21 ottobre 2019 11:45

L’ultima volta in cui i canadesi hanno votato per le elezioni politiche, nel 2015, la sensazione era di assistere a una battaglia per conquistare l’anima del paese. Stephen Harper, irascibile conservatore proveniente dalla provincia petrolifera dell’Alberta e alla guida del paese per quasi dieci anni, affrontava Justin Trudeau, affascinante capo del Partito liberale. Per i sostenitori di Trudeau la vittoria dei liberali avrebbe aperto la strada a un ritorno di quei valori tipicamente canadesi – tolleranza, apertura e progressismo – che Harper aveva tradito.

Le elezioni in programma il 21 ottobre si annunciano molto diverse dalle precedenti. Gli scivoloni e gli scandali hanno annebbiato l’aura di Trudeau, che oggi invita gli elettori a “guardare al futuro”, nel senso di “non rimuginare troppo sui miei errori” o magari di “lasciare che io costruisca sui progressi che ho già fatto”.

Il principale rivale del primo ministro, il conservatore Andrew Scheer, è un individuo tanto affabile quanto poco entusiasmante. La sua campagna elettorale abbina promesse scontate ad attacchi personali contro Trudeau, accusato di essere “un ipocrita inquinante perché usa due aerei per la sua campagna elettorale”. Gli opinionisti denunciano il fatto che il dibattito elettorale in corso, come la sit-com statunitense Seinfeld, “non parla di nulla”.

Un antidoto contro il populismo
In un certo senso è una buona cosa. Diversamente da altre democrazie, quella canadese non è monopolizzata dal tema dell’identità e della cultura. Scheer ha scelto di non combattere Trudeau parlando di immigrazione e razza, come invece temevano alcuni analisti. Il candidato conservatore accetta i livelli attuali di immigrazione, pur promettendo un giro di vite sui profughi che attraversano a piedi il confine con gli Stati Uniti per chiedere asilo in Canada.

L’anno scorso il governo canadese ha accolto almeno 321mila nuovi residenti permanenti, circa l’1 per cento della popolazione. Scheer non gradisce il matrimonio tra persone dello stesso sesso (in passato ha dichiarato in parlamento che accettare il matrimonio gay è come equiparare la coda di un cane a una delle sue zampe) ma non intende contestarne la legalità.

L’aspetto “seinfeldiano” delle elezioni potrebbe validare la tesi politica di Trudeau secondo cui un forte sostegno alla classe media è un antidoto contro il populismo. Entrambi i candidati promettono sgravi fiscali per la classe media. Se vincerà, Scheer intende moderare la spesa pubblica rispetto a Trudeau, ma difficilmente si allontanerà troppo dal percorso intrapreso dal suo rivale.

Le elezioni diranno se il Canada è un paladino credibile nella battaglia contro il cambiamento climatico

Ma c’è un’eccezione cruciale. Il più evidente disaccordo tra i due candidati riguarda la politica ambientale. Scheer sostiene che la sua priorità come primo ministro sarà quella di cancellare il limite minimo della tassa sulle emissioni di carbonio introdotto dai governi provinciali e federali. Secondo Scheer, il Canada raggiungerà in modo diverso gli obiettivi per il taglio di emissioni di gas serra, che entro il 2030 prevedono una riduzione del 30 per cento rispetto ai livelli del 2005. Secondo i piani di Scheer un “corridoio nazionale dell’energia” dovrebbe trasportare il petrolio dall’Alberta e dalla provincia di Saskatchewan (da cui proviene Scheer) fino alla costa atlantica e a quella pacifica.

Trudeau, invece, ha alzato l’asticella della lotta contro il cambiamento climatico promettendo di portare le emissioni “allo zero netto” entro il 2050. In questo senso la principale conseguenza delle elezioni riguarda la possibilità che il Canada si confermi come paladino credibile nella battaglia contro il cambiamento climatico.

Trudeau può vantare una serie di risultati di orientamento progressista. Nei suoi quattro anni di mandato il Canada è diventato il primo paese a legalizzare la cannabis a scopo ricreativo. Il suo governo ha approvato alcune leggi per consentire il suicidio assistito e ha saputo gestire abilmente lo spauracchio Donald Trump, negoziando insieme al Messico un accordo alternativo al North american free trade agreement (Nafta) e convincendo gli Stati Uniti a rinunciare ai dazi sull’acciaio e l’alluminio.

Corsa a ostacoli
Il primo ministro, inoltre, ha mantenuto la sua principale promessa aiutando la classe media e “quelli che aspirano a farne parte” attraverso il taglio delle tasse e il rafforzamento dei sussidi, tra cui un assegno annuo di 6.600 dollari canadesi (4.500 euro) per ogni figlio. Tra le priorità fissate da Trudeau ci sono altri tagli alle tasse per la classe media e un bando dei fucili d’assalto, anche se in Canada i reati legati alle armi da fuoco hanno un impatto molto ridotto rispetto agli Stati Uniti.

