07 settembre 2019 09:58

Il medico era stato molto sincero con Hannah Deacon, madre di un bambino epilettico. Le aveva detto che non avrebbe mai ottenuto una prescrizione medica dal Servizio sanitario nazionale per un farmaco a base di tetraidrocannabinolo (thc), l’ingrediente psicoattivo contenuto nella cannabis.

Nemmeno il governo britannico è stato d’aiuto, dichiarando nel febbraio del 2018 che la cannabis non ha alcun valore medico. Era la stessa posizione espressa negli ultimi cinquant’anni, nonostante il paese coltivi ed esporti cannabis per uso medico.

Nel giro di pochi mesi però ha compiuto un’inversione a U, accettando l’idea che la cannabis sativa abbia anche usi medici. Otto mesi dopo il primo appello pubblico lanciato dalla signora Deacon, suo figlio Alfie ha potuto ottenere il farmaco a base di thc dal servizio sanitario nazionale.

Cambiamenti simili si stanno registrando in diversi paesi in tutto il mondo. Questo potrebbe lasciar presagire una più ampia legalizzazione. La storia suggerisce che la legalizzazione dell’uso della cannabis per scopi medici è spesso stata il preludio di un più generalizzato accesso a scopi ricreativi.

I trattati farmacologici hanno gravemente limitato la ricerca nel campo della cannabis

Gli esseri umani hanno sfruttato la cannabis sativa per millenni, e il suo uso medico può essere fatto risalire al 400 avanti Cristo. Come altre droghe ricreative, però, nella prima metà del ventesimo secolo ha cominciato a subire delle restrizioni. L’allarmismo dilagava. Una svolta è arrivata nel primo decennio del novecento, quando John Warnock, un medico britannico che viveva in Egitto, suggerì che la cannabis fosse responsabile di gran parte delle malattie mentali e dei reati nel paese.

Quando nel 1924 la Società delle Nazioni si riunì per discutere di narcotici quali l’oppio e l’eroina, le “prove” di Warnock sui pericoli della cannabis ebbero molta influenza. La sua metodologia però lasciava molti dubbi. I dati erano stati raccolti solo esaminando i pazienti in cura per l’infermità mentale. Inoltre, Warnock non parlava arabo e un fattore importante per stabilire se i pazienti avessero usato la cannabis era prendere nota del modo “sovreccitato” in cui negavano di averlo mai fatto.

La follia per lo spinello
Poi negli anni trenta gli Stati Uniti furono investiti da un’ondata di panico morale, quando la cannabis fu accusata di provocare violenze tra gli immigrati messicani e di corrompere i bambini americani. Quando nel 1961 venne istituito presso le Nazioni Unite il sistema internazionale di controllo sugli stupefacenti – la Convenzione unica sugli stupefacenti – l’uso della cannabis nella medicina tradizionale fu del tutto ignorato. Alla sostanza fu attribuito un limitato o inesistente uso terapeutico e fu trattata come una droga pericolosa che, come l’eroina, necessitava dei controlli più rigidi.

La pianta contiene delle sostanze chimiche chiamate cannabinoidi, simili a molecole prodotte dal corpo umano note come endocannabinoidi. Un’ampia rete di recettori nel cervello e nel corpo umano rispondono sia alle versioni di queste molecole contenute nella pianta sia a quelle prodotte dal corpo umano. Il sistema degli endocannabinoidi contribuisce alla regolazione di moltissime cose, dal dolore all’umore, dall’appetito allo stress, dal sonno alla memoria. Fino a oggi sono stati scoperti 144 cannabinoidi diversi nella cannabis sativa, per la maggior parte ancora poco compresi, e si continuano a scoprire nuove proprietà.

Il più noto è il thc, l’ingrediente che fa “sballare”, e il cannabidiolo (cbd), che non fa questo effetto ed è usato sempre più spesso come additivo alimentare. I trattati farmacologici hanno gravemente limitato la ricerca nel campo della cannabis. Nel corso degli anni, però, prove emerse da esperimenti clinici e da altri contesti hanno dimostrato la sua efficacia nella cura di un’ampia gamma di disturbi, dai dolori muscolari alla sclerosi multipla, dalla nausea provocata dalla chemioterapia all’epilessia farmacoresistente al dolore cronico negli adulti.

