Si fa un gran parlare del granchio blu come nemico assoluto: devasta l’ecosistema, si nutre di ogni cosa, consuma tutto l’ambiente circostante. A pensarci bene, questa è la descrizione dell’essere umano (in particolare europeo), che di fronte al caso del granchio blu – una specie originaria dell’Atlantico che si sta diffondendo sulle coste italiane – avrebbe potuto, per la prima volta, fermarsi a riflettere sugli effetti assurdi che il dissesto ecosistemico antropico ha creato nel suo stesso ambiente. Ma anche stavolta, niente da fare. Così, del granchio blu ora si fa anche un gran mangiare. Abbiamo una presidente del consiglio che mangia granchio blu, chef stellati che ci spiegano come cucinarlo, la corsa delle persone più diverse ad assaggiarlo. Come sempre, il nemico diventa cibo, e questo ci ricorda una nota tesi di Jacques Derrida, nel suo “Il faut bien manger”. O il calcolo del soggetto (Mimesis 2021): “La bestia sarebbe divoratrice e l’uomo divorerebbe la bestia. Divoramento e voracità. Devoro, vorax, vorator. Ne va della bocca, dei denti, della lingua e della violenta precipitazione a mordere, inghiottire, ingoiare l’altro, prenderlo dentro di sé per ucciderlo. La sovranità sarebbe divoratrice? La sua forza e il suo potere, la sua più grande potenza”. Mangiare animali anche quando non è necessario, insomma, è il modo in cui mostriamo quanto siamo ancora “più bestie selvagge” di quanto pensiamo. Il granchio blu mangia tutto? E noi ci mangiamo il granchio. E ancora una volta, così, ristabiliamo il potere di Pulcinella: tutto intorno a noi crolla, ma noi moriremo a pancia piena. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1528 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati