09 maggio 2022 13:20

La potenza del moderno esercito russo avrebbe dovuto mostrare al mondo che il presidente Vladimir Putin aveva riportato il paese alla sua antica grandezza, dopo l’umiliazione del crollo dell’Unione Sovietica. Invece, gli scarsi progressi e le pesanti perdite in Ucraina hanno evidenziato profondi problemi all’interno della Russia. Per coloro che sono minacciati dall’aggressione di Putin, un esercito sminuito è un sollievo. Sfortunatamente, è anche un fatto che spinge una potenza dotata di armi nucleari nella posizione di voler dimostrare qualcosa.

Finora l’invasione dell’Ucraina è stata un disastro per le forze armate della Russia. Secondo il governo britannico circa quindicimila soldati russi sono stati uccisi in più di due mesi di combattimenti. Almeno 1.600 veicoli corazzati sono stati distrutti, insieme a decine di aerei e alla nave ammiraglia della sua flotta nel mar Nero. L’assalto alla capitale, Kiev, è stato un caotico fallimento.

Lev Trotsky scrisse che “l’esercito è una copia della società e soffre di tutte le sue malattie, di solito a una temperatura più alta”. I combattimenti nell’est e nel sud dell’Ucraina determineranno non solo il corso della guerra, ma anche quanto l’esercito russo potrà salvare la sua reputazione. E quella della società di cui è espressione.

Mancanza di fiducia
Un approfondimento pubblicato da The Economist ha illustrato quanto sia inefficiente l’esercito. Il bilancio della difesa russo, con più di 250 miliardi di dollari a parità di potere d’acquisto, è circa il triplo di quello britannico o francese, ma la maggior parte di questa cifra viene sprecata o rubata. Putin e i suoi alti comandanti hanno tenuto gli ufficiali superiori all’oscuro dei loro piani d’invasione, prova di una paralizzante mancanza di fiducia. Le truppe scontente, e con razioni di cibo scadute, hanno disertato i loro veicoli militari. Unità dell’esercito hanno torturato, violentato e ucciso solo per essere elogiate dal Cremlino. La Russia non è riuscita a conquistare il controllo dei cieli o ad abbinare carri armati, artiglieria e fanteria alla sua potenza aerea. Profondamente corrotti, incapaci di promuovere l’iniziativa personale o di imparare dai propri errori, i suoi frustrati generali hanno rinunciato alla dottrina militare avanzata e sono ripiombati in attività come radere al suolo le città e terrorizzare i civili.

Le forze altamente motivate dell’Ucraina sono uno schiaffo diretto a questi fallimenti della Russia. Nonostante siano meno numerose e meno ben armate, hanno resistito all’esercito invasore trasferendo il processo decisionale a piccole unità locali versatili e dotate d’informazioni aggiornate. Anche se l’offensiva militare russa, ormai sotto un unico comando, dovesse guadagnare terreno nel Donbass, lo farà principalmente grazie agli alti numeri dei suoi soldati. La sua pretesa di essere una sofisticata forza moderna è convincente quanto una torretta di carro armato che arrugginisce in un campo ucraino.

Per Putin si tratta di una battuta d’arresto cocente. Questo anche perché, pur controllando una formidabile macchina di propaganda che contribuisce a soffocare le voci critiche, la brutta figura che sta facendo indebolisce la sua posizione in patria. Soprattutto perché l’uso della forza militare è centrale nella sua strategia volta a dare alla Russia un ruolo di primo piano nel mondo.

La Cina, che ha a sua volta delle ambizioni, finora è stata in grado di ottenere risultati usando la sua crescente forza economica e diplomatica

Anche se la Russia è un paese vasto è un’entità politica di medie dimensioni che desidera ancora essere una superpotenza. La sua popolazione si colloca tra il Bangladesh e il Messico, la sua economia tra il Brasile e la Corea del Sud, e la sua quota di esportazioni globali tra Taiwan e la Svizzera. Pur godendo di una certa simpatia in paesi non allineati come il Sudafrica e l’India, il suo soft power è in declino, accelerato dalla sua dimostrazione d’incompetenza e brutalità in Ucraina.

Per colmare il divario tra il suo potere e le sue aspirazioni – e per resistere a quello che considera uno sconfinamento indebito degli Stati Uniti – Putin si è ripetutamente rivolto all’unica sfera in cui la Russia può ancora pretendere di essere un attore di livello mondiale: la forza militare. Negli ultimi 14 anni ha invaso la Georgia e l’Ucraina (due volte) e ha combattuto in Siria. I suoi mercenari hanno combattuto in Libia, nella Repubblica Centrafricana, in Sudan e ora in Ucraina. Putin è un bullo globale ossessionato dalle inadeguatezze del suo paese. Una posizione che contrasta con quella della Cina, che ha a sua volta delle ambizioni, ma che finora è stata in grado di ottenere risultati usando la sua crescente forza economica e diplomatica.

L’umiliazione in Ucraina indebolisce l’ultima pretesa della Russia di ambire allo status di superpotenza. La guerra potrebbe ancora trascinarsi, e nel frattempo la Russia non sarà in grado di organizzare grandi operazioni altrove. Equipaggiamento, munizioni e personale si stanno esaurendo velocemente. Ripristinare la piena potenza delle truppe russe, addestrandole in modo da evitare gli errori in Ucraina, potrebbe richiedere anni. Se le sanzioni dovessero rimanere in vigore, perché Putin è ancora al potere, questo compito richiederà ancora più tempo. I missili russi sono pieni zeppi di componenti occidentali. La fuga all’estero di russi di talento e aperti al mondo peserà sull’economia. E, nel frattempo, meno la Russia potrà far valere la sua potenza militare, meno sarà in grado di nuocere al resto del mondo.

Debolezza e brutalità
Tutti questi elementi sono positivi. Tuttavia l’invasione dell’Ucraina contiene anche lezioni meno rassicuranti. Per prima cosa, mostra che nel perseguimento di questa strategia Putin è disposto a correre rischi che per molti altri – compresi molti russi – non hanno senso. Un ulteriore declino della potenza russa potrebbe portare a un’aggressione ancora più sconsiderata.

Quanto accade in Ucraina mostra anche che nelle future guerre le forze russe, se non potranno prevalere sul campo di battaglia, commetteranno delle atrocità. Un esercito russo più debole potrebbe essere ancora più brutale. Per quanti si troveranno in un mondo in cui si devono fare i conti con l’aggressione russa, si tratta di una prospettiva terribile.

In definitiva, la debolezza potrebbe spingere la Russia verso l’ultimo ambito nel quale è ancora indiscutibilmente una superpotenza: le armi chimiche, biologiche e nucleari. Dall’inizio di questa guerra, Putin e il suo governo hanno ripetutamente brandito la minaccia delle armi di distruzione di massa. Putin è razionale, nel senso che vuole che il suo regime sopravviva, e quindi la possibilità di un loro uso rimane probabilmente scarsa. Ma via via che le forze armate russe esauriranno le opzioni convenzionali, non potrà che crescere la tentazione di un’escalation.

Il messaggio per il mondo intero è che l’opportunismo militare di Putin in Ucraina deve fallire agli occhi dei suoi stessi ufficiali e strateghi, affinché questi ultimi possano temperare i suoi prossimi e testardi piani. Uno stallo nel Donbass non farebbe altro che preparare il terreno per una prossima battaglia, che potrebbe essere ancora più minacciosa di quella di oggi.

Tuttavia, anche se Putin fosse sconfitto, rimarrebbe pericoloso. Il messaggio per la Nato è che ha bisogno di aggiornare la sua dottrina della cosiddetta difesa tripwire (o schieramento di truppe di dissuasione). Questa dottrina si basa sull’idea che il tentativo di Mosca, per fare un esempio, d’impadronirsi di una porzione di territorio degli stati baltici potrebbe avere successo all’inizio, ma scatenerebbe una guerra più ampia che la Nato finirebbe per vincere.

Questa difesa comporta il rischio di errori di calcolo e di escalation, più che mai gravi quando le forze convenzionali della Russia sono deboli. Meglio avere fin dall’inizio una grande forza in prima linea, che la Russia farebbe fatica a sconfiggere. Il modo migliore per essere al sicuro da Putin e dal suo esercito marcio è quello di dissuaderlo totalmente dal combattere.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it