Utile sia nell’alleviare il dolore sia nel dare piacere, la cannabis è stata molto popolare nei decenni successivi alla Convenzione unica e ai successivi trattati per il controllo degli stupefacenti. È la droga illegale più coltivata e usata al mondo. Nel 2017 era prodotta in quasi ogni paese della Terra. Secondo le stime delle Nazioni Unite, i consumatori di cannabis in tutto il mondo sono 188 milioni (su un totale di 271 milioni di persone che assumono droghe illegali).

Rischi da conoscere
La cannabis non è del tutto esente da pericoli. Un’overdose è improbabile, se non impossibile, ma un consumatore su dieci sviluppa una dipendenza. E in dosi elevate, con varietà particolarmente forti o un consumo prolungato, c’è il rischio di psicosi. Negli adolescenti determina un rischio di ritardo nello sviluppo cerebrale. Tenuto conto, però, della quantità di cannabis fumata per fini ricreativi, è significativa la bassa incidenza di danni che provoca. Ormai più di 30 paesi hanno legalizzato la cannabis per uso medico. In Nordamerica e in America Latina, l’introduzione per uso medico di solito è stata seguita dall’accettazione anche per scopri ricreativi. Alcuni paesi europei hanno liberalizzato entrambi gli usi. La Germania, la Francia e il Regno Unito però si sono concentrati prodotto per uso medico.

Permettere l’uso della cannabis per scopi medici costringe i governi a creare delle strutture normative per controllare la fornitura legale ai pazienti. Una volta che questo è accaduto, sembra più facile per le società accettare l’idea dell’uso per scopi ricreativi. Quando la nonna comincia a fumare cannabis per l’artrite, la droga sfonda tra il grande pubblico.

Ci sono anche altri argomenti persuasivi a favore della piena legalizzazione, come le disparità razziali nei processi, i costi sociali e penali della criminalizzazione di tanti consumatori e i profitti e le tasse che potrebbero essere generati da un settore legalizzato. Tuttavia le sofferenze dei pazienti sembrano avere più peso da un punto di vista politico rispetto ad altre argomentazioni care ai sostenitori della liberalizzazione.

Perfino l’Organizzazione mondiale della sanità desidera per la cannabis un trattamento meno restrittivo

Negli Stati Uniti, 33 stati consentono il consumo della cannabis per scopi medici e 11 hanno legalizzato anche l’uso per scopi ricreativi. Al livello nazionale, la maggioranza della popolazione è a favore della legalizzazione federale. Entro il 2024 la cannabis per uso medico sarà legalizzata in tutti gli stati e l’uso per scopi ricreativi sarà consentito in almeno la metà. Lo prevedono la Arcview market research e la Bds analytics, aziende che monitorano il settore della cannabis. Con l’affievolirsi dell’opposizione, l’uso medico si sta diffondendo a macchia d’olio in tutta l’America Latina, e oggi è disponibile in Argentina, in Colombia, in Messico, in Cile, in Perú, in Giamaica e in Uruguay.

Alcuni governi e alcune assicurazioni sanitarie coprono le prescrizioni di cannabis. Quasi 16mila pazienti tedeschi ricevono cannabis per uso medico, nella maggior parte dei casi per dolori cronici e invalidità, e alcuni perfino per disturbi dell’attenzione. Nel 2017 la principale compagnia assicurativa tedesca ha approvato i due terzi delle richieste e ha speso 2,7 milioni di dollari in cannabis. Quest’anno il parlamento europeo ha approvato un provvedimento (non vincolante) per migliorare l’accesso alla cannabis per uso medico. Perfino l’Organizzazione mondiale della sanità desidera per la cannabis un trattamento meno restrittivo che ne riconosca l’utilità medica e renda più facile la ricerca nel settore. La cosa più straordinaria di tutte è l’arrivo della cannabis per uso medico in paesi dove sembra altamente improbabile un allentamento delle leggi sugli stupefacenti, come la Corea del Sud, la Thailandia e lo Zimbabwe.

Tensione internazionale
Nei paesi che accettano l’uso per scopi medici, la facilità di accesso è variabile. I trattati internazionali sugli stupefacenti tecnicamente permettono il consumo di cannabis a scopi medici. Tuttavia l’organo tecnico delle Nazioni Unite che monitora il rispetto dei trattati sugli stupefacenti (Incb), nei suoi report continua a esprimere fastidio, sostenendo che i programmi per la cannabis a scopi medici sono mal regolamentati e consentono la dispersione della droga anche tra consumatori per scopi ricreativi.

