21 gennaio 2018 09:57

Tutto è cominciato con la pubblicità su Instagram di un cappotto, per la precisione un cappotto lungo da uomo a prova di vento della West Louis. Sembrava un cappotto color cammello dignitoso, non di lusso, ma discreto. Ne stavo proprio cercando uno di quel colore, perciò quando ho visto l’annuncio e il prezzo a due cifre ho pensato: ehi, è un affare!

West Louis sembrava una delle tante piccole aziende di moda che, nel vasto ecosistema pubblicitario di Facebook, mi avevano identificato come uno a cui piace comprare vestiti: Faherty, Birdwell beach britches, Life after denim, qualche capo di biancheria intima di lana, degli stivali.

Il testo di presentazione sul sito era un po’ sopra le righe, perché affermava che “West Louis è l’abbigliamento perfetto per il gentiluomo moderno”. Ma in un mondo in cui una compagnia petrolifera può dichiarare di “alimentare connessioni”, chi sono io per criticare una piccola azienda che ha una prosa un po’ pomposa?

Alcune settimane dopo il cappotto è arrivato in una busta di plastica nera con il timbro della China Post, il servizio postale cinese. Quando l’ho aperta, il materiale del cappotto aveva la morbidezza di un tappeto da casinò di Las Vegas e la lucentezza di una stoffa simile al velluto. Era talmente sintetico che ci si poteva ricavare del carburante per una nave. Tecnicamente era l’articolo che avevo ordinato, ma decisamente più sciatto.

Nei suoi video il concetto della vendita è stravolto. Non importa cosa vende, ma come lo fa

Sono andato sull’account Instagram di West Louis e ho trovato in tutto venti post, pubblicati tra giugno e ottobre del 2017. Erano per la maggior parte di foto di abiti. Facendo una ricerca inversa sulle immagini era chiaro che il cappotto lungo da uomo a prova di vento è in vendita in tutto il mondo su siti diversi. Un’altra felpa che ho comprato attraverso Instagram l’ho trovata identica su almeno quindici negozi online. L’ho comprata su Thecuttedge life, ma avrei potuto farlo da Gonthwid, Hzijue, Romwe, HypeClothing, Manvestment, Ladae Picassa o Kovfee. Ognuno di questi negozi personalizza leggermente la felpa con il suo marchio, ma tutti usano la stessa foto di un modello tatuato con i baffi. Il fatto che una buona percentuale di questi marchi abbia nomi impronunciabili non fa che accrescere l’effetto covfefe della storia.

Questi siti vendono i loro prodotti su Shopify, una specie di Wordpress o Blogger dell’e-commerce che permette di avere un negozio online pronto all’uso. Al momento conta più di 500mila rivenditori, ma il numero è in crescita. Nei giorni di shopping sfrenato precedenti la festa del Ringraziamento facevano milioni di dollari di transazioni al minuto. E Shopify mi ha detto che sulla piattaforma si iscrivono per vendere i loro prodotti soprattutto piccole o medie aziende.

Shopify fa da substrato a un ecosistema che unisce la pubblicità su Facebook al mondo dei produttori asiatici, che vendono i loro prodotti su Alibaba e Aliexpress.

È un mondo del commercio al dettaglio affascinante, una mutazione del capitalismo globalizzato cresciuto tra le crepe del commercio convenzionale.

Ecco come funziona.

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“Ehi, come va?”, urla nella telecamera un ragazzo dal viso giovane e fresco e i capelli castani. Alle sue spalle si vedono due portatili aperti su una scrivania bianca in una stanza bianca. Forse non avrà l’aspetto di un adulto, ma ha già imparato a guardare dritto nella telecamera mentre pronuncia il vangelo dei guadagni facili su internet.

“Oggi farò guadagnare a un negozio su Shopify più di mille dollari”, dice. “Perciò seguitemi mentre porto questo nuovo negozio da zero, letteralmente zero, a guadagnare più di mille dollari nei prossimi sette giorni”. Su YouTube questi video raccolgono centinaia di migliaia di visualizzazioni grazie ai loro consigli su come aprire un’attività di e-commerce.

La loro star è Rory Ganon. Nonostante l’accento irlandese ha una dizione da puro youtuber di Los Angeles. È ripetitivo, sferra colpi rapidi e pronuncia ogni frase con la convinzione tipica della gioventù. A quanto pare vive a Ratoath, una cittadina dormitorio a mezz’ora da Dublino. Nella sua pagina Facebook si descrive come un imprenditore di diciassette anni.

È riuscito a trovarsi un pubblico perché, quando dice che vi mostrerà tutto, vi mostrerà sul serio tutto. Vedrete il suo schermo mentre mette in piedi un negozio online, così tutti potranno farlo da casa. È il Bob Ross dell’e-commerce.

Queste tecniche funzionano sia per lui sia per Gucci. Alcuni rivenditori su Instagram sono marchi seri che realizzano prodotti e hanno dipendenti. Altri sono semplici intermediari di merci cinesi, costruiti in una cameretta e lanciati senza capitali o investitori. Tutti sono nati dalla combinazione tra la pubblicità – su Instagram e Facebook – e una serie di strumenti per vendere prodotti online che ruotano intorno a Shopify.

I prodotti non sono importanti per il sistema, né per Ganon. Quello che vende è secondario rispetto al modo in cui lo fa. Nei suoi video il concetto della vendita al dettaglio è stravolto. È come se spremesse hot dog sul ketchup e la mostarda.

Il suo lavoro consiste nello scegliere fornitori che non conoscerà mai e controllare che spediscano prodotti che non toccherà mai. Deve solo creare della pubblicità che catturi potenziali clienti e ottimizzare un ambiente digitale che li incoraggi a comprare qualsiasi robaccia gli metta davanti agli occhi. E non è il solo a farlo.

Apre il sito, ci butta dentro qualche foto di leoni ed è pronto a partire con un negozio vuoto

Lo studio più approfondito sull’argomento, There’s no such thing as a free watch, è stato condotto dall’artista Jenny Odell. Dopo che un visitatore del museo del capitalismo di Oakland ha portato un orologio “venduto” “gratis” su internet, Odell ha cercato di scoprirne le origini. Era venduto da Folsom & co, una costellazione di aziende quasi identiche che vendono orologi quasi identici. Si contraddistinguono soprattutto per la presentazione piuttosto vaga, e le informazioni che forniscono sul loro conto sono quasi certamente false.

Un altro sito presenta, molto brevemente, il suo presunto fondatore: è un certo Bradley, che “desidera vestirsi bene, ma è convinto che stile ed eleganza non debbano per forza costare molto”. Bradley probabilmente non esiste.

Naturalmente, sottolinea Odell, è così che funziona da sempre il mondo dei marchi: crea storie che gonfiano il valore dei prodotti. I profitti dipendono dalla storia che si riesce a raccontare, e su Instagram le foto con la luce giusta scattate nei bar fanno aumentare il costo dei prodotti, soprattutto se ritraggono una persona con migliaia di follower.

Questi nuovi siti di vendita al dettaglio sono creature che possono esistere solo nell’economia di oggi. Sono un rimaneggiamento dell’infrastruttura che alimenta H&M e Zara. West Louis e Folsom & co sono una nuova interfaccia delle fabbriche asiatiche che producono cose. Se vi imbattete in uno di questi marchi o, più probabilmente, se vi ritrovate di fronte a un loro annuncio pubblicitario, vi si aprirà davanti uno dei tanti volti usa e getta dell’economia globalizzata. Nelle aziende come West Louis le cuciture sono a vista, in senso letterale e figurato.

I video di Ganon sono ancora più affascinanti quando descrivono il meccanismo della pubblicità su Instagram e Facebook. Nel tutorial spiega come trovare una nicchia per i prodotti nel vostro negozio e usa un po’ di termini da facoltà di economia. Al momento di selezionare una nicchia però, la scelta cade sui leoni. Proprio così: leoni, intesi come animali.

Il suo ragionamento, spiega nel secondo video, ha due motivazioni. Innanzitutto, su Instagram ci sono tanti influencer – gli account più popolari – che lui può pagare perché pubblicizzino il suo negozio. In secondo luogo, se usa Audience insights – uno strumento di Facebook – può valutare quante persone sono interessate a un certo prodotto. Digitando lions, “Facebook dice che posso raggiungere ogni mese tra i cinque e i sei milioni di persone attive”, dice. “Se aggiungo wildlife, le persone attive a cui posso far vedere i miei annunci sono 10-15 milioni. Perciò se il mio negozio ha successo, posso far crescere il suo valore di migliaia di dollari al giorno”.

Bene, ha il suo pubblico, adesso gli serve il negozio. Lo chiama Lions Jewel, butta dentro qualche foto di leoni, copia e incolla le formule di rito sulla privacy e i resi, che sono predefinite su Shopify, ed è pronto a partire con un negozio vuoto. Per procurarsi i prodotti si rivolge ad Aliexpress. Visto che non è obbligato ad avere un magazzino, può avviare un’attività praticamente senza capitali. E Aliexpress ha molte aziende disposte a fare dropshipping, o consegna diretta dal produttore, da qualsiasi località di produzione, senza possedere materialmente il prodotto nel magazzino. Ecco perché il mio cappotto aveva il timbro della China Post.

Oberlo, una app che si collega a Shopify, consente di ricevere i prodotti direttamente da Alibaba. Si clicca su un pulsante e una cosa prodotta nell’entroterra della Cina e messa sul mercato a Shanghai diventa un articolo in vendita sul sito web di un ragazzino irlandese. Oberlo sostiene di aver processato 85 milioni di articoli con questo sistema.

Canon cerca qualche oggetto a tema leoni, tra cui quello che secondo le sue previsioni gli farà guadagnare più soldi degli altri: un braccialetto placcato in oro con un leone messo in vendita a zero dollari.

Gli basta fare una ricerca inversa delle immagini per risucchiare i prodotti e clonare il negozio

Ordina i siti ospitati su Shopify in base al traffico con myip.ms e poi scava a fondo sotto i negozi online più popolari, quelli che di solito vendono articoli che producono. In mezzo ai primi mille negozi online ci sono rivenditori di articoli reperiti su Aliexpress e consegnati direttamente dal produttore, perciò se Ganon riesce a scoprire quali prodotti si vendono di più potrà deviare il corso di un po’ di quei dollari. Gli basta fare una ricerca inversa delle immagini per trovare le voci su Aliexpress, risucchiare quei prodotti con Oberlo e in pochi minuti avrà clonato il negozio.

Per la serie dei video si è concentrato solo sui leoni. Dopo aver caricato un po’ di prodotti sul suo negozio, il passo successivo è metterli in mostra. Come prima cosa crea un account Instagram per Lions Jewel e posta una manciata di immagini con un link al suo negozio. Poi sfrutta un account Instagram che posta immagini naturalistiche e negozia un accordo del valore di 20 dollari per portare un po’ di traffico sul suo sito dall’account Instagram di Lion Jewels.

Quando gli utenti arrivano sul sito, c’è un orologio con un conto alla rovescia: li avverte che hanno ancora poco tempo a disposizione per accaparrarsi l’affare del braccialetto gratuito. Ovviamente non è vero. Ma crea quel “senso di penuria”, come lo definisce Ganon, che spinge a comprare. L’orologio è solo un’altra app per Shopify, chiamata Hurrify. Secondo Ganon può aumentare la propensione all’acquisto del 2-3 per cento.

Mentre si fa shopping su siti di questo tipo, di tanto in tanto spunta fuori un pop-up in cui si legge che “Alexis di Oakland ha appena comprato il cappotto lungo da uomo a prova di vento della West Louis”. Il pop-up è una gentile concessione di un’altra applicazione, Sales pop. Canon e quelli che fanno le app sostengono che i pop-up offrono una “prova sociale”, un altro trucco per accrescere il numero delle conversioni. Ci si aspetterebbe che questa applicazione mostri acquisti veri, e in effetti può farlo. Ma può anche mostrare “notifiche personalizzate”, perciò potete creare dei clienti finti che fanno finta di comprare cose. Prendete un bel nome e un posto di tendenza (Londra, Parigi, Città del Messico, Oakland) e la app li combina per creare una “prova sociale” automatica.

Con tutti questi trucchi a scapito dell’utente, alcuni accettano l’offerta del bracciale gratis. Ma anche quelli che non lo fanno, per il semplice fatto di aver vistato il sito, sono etichettati nel sistema di Facebook perché Ganon ha installato un codice di tracciamento standard: adesso Ganon può risegmentare attraverso Facebook le persone che hanno visitato il sito senza comprare niente. E dedica molto tempo a creare e testare annunci che li riportano sul sito per comprare.

Niente di tutto ciò è nuovo nel marketing digitale. In realtà è una pratica piuttosto comune. Usandola in modo così spregiudicato emergono però le assurdità del nostro modello economico. Mi piacciono i leoni, quindi seguo un account Instagram che mostra immagini di leoni, poi l’account posta una pubblicità e io visito una pagina web, a quel punto sono perseguitato ovunque da annunci che pubblicizzano un bracciale con un leone. Tutto questo ti fa rimpiangere i giorni in cui andavi a fare shopping al centro commerciale o compravi la merce sfogliando un catalogo.

Per i suoi siti, Ganon apre anche un blog. Perciò magari per il suo negozio sui leoni potrebbe mettere insieme un po’ di “cose divertenti sui leoni” dando un’occhiata ai contenuti sui leoni più popolari sul sito Buzzsumo. Se visitate quella pagina, lui potrà risegmentarvi.

A questo punto, l’ultimo passo per aprire un negozio in stile Ganon è evadere gli ordini. Questo significa inserire nomi e indirizzi in Aliexpress, così che le aziende cinesi possano spedire la roba. Ganon però non ama perdere tempo a fare cose che non generano un guadagno. “Ci sono solo ventiquatt’ore in una giornata”, scrive in una slide, “perché sprecare soldi per qualcosa che non vi fa guadagnare?”.

Perciò automatizza l’evasione dell’ordine reclutando lavoratori sulla piattaforma UpWork a tre, quattro, cinque dollari all’ora. La settimana scorsa ho fatto una ricerca sulla piattaforma e ho trovato 275 posizioni aperte sotto la categoria “consegna diretta dal produttore”.

Il video di Ganon comincia con la promessa di portare i profitti del suo negozio a mille dollari nella prima settimana. Allarme spoiler: le cose non vanno così. Questo probabilmente perché le cose sono più difficili di come le racconta. Ma stava succedendo anche qualcos’altro. Ganon ha postato i video in tempo reale, perciò quando il primo video ha cominciato a circolare altre persone hanno seguito alla lettera le sue istruzioni e hanno cominciato a creare dei negozi che vendevano bracciali con i leoni. Ops!

A prescindere da quanto possa cambiare la tecnologia, alla fine ricevi ciò per cui hai pagato

In generale, è difficile sapere quanto si può guadagnare con un negozio che gestisce così tanti movimenti. I prodotti di Aliexpress sono economici, ma non sono gratuiti. La pubblicità su Facebook e Instagram è efficace, ma ha dei costi. È molto facile ridimensionare la promessa “Guadagna mille dollari in una settimana!”.

Tuttavia il loro aspetto di entità economiche ipermoderne è affascinante. Sparisce anche il concetto di supply chain, la catena di distribuzione che usa manodopera a basso costo e reti logistiche globali per aumentare i margini di profitto per le aziende. Esistono solo fornitori e interfacce esterne connesse da siti e app di e-commerce.

Questo suggerisce un nome per il fenomeno, un cocktail di capitalismo globale che sfrutta gli strumenti pubblicitari della Silicon valley per fare arbitraggio con merci a buon mercato provenienti dall’Asia: supply cloud, o nuvola di approvvigionamento.

Per tornare al mio cappotto, alla fine non c’era alcun mistero. Costava troppo poco per essere vero e, a prescindere da quanto possa cambiare la tecnologia, alla fine ricevi ciò per cui hai pagato.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è stato pubblicato da The Atlantic.

This article was originally published on The Atlantic. Click here to view the original. © 2017. All rights reserved. Distributed by Tribune Content Agency.

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