La Fondation Cartier ha recentemente portato alla Triennale di Milano la mostra Siamo foresta. Per capire meglio la mostra e osservare senza troppi filtri teorici quelle che chiamiamo “altre forme di vita” è uscito anche Lo spirito della foresta (Nottetempo 2023) di Bruce Albert e Davi Kopenawa. Sono due strumenti importanti per avvicinarci in modo meno retorico del solito alla cosmologia indigena, per esempio quella degli sciamani yanomami del nord del Brasile. Attorno a noi esistono un pensiero e una pratica quotidiana di perfetto equilibrio con la totalità delle forme di vita – umane, animali e vegetali, ma anche visibili e invisibili – che popolano quell’immenso meta-organismo che è la foresta amazzonica. La concezione del mondo degli indigeni che abitano in questa regione, contrariamente a quella antropocentrica tipica di tutta la nostra storia culturale, non contempla una divisione netta tra “umani”, “animali” e “natura”. Niente nel mondo è periferico o subordinato al destino dell’Homo sapiens. Alla Triennale è in mostra la urihi, la “terra-foresta-mondo, una sorta di iper-forma di vita” in cui tutti gli esseri coesistono in armonia nonostante le loro apparenti differenze. Siamo una foresta dove l’armonia del gruppo si crea nella libertà degli opposti. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1534 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati