L’ex leader birmana Aung San Suu Kyi, detenuta dal giorno del colpo di stato militare del 2021, ha ottenuto la grazia parziale dalla giunta militare nell’ambito di un’amnistia generale concessa a oltre settemila prigionieri in occasione di una festività buddista, secondo quanto riferito dai mezzi d’informazione statali il 1 agosto.

Aung San Suu Kyi era stata condannata a 33 anni di carcere per una serie di accuse tra cui corruzione, possesso illegale di dispositivi elettronici e violazione delle restrizioni per la pandemia di covid-19. La grazia, ha però precisato la televisione birmana, riguarderebbe solo cinque delle diciannove condanne a suo carico e, per questo motivo, non è chiaro se il provvedimento le permetterà di essere rilasciata dagli arresti domiciliari in cui si trova.

La premio Nobel per la pace è stata vista in pubblico solo una volta da quando è stata arrestata in seguito al golpe l’1 febbraio 2021. L’ex leader è stata immortalata in alcune foto in un’aula di un tribunale di Naypyidaw.

Elezioni rinviate
La scorsa settimana, Aung San Suu Kyi è stata trasferita dalla sua cella a un edificio governativo. Nel suo nuovo alloggio avrebbe incontrato Ti Khun Myat, presidente dell’Assemblea dell’Unione (la camera bassa del Myanmar), e Deng Xijuan, inviato speciale della Cina per gli affari asiatici. Inoltre, l’11 luglio scorso, il ministro degli esteri tailandese Don Pramudwinai ha rivelato agli altri ministri degli esteri dei paesi membri dell’Associazione delle nazioni del Sudest asiatico (Asean) di averla incontrata personalmente e di averla trovata in buona salute fisica e mentale.

Aung San Suu Kyi è la figlia dell’eroe dell’indipendenza della Birmania Aung San ed è stata messa agli arresti domiciliari per la prima volta nel 1989, in seguito a proteste di massa contro il governo militare. Nel 1991 ha vinto il premio Nobel per la pace per la sua lotta per la democrazia ed è stata rilasciata dagli arresti domiciliari nel 2010. Il suo partito, la Lega nazionale per la democrazia (Nld), ha vinto le elezioni del 2015 e quelle nel novembre 2020.

L’anno successivo, dopo il colpo di stato di febbraio, è stata di nuovo arrestata. Più di 3.800 persone sono state uccise e 24mila arrestate nella repressione dell’opposizione compiuta dalla giunta dopo la presa del potere, secondo un gruppo di monitoraggio locale. Il colpo di stato in Birmania ha fatto precipitare il paese del sudest asiatico in un conflitto che ha provocato 1,6 milioni di profughi, secondo le Nazioni Unite. Destituito il governo eletto, la giunta militare ha imposto lo stato di emergenza, che è stato ripetutamente prorogato, causando un continuo rinvio delle elezioni. L’ultima proroga per i prossimi sei mesi è stata annunciata il 1 agosto e comporterà lo slittamento del voto, che era programmato per agosto.

Lo stato di emergenza, esteso per la quarta volta, consente ai militari di assumere tutte le funzioni di governo, conferendo a Min Aung Hlaing, che guida il consiglio di governo, poteri legislativi, giudiziari ed esecutivi.

Nay Phone Latt, portavoce del governo di unità nazionale (Nug) – un gruppo che si autodefinisce il governo legittimo del paese – ha dichiarato che la misura era prevista. “La giunta ha prorogato lo stato di emergenza perché i generali hanno sete di potere e non vogliono perderlo. Per quanto riguarda i gruppi rivoluzionari, continueremo a cercare di accelerare le nostre attuali attività rivoluzionarie”, ha dichiarato all’agenzia di stampa Associated Press.

I militari definiscono il Nug e il suo braccio armato, le Forze di difesa del popolo, come “terroristi”. Dopo l’annuncio, gli Stati Uniti hanno detto che l’estensione dello stato di emergenza farà precipitare la Birmania “ancora più a fondo nella violenza e nell’instabilità”.

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