Con un curriculum di questo tipo Trudeau avrebbe dovuto avere la riconferma in tasca e limitarsi a dispensare consigli agli altri leader mondiali su come placare il malcontento della classe media raggiungendo obiettivi progressisti. E invece i suoi errori, abbinati alle alte aspettative che aveva suscitato, hanno trasformato la sua campagna elettorale in una corsa a ostacoli, quando avrebbe potuto essere uno sprint.

I problemi sono cominciati quando Trudeau non ha saputo mantenere la promessa di cambiare le regole elettorali canadesi, d’ispirazione britannica. Le norme attuali assegnano un seggio in parlamento al candidato che ottiene la maggioranza dei voti in un riding (circoscrizione), anche se non riesce a conquistare la maggioranza. Questo sistema maggioritario favorisce nettamente i grandi partiti. Nel febbraio 2017 è arrivata la decisione del governo di abbandonare il progetto di riforma elettorale. “È stata la prima dimostrazione del fatto che Justin Trudeau non è Gesù Cristo”, sottolinea Richard Johnston dell’Università della British Columbia.

Poi ne sono arrivate altre. Ad agosto il commissario per l’etica ha criticato aspramente Trudeau per aver cercato di convincere il ministro della giustizia a interrompere un’indagine per corruzione su Lavalin, un’azienda d’ingegneria con sede in Québec, provincia fondamentale per le prospettive elettorali dei liberali. Dopodiché sono saltate fuori le fotografie con un giovane Trudeau truccato con la faccia colorata di nero (blackface), fonte di grande imbarazzo per il capo di governo più “sensibile” alle ingiustizie razziali.

Via libera alle compagnie petrolifere
Scheer ha approfittato della situazione raccontando agli elettori che il primo ministro non è “quello che vogliono farvi credere”. Lo sfidante di Trudeau ha inoltre insistito sul fatto che un governo conservatore aiuterà i canadesi “a raggiungere il successo”, soprattutto tagliando le tasse. Il paventato “taglio universale delle tasse” dovrebbe ridurre l’imposta più bassa per i redditi inferiori, portandola dal 15 per cento al 13,75 per cento. Inoltre Scheer promette di reintrodurre gli incentivi voluti da Harper per l’attività sportiva infantile e l’uso dei trasporti pubblici, cancellati dai liberali. I musei nazionali, infine, saranno gratuiti. Parte del denaro necessario per introdurre queste misure dovrebbe provenire da una riduzione del 25 per cento degli aiuti per l’estero. I conservatori promettono di aiutare chi vuole acquistare una casa allentando gli stress test per le banche, introdotti per raffreddare un mercato immobiliare surriscaldato.

L’intenzione di eliminare la tassa sulle emissioni di anidride carbonica combina questo programma per “l’accessibilità” al sostegno nei confronti dell’industria petrolifera. Durante il governo dei liberali le province che non hanno un meccanismo per tassare le emissioni sono state sottoposte alle regole federali. Questo ha fissato un prezzo minimo di 20 dollari canadesi (13 euro) per tonnellata di CO2, che dovrebbe aumentare di dieci dollari all’anno fino al 2022, con il denaro raccolto che resterà nelle casse delle province. Attualmente quattro province – Manitoba, New Brunswick, Ontario e Saskatchewan – seguono il sistema federale, e da gennaio l’Alberta si unirà al gruppo. Il piano proposto da Scheer per sostituire il meccanismo corrente è un miscuglio di norme e incentivi. Pochi specialisti ritengono che il pacchetto possa permettere al Canada di raggiungere gli obiettivi fissati con l’accordo di Parigi.

Sul tema dell’ambiente la maggior parte dei canadesi apprezza la preoccupazione di Trudeau più della noncuranza di Scheer. Ma i liberali devono condividere la loro posizione ambientalista con altri partiti, come i Verdi e i Nuovi democratici. Inoltre la stima degli ambientalisti nei confronti di Trudeau si è ridotta sensibilmente dopo la decisione del governo di acquistare un oleodotto che trasporta prodotti petroliferi dall’Alberta alla costa occidentale e di sostenerne l’espansione.

Come il piano di Scheer, anche quello di Trudeau non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi di Parigi, né tantomeno per eliminare le emissioni nette. Piantare due miliardi di alberi, la nuova proposta a effetto di Trudeau, sicuramente non basterà. Ma è altrettanto vero che il primo ministro ha creato una base su cui costruire nel caso fosse rieletto, in parte grazie all’aumento della tassa minima sulle emissioni fino al 2022.

I sondaggi indicano che entrambi i partiti principali possono contare su un terzo dell’elettorato. Gran parte dei restanti elettori si divide tra i Nuovi democratici e i Verdi. Trudeau potrebbe essere avvantaggiato dal fatto che i voti di Scheer sono concentrati nelle province occidentali produttrici di petrolio. Secondo l’istituto di sondaggi Ipsos circa un decimo degli elettori potrebbe decidere all’ultimo momento. In una battaglia così incerta la loro scelta potrebbe essere decisiva. E magari, più che dalla loro opinione sul futuro del Canada, l’esito finale dipenderà dalla loro opinione sul futuro del pianeta.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.

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