18 novembre 2022 13:00

Il 15 novembre la popolazione mondiale ha superato gli otto miliardi di abitanti. È la stima ufficiale delle Nazioni Unite, secondo cui è “un importante passo dello sviluppo umano” e un richiamo, in piena Cop27, alla “nostra responsabilità condivisa di prendersi cura del nostro pianeta”.

Per l’Onu “questa crescita senza precedenti” – gli abitanti nel 1950 erano 2,5 miliardi – è il risultato “di un allungamento della vita grazie ai progressi realizzati in termini di salute pubblica, di nutrizione, d’igiene personale e di medicina”.

Ma la crescita demografica pone anche sfide problematiche ai paesi più poveri, dove si concentra maggiormente. Sebbene la Terra abbia contato meno di un miliardo di abitanti fino al 1800, ci ha messo solo 12 anni per passare da sette a otto miliardi. Ma un segno del suo rallentamento è che serviranno circa quindici anni per raggiungere i nove miliardi, nel 2037. L’Onu prevede un picco a 10,4 miliardi nel 2080 e una stagnazione fino alla fine del secolo.

Il tetto degli otto miliardi è stato sfondato in piena conferenza mondiale sul clima, la Cop 27 in corso a Sharm el Sheikh, che sottolinea per l’ennesima volta la difficoltà di trovare un accordo tra i paesi ricchi – i maggiori responsabili del riscaldamento globale – e i paesi in via di sviluppo – che reclamano aiuti per affrontarlo – per abbassare in modo più deciso le emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane.

Sfide maggiori
Come ricorda l’Onu, “se la crescita demografica amplifica l’impatto ambientale dello sviluppo economico”, “i paesi dove il consumo delle risorse materiali e le emissioni di gas serra per abitante sono più alti sono generalmente quelli dove il reddito per abitante è più elevato e non quelli dove la popolazione aumenta rapidamente”.

“Il nostro impatto sul pianeta è determinato più dai nostri comportamenti che dal nostro numero”, riassume Jennifer Sciubba, ricercatrice del Wilson center. Ed è proprio nei paesi dove la povertà è già forte che la crescita demografica pone le sfide maggiori. “Gli alti tassi di fecondità che sono alla base di una rapida crescita demografica sono al contempo un sintomo e una causa della lentezza dei progressi in materia di sviluppo”, scrive l’Onu.

L’India, paese di 1,4 miliardi di abitanti, che diventerà il più popolato al mondo nel 2023, superando la Cina, affronterà nei prossimi decenni un’esplosione della sua popolazione urbana in megalopoli già sovrappopolate e con poche infrastrutture di base. A Mumbai circa il 40 per cento della popolazione vive in baraccopoli, sovraffollate e per la maggior parte sprovviste d’acqua potabile, elettricità e servizi sanitari.

Le cifre mondiali mascherano un immenso divario nella crescita demografica. Secondo l’Onu più della metà dell’incremento fino al 2050 sarà registrato in soli otto paesi: Repubblica Democratica del Congo (Rdc), Egitto, Etiopia, India, Nigeria, Pakistan, Filippine e Tanzania. E alla fine del secolo le tre città più popolate al mondo saranno africane: Lagos in Nigeria, Kinshasa nella Rdc e Dar Es Salaam in Tanzania.

(Traduzione di Thomas Lemaire)

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