A chi darà ragione la corte permanente di arbitrato (Cpa)? L’Asia trattiene il respiro nell’attesa che quest’organismo intergovernativo, nato nel 1899 con sede all’Aja, si pronunci sul contenzioso territoriale che contrappone la Cina e le Filippine nel mar Cinese meridionale.

Il governo di Manila ha fatto ricorso alla Cpa nel 2013, dopo che Pechino si era impadronito dell’atollo di Scarborough (un isolotto chiamato Huangyan in cinese), situato a circa 230 chilometri dalle coste filippine. Manila accusa la Cina di aver violato il diritto internazionale – in particolare la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos nella sigla inglese), del 1982 – minacciando il commercio marittimo della regione.

Pechino respinge l’accusa sostenendo che la quasi totalità del mar Cinese meridionale, che pare sia ricco di idrocarburi, rientra nel territorio nazionale cinese (in forza della famosa “linea a nove tratti”). Si tratta di una rivendicazione unilaterale di sovranità che suscita l’opposizione dei paesi vicini: non soltanto le Filippine, ma anche il Vietnam, la Malesia, Brunei e Taiwan.

Nonostante abbia aderito all’Unclos, la Cina ha già fatto sapere che non rispetterà la sentenza della Cpa. Sul tema ilGlobal Times (vicino al partito comunista cinese) si mostra perfino più intransigente del filogovernativoChina Daily, che chiama le parti a dar prova di “buona volontà reciproca”.

Prove di forza

A sentire Lin Ting-hui, direttore generale associato del Taiwan brain trust, un centro studi specializzato in politica estera e sicurezza regionale, l’atteggiamento inflessibile della Cina può solo intaccarne la credibilità internazionale.

Ma anche se la sentenza della corte fosse favorevole, ciò non basterebbe a placare le tensioni. È lecito prevedere infatti che Pechino si sentirebbe confortata nella sua posizione e ne approfitterebbe per ulteriori esibizioni di forza sul piano sia diplomatico sia strategico.

Dal canto suo il Wall Street Journal constata con preoccupazione che il gusto per il rischio della Cina aumenta di pari passo con la sua potenza militare. Per il quotidiano statunitense è chiaro che gli Stati Uniti e i loro alleati dovranno fare di più se vogliono arginare “l’avventurismo cinese”.

(Traduzione di Marina Astrologo)

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