22 ottobre 2015 17:05

Dalla gremita area arrivi dell’aeroporto di Abidjan agli alberghi e alle ville di lusso che spuntano come funghi in tutta la città, la Costa d’Avorio è in piena espansione: una sorta di miracolo africano considerando che il paese – principale produttore mondiale di cacao – viene da anni di instabilità politica e di guerra civile.

In vista delle elezioni che si terranno il 25 ottobre, molti ivoriani si aspettavano che la rapida crescita postbellica avrebbe subìto una battuta d’arresto, che però non c’è stata grazie alla fiducia in un voto tranquillo e nella rielezione del presidente in carica, Alassane Ouattara.

Per quest’anno il governo prevede una crescita del 9,6 per cento, un dato che farebbe della ex colonia francese la positiva eccezione di un continente colpito dalla caduta dei prezzi delle materie prime, dalla fuga dei capitali e dal crollo delle valute.

Ma le proiezioni di Abidjan non sembrano fantasiose.

La valutazione del Fondo monetario internazionale è solo leggermente meno ottimista. E il traffico nelle strade della capitale economica è la dimostrazione dell’inversione di rotta nei quattro anni successivi alla seconda guerra civile del paese, che in meno di dieci anni ha ucciso tremila persone.

“In queste settimane stanno arrivando molti uomini d’affari europei”, racconta con un sorriso Fabrice Toha, tassista all’aeroporto. “Tutti i tassisti possono vedere che il paese sta andando bene e molti di noi pensano che Ouattara abbia buone possibilità di vincere un altro mandato”. E l’aeroporto, che nel 2014 ha registrato 1,3 milioni di passeggeri (il doppio di quattro anni fa), è strapieno. Ma questo è solo l’inizio della trasformazione.

Quest’anno la Costa d’Avorio è seconda soltanto alla Nigeria nell’indice Nielsen delle prospettive sull’Africa

A un tiro di schioppo, decine di operai edili sciamano intorno al Radisson Blu Abidjan, 261 stanze, uno dei vari alberghi di lusso che apriranno entro la fine di quest’anno. Secondo Komé Cessé, l’imprenditore a capo del progetto, l’investimento si basa sia sulla fiducia nei risultati del governo dopo la guerra sia sulle rosee prospettive della più grande economia dell’Africa occidentale francofona.

Per Cessé, i timori che si ripeta il caos successivo alle elezioni del 2010, quando l’allora presidente Laurent Gbagbo – ora all’Aja accusato di crimini contro l’umanità – rifiutò di riconoscere la vittoria di Ouattara, sono esagerati.

“In Africa c’è sempre tensione in occasione delle elezioni”, ha detto alzando la voce per sovrastare il fragore dei lavori di costruzione. “Ma noi investitori africani ci siamo abituati, e andiamo avanti”.

Da un’altra parte, a Cocody, il quartiere elegante della capitale economica, il lussuoso albergo Sofitel Ivoire – simbolo per eccellenza dello splendore postcoloniale di Abidjan degli anni sessanta – ha subìto un lifting. I prezzi partono da 250 dollari a notte, ma le stanze sono sempre tutte prenotate.

I primi frutti

Oltre alla forte crescita, gli imprenditori sottolineano le generose condizioni offerte dall’amministrazione Ouattara, come l’esenzione dall’iva, la riduzione dei dazi doganali e le promesse di risarcimento in caso di disordini sociali.

Il governo ha anche cercato di spronare il settore privato, con forti investimenti in infrastrutture a lungo trascurate.

Nuovi ponti e superstrade hanno alleggerito il traffico congestionato di Abidjan e hanno tagliato i tempi di percorrenza verso altre città. E un ammodernamento della rete elettrica, che anche prima era la più affidabile della regione, ha fatto sì che il settore manifatturiero e quello industriale non debbano affrontare i black-out prolungati che affliggono i vicini della Costa d’Avorio.

Sembra che questi investimenti abbiano già dato i loro frutti.

Quest’anno la Costa d’Avorio è seconda soltanto alla Nigeria nell’indice Nielsen delle prospettive sull’Africa, che combina previsioni macroeconomiche, relative alle imprese, alla distribuzione e ai consumi.

Nel settore della distribuzione, in cui secondo Nielsen le prospettive ivoriane sono le più promettenti del continente, si affollano le società straniere, soprattutto francesi. “Se i grandi marchi globali continuano ad arrivare nel nostro paese, significa che hanno fiducia nel futuro”, ha dichiarato il consulente finanziario Emmanuel Esmel Essis, che per quest’anno prevede la cifra record di un miliardo di dollari di investimenti privati, quasi il doppio del 2014.

I benefici dei recenti anni di crescita sono stati distribuiti in modo non uniforme e la disoccupazione resta una grande preoccupazione

La Costa d’Avorio, che fa parte della zona franca dell’Africa occidentale la cui valuta è ancorata all’euro, offre agli investitori una protezione dall’inflazione – oggi poco al di sopra dell’1 per cento – e dai crolli di valuta che hanno colpito invece il Ghana, la Nigeria, il Kenya, lo Zambia e il Sudafrica.

Con un altro atto di fiducia, lo scorso anno la Banca africana di sviluppo ha programmato il ritorno della propria sede ad Abidjan, dopo che l’instabilità l’aveva costretta a rifugiarsi a Tunisi nel 2003.

Eppure, gli osservatori affermano che la Costa d’Avorio rimane un paese postbellico. I benefici dei recenti anni di crescita sono stati distribuiti in modo non uniforme e la disoccupazione, in particolare quella giovanile, resta una grande preoccupazione tra coloro che cercano di scongiurare un ritorno all’instabilità.

Secondo Kevin Murray, amministratore delegato di Citigroup per l’Africa centro-occidentale, in caso di rielezione Ouattara dovrà usare i prossimi cinque anni per rafforzare l’inclusione economica. “Dovrà mettere in piedi una qualche forma di welfare. Sarà una cosa molto più facile da fare quando avrà del denaro da spendere”, ha affermato. “Se riesce a provocare uno scatto della classe media, farà prosperare questa economia”.

Nel frattempo, abbondano i segnali dei successi già ottenuti da alcuni.

Il settore immobiliare residenziale ha visto un afflusso di società marocchine, cinesi, turche ed europee che tirano su ville bifamiliari fronte mare del valore minimo di un milione di dollari, destinate a ricchi espatriati e a ivoriani benestanti.

“Siamo molto ottimisti per tutto ciò che è successo dal 2012”, ha dichiarato Chadi Srour, della società di promozione immobiliare Sipim. “Non c’è niente di sbagliato nella domanda. Se il paese va avanti, noi andiamo avanti”.

(Traduzione di Cristina Biasini)

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