20 gennaio 2020 13:03

Le compagnie aeree europee stanno volando dentro a una nuvola di anidride carbonica. Lo European green deal voluto dalla nuova presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen prende di mira con decisione il settore aeronautico. La mossa più ovvia sarà quella di intervenire sulle esenzioni fiscali per il carburante e sull’assegnazione dei “crediti di carbonio” gratuiti. Ma una minaccia ancora più grande arriva dagli ambientalisti.

Oggi le compagnie aeree producono meno del 3 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica. Questo dato però è destinato a crescere con l’aumento dei voli e il passaggio delle centrali elettriche e delle automobili alle energie rinnovabili. A differenza di altri settori, per avere alternative efficienti come i biocarburanti per i jet o gli aeroplani elettrici bisognerà attendere anni, forse addirittura decenni.

Fino ad allora, l’unico strumento di difesa che avranno i manager delle compagnie aeree contro legislatori e attivisti sarà la compensazione della CO2 (in parole povere, pagare per iniziative come la piantumazione di alberi che assorbano l’anidride carbonica).

Un uragano lontano
La promessa della low cost easyJet di stanziare 25 milioni di sterline all’anno in progetti di compensazione è un esempio emblematico. Ma difficilmente questo riuscirà a spuntare le armi verdi di Von der Leyen. È molto più probabile che la presidente costringa le compagnie aeree a pagare le imposte sui carburanti. A oggi questo significherebbe 21 euro in più ogni mille litri di combustibile, pari a un incremento del 5 per cento circa.

Un altro provvedimento potrebbe essere quello di eliminare i crediti gratuiti che le compagnie aeree ricevono in base all’Eu emissions trading system, il sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione europea. Agli attuali 24,60 euro per tonnellata di CO2, questa misura inciderebbe su una compagnia come Ryanair per 114 milioni di euro, il 12 per cento del risultato operativo stimato per il 2020.

Nel 2019 il movimento per il flight-shaming (la “vergogna di volare”) ha contribuito a un calo del 4 per cento dei passeggeri negli aeroporti svedesi, stando ai dati di Swedavia, l’azienda statale che gestisce gli scali. Su scala europea, per le compagnie aeree si tradurrebbe in un bel problema. Con il 5 per cento di tasse sul carburante e niente crediti di carbonio gratuiti, le previsioni di easyJet per il 2020 passerebbero da un risultato operativo di 580 milioni di euro a uno di 465 milioni. Aggiungete il 4 per cento di passeggeri in meno e la cifra precipita a 150 milioni di euro. Ryanair arriverebbe a 437 milioni di euro, meno della metà del risultato operativo previsto.

E con un terzo dei 700 milioni di passeggeri trasportati nel 2018 all’interno dell’Europa, queste due compagnie sono solo la punta dell’iceberg. Proiettando le loro perdite su tutto il settore, si arriva a un crollo di quasi tre miliardi di euro al livello europeo, e a 48 miliardi di euro svaniti nel nulla per quanto riguarda il valore di mercato.

Naturalmente un uragano di questa entità potrebbe anche non scatenarsi, e di sicuro le compagnie aeree passerebbero al contrattacco. Ma con l’aumento delle prove sulla crisi climatica e i costi relativi, il settore appare sempre più vulnerabile.

(Traduzione di Davide Musso)

Questo articolo è uscito sull’agenzia di stampa Reuters.

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