18 gennaio 2022 16:50

La maggior parte dell’attività vulcanica di tutto il mondo avviene sott’acqua. Questo non solo perché la maggior parte della superficie del pianeta è sottomarina. Ma perché la tettonica a placche ha posizionato le linee di giuntura là dove la crosta terrestre si crea e si distrugge: nelle profondità dell’oceano. L’attività vulcanica che ne accompagna la creazione è lenta e costante e avviene molto al di sotto delle onde, il che la rende innocua . Quella che accompagna la distruzione è molto più problematica.

L’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai nel regno di Tonga, il 15 gennaio, ha creato un’enorme nuvola di cenere e uno tsunami potenzialmente devastante.

L’eruzione è stata provocata da una subduzione, un movimento nel quale una placca terreste affonda sotto il bordo di un’altra. Le zone di subduzione sono responsabili della maggior parte delle eruzioni più violente del mondo, soprattutto nel cosiddetto “anello di fuoco”– in realtà più simile a un ferro di cavallo – intorno al Pacifico. La fossa delle isole Tonga si trova sulla punta sudoccidentale dell’anello. I suoi vulcani non svettano nel cielo come quelli di Cile, Indonesia o Giappone. Ma possono comunque colpire duramente.

Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, che ha una base di una ventina di chilometri di diametro ed è alto circa 1.800 metri dal fondo del mare, prende il nome dalle due parti del bordo del suo cratere, o caldera, che emergono in superficie: le piccole isole disabitate di Hunga Tonga e Hunga Ha’apai. Un’eruzione cominciata nel dicembre 2014 ha riempito di lava e cenere lo spazio che le separava, unendo le due isole. Una serie di eruzioni, cominciata alla fine dello scorso anno, ha fatto crescere ulteriormente quest’isola ormai unificata.

Nell’eruzione del 15 gennaio una quantità molto maggiore di roccia fusa è uscita dalla camera magmatica sotto la caldera. L’improvvisa depressurizzazione dei gas disciolti all’interno della lava, insieme alla vaporizzazione di grandi quantità d’acqua marina, hanno reso l’eruzione spettacolarmente esplosiva. Una nuvola di cenere ha raggiunto un’altitudine di più di venti chilometri nel cielo. Un sistema globale di sensori gestiti da Vaisala, una società finlandese, ha rivelato che la colonna di cenere sprigionata si è mossa in un turbinio di lampi: circa cento al secondo nel momento di massima attività. L’esplosione era udibile a molte migliaia di chilometri di distanza, e la sua onda d’urto è stata misurata in tutto il mondo. I satelliti hanno mostrato che la polvere sprigionata si è diffusa in un’area di oltre 250 chilometri di diametro, una volta raggiunta la stratosfera. È stato come se al pianeta fosse spuntato un brufolo grande la metà dell’Inghilterra.

Onda d’urto
Strettamente collegata a questa esplosione sopra la superficie sembra essere stata un’implosione al di sotto. Quando un’eruzione svuota una camera di magma, la roccia sopra di essa s’indebolisce. È questo il processo che crea le caldere. L’eruzione del 15 gennaio sembra aver prodotto almeno un collasso parziale; i dati satellitari mostrano che solo una piccola parte di una delle vecchie isole è rimasta al di sopra delle onde. Il collasso ha probabilmente avuto un ruolo nello tsunami che è seguito all’eruzione. La maggior parte degli tsunami è innescata da terremoti; solo il 5 per cento circa di essi è legato ai vulcani. Ma l’onda d’urto generata dal collasso di una caldera può avviarne uno.

Non è ancora chiaro quanti danni abbia provocato l’eruzione. Il 17 gennaio Australia e Nuova Zelanda hanno inviato voli di sorveglianza per valutare la situazione. Le comunicazioni con Tonga sono state scarse. Le immagini satellitari mostrano danni da tsunami a varie strutture vicino alla costa di Tongatapu, l’isola principale del regno, che si trova 65 chilometri a sud del vulcano. Pesanti precipitazioni di polvere vulcanica – centimetri o addirittura decimetri – sono cadute anche sull’isola, mettendo in pericolo le forniture di acqua dolce e altre infrastrutture vitali.

Gli effetti al di fuori di Tonga, però, saranno probabilmente minimi. Alcune grandi eruzioni vulcaniche influenzano il clima iniettando grandi quantità di biossido di zolfo nella stratosfera, generando uno smog di lunga durata di piccole particelle che riflettono la luce del Sole e quindi modificano i modelli meteorologici di tutto il mondo. La quantità di zolfo sprigionata da Hunga Tonga-Hunga Ha’apai sembra troppo bassa per avere un effetto di raffreddamento su larga scala, anche se la sua influenza sulla temperatura e la dinamica della stratosfera dell’emisfero meridionale potrebbero essere abbastanza grandi da suscitare l’interesse degli scienziati.

I geologi hanno trovato prove di simili eruzioni a Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, una delle quali risalente a circa mille anni fa e un’altra a duemila anni fa. In entrambi i casi sembra che ci siano state eruzioni multiple. Ma non vuol dire che succederà necessariamente anche questa volta.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Da sapere
L’emergenza dopo lo tsunami

Secondo il governo di Tonga le vittime dello tsunami sono almeno tre, anche se finora è stato recuperato solo il corpo di una cittadina britannica.

Interi villaggi sono stati spazzati via. Il danneggiamento del cavo di comunicazione sottomarino che collega Tonga alle Fiji – assicurando la connettività digitale tra l’arcipelago e il resto del mondo – ha isolato l’arcipelago. Le operazioni di riparazione non potranno cominciare prima di febbraio.

La marina ha inviato équipe sanitarie con acqua, cibo e tende. Ma anche le scorte d’acqua, e forse anche quelle alimentari, sono a rischio.


Questo articolo è stato pubblicato sul sito dell’Economist.

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