L’Uruguay ha fatto da apripista legalizzando la cannabis nel 2013. A far aumentare la tensione internazionale sullo status legale della cannabis è stata tuttavia la riforma in Canada, un membro del G7, che nel 2018 ha legalizzato completamente la droga. Una decisione motivata in parte dall’idea che un commercio legale e regolamentato avrebbe limitato il mercato nero e protetto i giovani che la acquistavano per vie illegali. Secondo Martin Jelsma del Transnational institute, il cambiamento in Canada ha sollevato forti critiche all’interno delle Nazioni Unite. Il paese adesso è accusato di indebolire il sistema di controllo degli stupefacenti. Bill Blair, ministro responsabile della riduzione del crimine organizzato, ammette che il Canada sta violando le regole. “Ma”, afferma, “si tratta di un approccio di principio”.

Le posizioni riguardo a questa droga si stanno ammorbidendo un po’ in tutto il mondo. Molti paesi importanti però, in particolare la Russia e la Cina, continuano a opporsi implacabilmente alla riforma. L’assenza di un consenso globale impedisce la revisione dei trattati sulla droga. Anche le Nazioni Unite sono divise al loro interno. Il Consiglio sui diritti umani e il relatore speciale sugli omicidi extragiudiziali denunciano le violazioni dei diritti umani associate a politiche nazionali rigide per reprimere il consumo di droghe, e l’Organizzazione mondiale della sanità chiede un cambiamento dello status quo. Tuttavia, l’Incb e l’Ufficio per il controllo della droga e la prevenzione del crimine si oppongono al cambiamento.

Potrebbe essere vero che autorizzare la cannabis per uso medico di solito conduce a una più ampia liberalizzazione. Chi resiste però si ritrova a nuotare controcorrente. Il Messico probabilmente legalizzerà la droga quest’anno, il Lussemburgo seguirà subito dopo e potrebbe diventare il primo paese dell’Ue a legalizzare la cannabis per uso ricreativo, e la Nuova Zelanda sta progettando un referendum su questo argomento. È solo una questione di tempo, ma presto sarà messa in discussione la tenuta dei trattati internazionali sugli stupefacenti. Alcuni temono che il sistema legale internazionale in generale risulterà indebolito da quest’ondata di violazioni delle regole. Blair non è disposto ad assumersi la responsabilità di dare al Canada il compito di contribuire a risolvere il problema.

Ottawa potrebbe ritirarsi dalla convenzione. Il governo canadese tuttavia lo ha già escluso. Quando la Bolivia voleva legalizzare la masticazione delle foglie di coca, si è ritirata dalla convenzione e ci è rientrata con “riserva”. Una possibilità che seduce gli specialisti degli intrighi di politica internazionale è che il Canada e altri paesi che hanno infranto le regole diano via a un accordo inter se (tra loro) che gli darebbe la possibilità di modificare i provvedimenti del trattato sugli stupefacenti attualmente in vigore. Perché questa possa diventare davvero un’opzione, il Canada dovrà probabilmente aspettare che il club dei fuorilegge cresca ancora un po’.

Nel Regno Unito la cannabis per uso medico è legale ma è ancora difficile da ottenere senza una costosa prescrizione privata (il bambino Alfie è stato fortunato). Il dilemma è che la cannabis si trova nel bel mezzo di un’insolita terra di nessuno in campo medico: non è autorizzata per la gran parte degli usi per cui la gente la vuole e non è testata in base agli standard che i pazienti di solito si aspettano quando assumono un farmaco. Eppure, tanti paesi stanno facendo progressi. La Francia per esempio prosegue i test clinici su larga scala degli usi medici della cannabis.

L’ambiguo status legale della droga in campo medico proseguirà ancora per diversi anni. Una lunga storia di pregiudizi ha ostacolato la ricerca e ha privato milioni di pazienti dell’accesso a terapie che avrebbero potuto aiutarli. La creazione di medicine regolamentate e approvate dovrebbe compiere dei passi in avanti, ma è solo l’inizio. Paradossalmente, potrebbe accadere che solo con la legalizzazione della cannabis anche per uso ricreativo riusciremo ad avere un quadro completo dei benefici offerti dalla droga e dei rischi che comporta.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.

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