il presidente della borsa svizzera è stupito. Dalla fine di luglio hanno debuttato nove società, raccogliendo complessivamente 3,2 miliardi di dollari, una cifra nettamente superiore a quella ricevuta dalle aziende cinesi negli Stati Uniti in tutto il 2022. “Devo ammettere di essere stato un po’ sopraffatto dalla velocità con cui il programma ha preso piede”, ha dichiarato di recente Jos Dijsselhof, l’amministratore delegato della borsa di Zurigo. La sua sorpresa è stata ancora più grande se si considera che il 2022 è stato un anno molto negativo per i collocamenti in borsa. Secondo le stime della S&P Global Market Intelligence, l’anno scorso il loro valore è crollato a 179,7 miliardi di dollari, registrando un calo del 71 per cento rispetto al 2021. Il numero di collocamenti si è quasi dimezzato, arrivando a 1.671.

Dijsselhof si sarebbe aspettato una “cottura lenta” e invece ha visto “le aziende cinesi andare controvento”. Queste operazioni sono state rese possibili dal programma di stock connect, una collaborazione tra la Cina e la Svizzera che permette l’accesso reciproco alle borse dei due paesi. La velocità con cui si è diffuso l’uso del programma sottolinea quanto le aziende cinesi vogliano quotarsi all’estero, in un momento in cui la possibilità di farlo negli Stati Uniti va incontro a molti ostacoli. Dijsselhof spiega che ci sono forti incentivi per le aziende cinesi che vogliono entrare nei mercati azionari all’estero: “Non solo per raccogliere capitale, ma anche per aumentare la loro visibilità in Europa e nel resto del mondo”.

L’attuazione del programma di stock connect è tuttavia coincisa con l’aumento delle tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina sulla possibilità di accedere ai dati delle aziende quotate. Washington ha chiesto di poter visionare i documenti finanziari delle aziende per svolgere i controlli previsti. Pechino ha detto di no, giustificandosi con ragioni di sicurezza nazionale. Sullo sfondo di questo braccio di ferro è emersa la Svizzera. In base all’accordo di stock connect, il governo di Berna e la borsa di Zurigo hanno accettato di riconoscere i princìpi di redazione e certificazione dei bilanci della Cina, evitando possibili controversie sull’accesso ai libri contabili delle aziende. Il programma consente inoltre alle aziende di raccogliere denaro in una valuta stabile – franchi svizzeri o dollari – mentre la neutralità della Svizzera offre alle aziende cinesi ulteriori rassicurazioni rispetto ad altri mercati più allineati agli Stati Uniti.

Anche se Dijsselhof ha evitato qualsiasi riferimento alle tensioni tra Washington e Pechino, ha ammesso che “la neutralità della Svizzera contribuisce sicuramente” ad attirare le aziende cinesi. Per avere un termine di paragone basti pensare che dal 2019 è in vigore un accordo di stock connect tra la Cina e il Regno Unito, ma finora solo cinque aziende cinesi lo hanno usato per quotarsi a Londra.

Secondo Nicolas Wang, consulente della banca svizzera Ubp a Hong Kong, il merito principale è del reciproco riconoscimento delle regole contabili, “perché permette procedure di quotazione veloci e tariffe relativamente basse per le transazioni”. La possibilità di essere quotate in Svizzera, aggiunge Wang, “può inoltre aiutare le aziende cinesi a sviluppare le loro attività sui mercati europei”.

Il fattore geopolitico

Altri esperti indicano nella geopolitica un altro fattore importante. Grace Tam, direttrice generale e consulente capo sugli investimenti per la Bnp Paribas Wealth Management di Hong Kong, afferma che il crescente interesse delle aziende cinesi a quotarsi a Zurigo riguarda “più che altro i problemi tra gli Stati Uniti e la Cina”. Il rischio di uscire dalla borsa statunitense si è ridotto “in modo significativo” dopo che a dicembre i revisori contabili americani si sono detti soddisfatti dell’accesso ai dati di alcune aziende, ma Tam è convinta che la Svizzera offra una stabilità che manca al mercato statunitense.

A Zurigo si sono quotate alcune aziende tecnologiche cinesi, tra cui i produttori di batterie al litio Gotion High-Tech e Sunwoda Electronic, il fornitore di dispositivi medici Lepu Medical Technology Beijing e il produttore di utensili Hangzhou Greatstar Industrial. Attualmente sono quasi quaranta le aziende cinesi in lista d’attesa, tra cui il produttore di sensori di immagini Will Semiconductor e il fornitore di tecnologia per l’automazione industriale Zhejiang Supcon Technology. Pare che anche la Contemporary Amperex Technology, il più importante produttore di batterie agli ioni di litio al mondo, stia preparando la quotazione in Svizzera, un’operazione che potrebbe fruttare cinque miliardi di dollari.

La facilità di quotazione, però, non si è tradotta in significativi scambi azionari. Per alcune aziende cinesi sono stati addirittura nulli o insignificanti. “Non credo ci siano margini di miglioramento”, ammette Dijsselhof. La borsa di Zurigo sta cercando di rimediare, per esempio ospitando incontri tra gli investitori e le aziende cinesi. Frank Bi, un esperto che si occupa di aiutare le aziende cinesi a quotarsi all’estero, spiega che molti dei suoi clienti sono consapevoli del problema. Tuttavia, continuano a preferire la Svizzera grazie al suo status di paese neutrale, soprattutto considerando le crescenti tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina.

Un altro punto fondamentale riguarda gli obblighi contabili e di trasparenza, meno severi rispetto a quelli imposti dalle autorità statunitensi. Dijsselhof, però, si dice sicuro che entrambe le parti “hanno passato una quantità di tempo sufficiente ad approfondire le rispettive regole” e che “le aziende cinesi non hanno alcun interesse a ignorare i criteri contabili e gli obblighi informativi”. Il manager riconosce, tuttavia, il rischio che le aziende cinesi non riescano a soddisfare gli standard gestionali che si aspettano gli investitori europei. “Se un’azienda dovesse crollare e venisse fuori una frode, probabilmente questo metterebbe fine all’iniziativa”, osserva Dijsselhof.

Ecco perché la borsa di Zurigo conta sui controlli del governo cinese per garantire la qualità delle aziende che entrano nel mercato svizzero. Pechino eviterà l’ingresso nella borsa svizzera di “aziende che potrebbero risultare sospette, perché è volontà di tutti che questo accordo abbia successo”, conclude il capo della borsa di Zurigo. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1500 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati