In occidente l’allarmismo sembra aver offuscato la capacità di ascoltare quello che Putin sta cercando di far capire da mesi. Il messaggio è stato espresso in molti modi, come la pubblicazione delle comunicazioni riservate con Parigi e Berlino sul conflitto nel Donbass, con cui il Cremlino ha voluto esprimere la sua irritazione per lo stallo nell’attuazione degli accordi di Minsk per la soluzione della crisi ucraina. A chi osserva da Mosca, la Russia non sembra volersi assumere l’ingrato compito di occupare l’Ucraina, ma piuttosto convincere l’occidente di essere pronta a entrare in guerra pur di cambiare uno status quo che considera inaccettabile. La sua preoccupazione principale, cioè evitare che l’Ucraina entri nella Nato, non è certo nuova, ma ora vuole anche assicurarsi che il paese non si trasformi in una testa di ponte statunitense al confine russo. Un altro obiettivo è evitare che l’Unione europea colleghi l’importazione di gas russo al conflitto in Ucraina, un tema diventato scottante a causa della controversia sul gasdotto Nord Stream 2.

Putin vuole mettere Joe Biden di fronte a uno spiacevole dilemma: accettare che un suo alleato subisca un’umiliazione oppure scendere a compromessi con lui. Il Cremlino sa bene che la prima ipotesi comporterebbe enormi costi per l’economia russa, ma vuole convincere Washington di essere pronto a sostenerli data l’importanza dell’Ucraina per i suoi interessi nazionali. Mosca vuole anche far capire agli Stati Uniti che hanno poco da perdere da un compromesso. La sorte dell’Ucraina non è certo un’interesse vitale statunitense. Pochi mesi fa Biden ha stabilito che l’Afghanistan non era così importante da giustificare un impegno militare permanente e che era pronto ad adattare la sua politica estera alle nuove realtà globali. Dal punto di vista del Cremlino, è ora che gli Stati Uniti facciano una scelta simile sull’Ucraina. ◆ gac

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Questo articolo è uscito sul numero 1439 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati