07 agosto 2019 12:05

Il 5 agosto l’India ha revocato lo statuto speciale del Kashmir, la regione dell’Himalaya che da tempo è uno dei principali terreni di scontro con il vicino Pakistan, accentuando il suo controllo sull’unico stato della federazione indiana a maggioranza musulmana.

Con la mossa politica dalle conseguenze più pesanti degli ultimi settant’anni, in una delle zone più militarizzate al mondo, l’India ha dichiarato che abolirà la disposizione costituzionale che finora ha permesso allo stato di Jammu e Kashmir di legiferare autonomamente. “Nel Jammu e Kashmir la costituzione sarà applicata integralmente” ha dichiarato in parlamento il ministro dell’interno Amit Shah, mentre i deputati dell’opposizione esprimevano a gran voce il loro dissenso.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha invitato l’India e il Pakistan, che a sua volta rivendica il controllo del Kashmir, ad agire con prudenza. Il dipartimento di stato degli Stati Unti ha dichiarato che sta seguendo da vicino gli eventi e ha espresso preoccupazione per le notizie di arresti.

Disappunto telefonico
I funzionari del ministero degli esteri indiano hanno illustrato ai rappresentanti di vari paesi i cambiamenti introdotti nello statuto amministrativo del Jammu e Kashmir, dichiarando che l’obiettivo è di promuovere una buona attività di governo, la giustizia sociale e lo sviluppo economico.

Delhi ha anche abolito il divieto di acquisto di proprietà immobiliari per i non residenti, aprendo la via agli investimenti e ai trasferimenti dei cittadini indiani, che potranno andare ad abitare nel Jammu e Kashmir come fanno oggi nel resto del paese.

Il Pakistan ha condannato la decisione giudicandola destinata a inasprire ulteriormente le tensioni tra i due paesi rivali, entrambi dotati di armi nucleari. Il primo ministro Imran Khan, parlando al telefono con il premier malaysiano Mahathir Mohamad, ha definito la mossa indiana una “chiara violazione delle risoluzioni del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite” per la regione. E il ministro degli esteri di Islamabad ha aggiunto che “in quanto parte di questa disputa internazionale, il Pakistan ricorrerà a tutte le opzioni disponibili per contrastare le decisioni illegali”.

Arresti preventivi
India e Pakistan hanno combattuto due delle loro tre guerre a causa del contenzioso sul Kashmir, dove migliaia di persone sono morte negli scontri che vanno avanti da trent’anni tra i ribelli e le centinaia di migliaia di soldati indiani mobilitati per sedarla. L’India incolpa il Pakistan di sostenere l’insurrezione, ma Islamabad nega le accuse, affermando di sostenere il diritto all’autodeterminazione del Kashmir.

Prima che l’autonomia del Kashmir fosse cancellata con un ordine presidenziale, il governo indiano aveva lanciato un’operazione di repressione militare nella regione, arrestando i dirigenti locali, sospendendo la copertura telefonica e l’accesso a internet, e limitando la libertà di movimento nella città principale di Srinagar.

L’agenzia di stampa Press Trust of India ha riferito dell’arresto degli ex governatori kashmiri, Mehbooba Mufti e Omar Abdullah, che in passato hanno denunciato l’idea di revocare lo statuto speciale come un tentativo di aggressione rivolto alla popolazione.

Divieto di uscire di casa
Le strade di Srinagar sono rimaste comunque deserte dopo il divieto di uscire imposto dalle autorità, ha dichiarato un fotografo della Reuters, che ha trovato un collegamento telefonico in un ristorante vicino all’aeroporto della città, dove c’è stato un grande dispiegamento di forze, ma nessun segno di protesta.

“Invitiamo tutte le parti ad agire con prudenza”, ha dichiarato il portavoce del segretario generale dell’Onu, Stephane Dujarric, aggiungendo che le truppe di peacekeeping delle Nazioni Unite che sorvegliano il cessate il fuoco tra India e Pakistan nello stato di Jammu e Kashmir “hanno osservato e riferito un aumento dell’attività militare lungo la linea di controllo”.

La votazione del 5 agosto riflette il pugno di ferro che Modi vuole adottare sulla sicurezza nazionale

Anche il portavoce del dipartimento di stato, Morgan Ortagus, ha invitato entrambe le parti a “mantenere la pace e la stabilità lungo la linea di controllo”, e ha aggiunto: “Rileviamo che il governo indiano ha parlato di questa decisione come di come una questione strettamente interna”.

Una fonte governativa a Delhi ha dichiarato che le interruzioni dei collegamenti telefonici e le limitazioni agli spostamenti sono di natura precauzionale, aggiungendo che la situazione dovrebbe tornare alla normalità piuttosto presto.

Il premier indiano Narendra Modi e il suo partito nazionalista indù, il Bharatiya janata party (Bjp), hanno agito per ottenere una mutazione politica radicale in Kashmir già prima di essere rieletti a maggio, affermando che l’autonomia della regione ne impediva la piena integrazione al resto dell’India. “Dal punto di vista politico, è una vittoria per il Bjp”, secondo Happymon Jacob, docente all’università Jawaharlal Nehru della capitale indiana. “L’abolizione dell’articolo 370 della costituzione scatenerà una serie di battaglie politiche, costituzionali e legali, per non parlare di quelle nelle strade del Kashmir”.

La votazione del 5 agosto riflette il pugno di ferro che Modi vuole adottare in merito alla sicurezza nazionale. A febbraio aveva ordinato uno sconfinamento aerei da guerra indiani in Pakistan, in seguito a un attentato contro un convoglio militare indiano che ha provocato diverse in Kashmir ed è stato rivendicato da un gruppo armato con sede in Pakistan, che ha immediatamente risposto con una incursione militare di rappresaglia.

L’eredità della partizione
Introdotte 65 anni fa, le disposizioni costituzionali dell’articolo 370 riservavano alcuni incarichi statali e l’accesso all’università ai residenti del Kashmir, con l’obiettivo, tra le altre cose, di impedire massicci trasferimenti di popolazione da altri stati indiani. Il governo ha anche deciso di dividere lo stato in due territori federali, uno formato dal Jammu e Kashmir, e l’altro che consiste nell’enclave del Ladakh, giustificando la scelta con motivi di sicurezza. Ora che il Jammu e Kahmir è a tutti gli effetti un territorio federale Delhi potrà esercitare un maggiore controllo.

“La giornata di oggi segna il momento più buio della democrazia indiana”, ha scritto su Twitter l’ex governatrice Mehbooba Mufti, agli arresti domiciliari. “Le conseguenze per il subcontinente saranno catastrofiche”.

Il ministro dell’interno indiano ha ordinato di mettere le forze di sicurezza in stato di “massima allerta” ovunque per mantenere l’ordine pubblico e soffocare la circolazione di qualsiasi protesta. Il segretario generale del Bjp, Ram Madhav, ha elogiato l’azioni del governo, parlando di “giornata gloriosa”. Nel Gujarat, stato d’origine di Modi, ci sono state manifestazioni in sostegno del premier.

In Pakistan è esplosa la rabbia nei confronti dell’India, con proteste che hanno toccato la capitale Islamabad e la capitale commerciale Karachi, nel sud. A Muzaffarabad, a 45 chilometri dal confine contestato tra i due paesi, decine di manifestanti hanno esposto bandiere nere e bruciato pneumatici, scandendo slogan come “abbasso l’India”.

Le tensioni erano salite in Kashmir già dal 2 agosto, quando i funzionari indiani avevano diffuso un’allerta sui possibili attacchi da parte di gruppi armati con base in Pakistan. Nonostante il Pakistan avesse smentito queste accuse migliaia di indiani spaventati hanno lasciato la regione nel corso del fine settimana.

Il 3 agosto il premier pachistano Khan ha dichiarato che le tensioni rischiano di trasformarsi una crisi regionale e che è giunto il momento di una mediazione da parte del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

A luglio Trump aveva dichiarato che Modi gli aveva proposto di fare da mediatore nel Kashmir. Ma l’India, da sempre federe alla sua posizione, che prevede che la questione possa essere risolta solo in maniera bilaterale, ha negato che Modi abbia richiesto alcuna mediazione.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Gli autori di questo articolo sono Aditya Kalra, Sanjeev Miglani e Danish Ismail.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it