Al confine tra Stati Uniti e Messico la situazione è relativamente tranquilla. I migranti si stanno adattando alle politiche stabilite dal governo statunitense, che ha eliminato le restrizioni all’immigrazione introdotte durante la pandemia (il cosiddetto Titolo 42), e le ha sostituite con nuove regole per le richieste d’asilo e i percorsi legali, con l’obiettivo di contrastare il traffico di esseri umani e scoraggiare gli ingressi irregolari.

D’ora in poi la maggior parte dei migranti non potrà chiedere asilo negli Stati Uniti se non avrà presentato una domanda online prima di mettersi in viaggio o se non avrà chiesto protezione nei paesi di transito. Le famiglie ammesse negli Stati Uniti in attesa che la loro pratica sia esaminata dovranno rispettare un coprifuoco e i loro spostamenti saranno monitorati attraverso dispositivi gps. Inoltre chi viene espulso dagli Stati Uniti non potrà rientrare nel paese per cinque anni e rischia un’accusa penale.

A Ciudad Juárez, in Messico, sulla sponda del fiume che separa la città da El Paso, in Texas, molti migranti osservano i loro telefoni nella speranza di ricevere un appuntamento per l’esame della loro richiesta. In settimana l’app ufficiale che i migranti devono usare per registrare la loro domanda d’asilo è stata modificata: ora il sistema offre la possibilità di fissare un incontro per ricevere l’autorizzazione ad attraversare il confine via terra.

Nel nord del Messico molti migranti si sono rassegnati all’idea di aspettare una comunicazione ufficiale invece di provare a entrare senza autorizzazione. “Spero che le richieste siano esaminate rapidamente”, dice Yeremy Depablos, un venezuelano di 21 anni che sta aspettando da un mese a Ciudad Juárez. Non attraversa il confine perché teme di essere espulso. “Dobbiamo seguire le regole”.

Il dipartimento per la sicurezza nazionale non ha registrato un aumento dei flussi dopo la cancellazione del Titolo 42. Ma il 12 maggio nel sud del Messico i migranti (compresi molti bambini) continuavano ad ammassarsi sulla linea ferroviaria a Huehuetoca, nel tentativo disperato di salire sui treni merci diretti a nord.

In base alle nuove regole dell’amministrazione Biden, gli Stati Uniti accoglieranno trentamila persone al mese da Haiti, Cuba, Nicaragua e Venezuela. Queste persone potranno entrare nel paese in aereo dopo aver fatto richiesta online e aver indicato il nome di un garante negli Stati Uniti. In Guatemala, in Colombia e in altri stati saranno aperti cento centri per la gestione delle richieste. In queste strutture si potrà presentare la domanda per andare negli Stati Uniti, in Spagna o in Canada. Fino a mille persone al giorno potranno entrare in territorio statunitense dal Messico, a condizione di aver fissato un appuntamento tramite app.

Senza scelta

Se dovesse funzionare, questo sistema trasformerebbe le dinamiche migratorie tra Messico e Stati Uniti. Ma il presidente Joe Biden è sotto attacco su vari fronti: gli attivisti per i diritti dei migranti lo accusano di essere troppo duro, mentre i repubblicani sostengono che adotti politiche troppo morbide. Contro le nuove regole sono già stati presentati dei ricorsi.

Il Titolo 42, introdotto a marzo del 2020, permetteva agli agenti di frontiera di espellere immediatamente i migranti per contrastare il covid-19. Ora che l’emergenza sanitaria è finita, le restrizioni sono state eliminate. Quelle regole impedivano a molte persone di chiedere asilo ma, a differenza delle nuove, non prevedevano conseguenze legali per chi entrava in modo irregolare. Il 12 maggio a El Paso, fuori da un centro di accoglienza gestito dalla chiesa del Sacro Cuore, c’erano poche decine di migranti, mentre tre giorni prima erano circa duemila. Il reverendo Daniel Mora ha spiegato che la maggior parte aveva lasciato la città seguendo l’indicazione dei volantini distribuiti dalle autorità per l’immigrazione, che offrivano “un’ultima possibilità” di seguire un percorso legale. Oscar Leeser, sindaco di El Paso, ha confermato che l’11 maggio 1.800 migranti si sono presentati spontaneamente alle autorità statunitensi di frontiera.

Melissa López, direttrice dei Diocesan migrant and refugee services, un’organizzazione che aiuta i migranti a El Paso, ha confermato che molte persone hanno deciso di seguire le regole, una scelta motivata anche dal rischio di espulsione e dalle possibili conseguenze penali.

Prima della cancellazione del Titolo 42 le strutture di accoglienza negli Stati Uniti erano già occupate ben oltre la capienza. Inoltre in Florida un giudice federale ha bloccato temporaneamente il processo con cui l’amministrazione voleva rilasciare alcuni migranti permettendogli di vivere nel paese. L’agenzia per la protezione dei confini ha dichiarato che accetterà la decisione del giudice, precisando però che “la sentenza produrrà un pericoloso sovraffollamento” nei centri di accoglienza. Anche alcuni gruppi per la difesa dei diritti dei migranti hanno fatto causa all’amministrazione Biden, sostenendo che le nuove regole sono simili a quelle introdotta da Trump e già bocciate dai tribunali. Il governo sostiene di non aver imposto un divieto d’ingresso ma di essersi limitato a pretendere maggiori garanzie da chi chiede asilo, introducendo allo stesso tempo un nuovo percorso legale.

Nel punto d’accesso di Tijuana, al confine con la California, il 12 maggio alcuni migranti si sono rivolti alle autorità statunitensi perché non riuscivano ad accedere all’app. Jairo, un salvadoregno, ha raccontato di essere fuggito dal suo paese dopo aver ricevuto minacce di morte. “Abbiamo paura”, ha spiegato, in viaggio con la compagna e il figlio di tre anni. “Non possiamo restare in Messico e non possiamo tornare in Guatemala o nel Salvador. Se gli Stati Uniti non vogliono accoglierci, almeno speriamo che c’indirizzino verso un altro paese disposto a farlo”. ◆ as

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1512 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati