L’8 dicembre il consiglio europeo ha trovato un accordo preliminare (proposto dalla commissione europea) su quattro punti che influenzeranno pesantemente le politiche migratorie e i rimpatri nei paesi dell’Unione, tra cui la definizione di “paese sicuro”, che finora ha bloccato il trasferimenti forzati di richiedenti asilo nei centri di detenzione costruiti dall’Italia in Albania.

Il nuovo regolamento sui rimpatri accelera le procedure di espulsione, inasprisce i controlli e contempla divieti d’ingresso per persone considerate “pericolose”. Consente inoltre di stipulare accordi con paesi terzi exraeuropei per trasferire i migranti irregolari e la costruzione di centri di detenzione in paesi non europei, ma gestiti e finanziati dall’Europa.

Inoltre gli stati potranno affidare a paesi non europei l’esame delle domande di asilo, come ha provato a fare l’Italia con l’Albania, senza riuscirci perché fino a ora la procedura era contraria alle leggi europee e infatti i trasferimenti sono stati bloccati dai giudici.

Per chi proviene da stati inseriti nella lista dei “paesi di origine sicuri” saranno previste procedure accelerate per l’esame della domanda di asilo. Questo punto in Italia già è in vigore dopo l’approvazione del cosiddetto decreto Cutro nel 2023.

Infine, secondo i nuovi accordi europei, dal giugno 2026 i paesi ritenuti “sotto pressione migratoria” (cioè Italia, Spagna, Cipro e Grecia) avranno diritto a ricevere un contributo di solidarietà sotto forma di ricollocamenti o aiuti finanziari da parte degli altri stati europei.

I punti principali della riforma

  • Espulsioni semplificate ed estensione della detenzione amministrativa
  • Adozione di liste di “paesi terzi sicuri” e “paesi di origine sicuri”
  • Creazione di un fondo di solidarietà da 430 milioni di euro
  • Piano aggiuntivo per 21mila ricollocamenti
  • Tre possibilità di solidarietà per i paesi membri: ricollocamenti, finanziamenti, misure alternative
  • Cipro, Grecia, Italia e Spagna sono identificati come i paesi europei sottoposti a una maggiore pressione migratoria.

La riforma è successiva al nuovo Patto europeo sulle migrazioni e l’asilo, che entrerà in vigore nel 2026, e include misure di espulsione più ampie e la creazione di “centri per il rimpatrio” per i richiedenti asilo, che possono essere costruiti all’interno o all’esterno dell’Unione europea, come è già avvenuto per l’Italia.

Queste riforme per certi versi provano a imitare le politiche migratorie che il presidente Donald Trump sta attuando negli Stati Uniti e che l’Australia mette in pratica da decenni, molto lontane dall’idea dell’asilo e della protezione dei richiedenti asilo elaborata nel corso dei secoli dalle legislazioni europee. Sono adottate da parte dei governi in un contesto di crescente opposizione alle politiche migratorie e di crescita dei partiti di estrema destra nei paesi europei, che hanno tra le priorità del loro programma un approccio restrittivo all’immigrazione.

“L’accordo è stato raggiunto venendo incontro alle richieste italiane”, spiega Chiara Favilli, docente di diritto europeo. “Non è ancora chiaro quali siano le fonti in base alle quali è stato redatto l’elenco dei paesi sicuri. La lista compilata dagli stati europei non elimina la necessità di controllo sui paesi considerati sicuri. Per le persone che provengono da questi paesi sarà possibile essere trasferite in paesi non europei (per esempio l’Albania o l’Uganda). Ma “non basta che l’Europa dica che l’Egitto è un paese sicuro, per renderlo tale. Questo deve essere verificato”.

È stata fatta una richiesta formale per capire quali siano le fonti su cui si base la definizione di “paese sicuro”, ma per il momento a questa domanda non è stata data risposta e c’è un contenzioso già aperto alla corte di giustizia europea.

“Questa definizione potrebbe essere in contrasto con le convenzioni e con le carte dei diritti umani fondamentali, ma anche con lo stesso regolamento. È lo stesso regolamento infatti a prevedere che i paesi sicuri siano democratici e rispettino i diritti fondamentali delle persone”, commenta Favilli.

Se la riforma andrà avanti, l’Unione europea dovrà fare i conti con una serie di contenziosi e ricorsi giudiziari. “Se le persone saranno trasferite in Albania, sicuramente faranno ricorso e si contesterà che non sono rispettati i loro diritti alla difesa, alla salute e tutte quelle violazioni che già in astratto è possibile immaginare”, conclude Favilli, che sottolinea “il tradimento” dell’Unione europea rispetto alla sua identità giuridica e culturale.

Gianfranco Schiavone, giurista e presidente dell’Ics di Trieste, parla di “una forzatura”, che definisce un paese sicuro sulla base di “una volontà politica” e non su una valutazione accurata delle condizioni sul campo.

Per Schiavone, in parte l’Italia ha ottenuto quello che voleva, cioè l’inserimento nella lista dei “paesi di origine sicuri” di Egitto, Tunisia e Bangladesh, da dove proviene la maggior parte dei migranti e dei richiedenti asilo che arriva sulle coste italiane. “Che l’Egitto e la Tunisia siano considerati sicuri è gravissimo, non sono paesi che hanno un ordinamento democratico, perché sappiamo quali violazioni avvengano in quei paesi”, sottolinea Schiavone. “Questo produce una specie di truffa, non possiamo aggirare la nozione di paese sicuro inserendo dei paesi che sicuri non sono. I giudici devono valutare i casi singoli”, spiega il giurista.

Sono state accolte inoltre anche le due proposte, “enormemente più gravi”, sui “paesi terzi sicuri non europei” a cui affidare le procedure di richiesta di asilo se la persona ha transitato in un paese terzo o se c’è un accordo con un paese terzo, che prevede il trasferimento forzato di richiedenti asilo in centri di detenzione considerati sicuri, questo sarebbe in contrasto con la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, quindi con un trattato internazionale. “Presumibilmente questi accordi saranno stipulati con paesi poveri che in cambio di soldi accetteranno di esaminare le richieste di asilo”, spiega Schiavone. La convenzione di Ginevra infatti implica che gli stati esaminino direttamente le domande di asilo, non possono trasferire i richiedenti asilo in paesi terzi.

“Al momento una proposta del genere, se approvata dal parlamento, potrebbe essere portata davanti alla corte di giustizia dell’Unione europea, perché in contrasto con i diritti fondamentali e con la Convenzione di Ginevra”, spiega il giurista. “Non si possono cedere le persone come se fossero merci”, continua.

Tuttavia per Schiavone, c’è da aspettarsi che il parlamento europeo approvi il piano della commissione e del consiglio, perché “c’è stato un cedimento da parte del gruppo dei Popolari (che in passato avevano posizioni più moderate) e quindi anche i conservatori voteranno insieme all’estrema destra su queste proposte”.

Questo articolo è tratto dalla newsletter Frontiere.

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