28 febbraio 2020 14:20

Secondo il più vasto studio realizzato finora, la malattia Covid-19, causata dal nuovo coronavirus (Sars-CoV-2), provoca sintomi lievi nell’81 per cento dei casi, come febbre e tosse. Lo studio, condotto dal Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie cinese (Ccdc), ha considerato più di 72mila casi in Cina, di cui 44mila confermati da test genetici, e ha rilevato che i sintomi sono gravi nel 14 per cento dei casi e solo nel 5 per cento sono critici.

Il tasso di letalità (cioè il rapporto tra contagiati e morti) nell’Hubei è in media del 2,3 per cento. Nel resto della Cina sarebbe intorno allo 0,4 per cento (0,7 secondo l’Oms, ma le stime sono ancora approssimative). Per avere un termine di paragone, si stima che l’influenza stagionale abbia di solito una letalità dello 0,14 per cento.

La presenza di patologie preesistenti, frequenti negli anziani, aumenta la letalità che, secondo lo studio, è del 10,5 per cento in presenza di malattie cardiovascolari, del 7,3 in caso di diabete e del 6,3 con malattie respiratorie croniche. Nessuno dei 416 bambini infetti, considerati nel rapporto, è morto. Lo studio dei Ccdc, pubblicato online dal Journal of American Medical Association, ha indicato anche un rischio elevato per il personale sanitario.

Come procede l’epidemia?
I nuovi contagi in Cina sono in calo, ma non si può escludere la comparsa di nuovi focolai nel paese. L’aumento dei casi nel resto del mondo, in particolare in Italia, Iran e Corea del Sud, “dimostra che la finestra di opportunità che abbiamo di contenere il virus si sta chiudendo”, ha dichiarato il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Ghebreyesus.

Il focolaio in Iran ha portato a ulteriori contagi in Iraq, Oman e Bahrein. Segnalati casi anche in Algeria, Egitto, Libano, Oman, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Israele. Il focolaio italiano in Lombardia è stato collegato a diverse infezioni in altri paesi europei, tra cui Austria, Croazia, Grecia, Macedonia del Nord, Spagna e Svizzera. La Francia registra una quarantina di contagi, solo alcuni riconducibili all’Italia. Due pazienti anziani che avevano partecipato a un viaggio organizzato in Egitto sono attualmente ricoverati a Brest e a Digione.

In Germania, circa mille persone sono state messe in quarantena nel distretto di Heinsberg, nella parte occidentale del paese, vicino al confine olandese. La misura è stata annunciata dopo che una coppia positiva al virus ha partecipato alle feste di carnevale questo fine settimana. Nella zona sono stati rilevati venti casi di Covid-19, portando a 53 il numero di casi a livello nazionale.

Gli Stati Uniti, che finora hanno avuto solo episodi di contagio circoscritti, si preparano all’emergenza: i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc) si aspettano la diffusione del virus nel paese e chiedono a ospedali, aziende e scuole di cominciare a prepararsi. In America Latina, il Brasile ha confermato il primo caso di contagio, anche questo legato all’Italia. Altri cinque sono sotto osservazione. La Nigeria ha registrato la prima infezione dell’Africa subsahariana.

L’Oms non ha dichiarato la pandemia, ma avverte che l’epidemia ha raggiunto “un punto decisivo”. Secondo Ghebreyesus, “ci troviamo in una situazione molto delicata in cui l’epidemia può andare in qualsiasi direzione, in base a come la gestiamo”.

Per ora, ogni paese sta prendendo le misure giudicate più adatte alle situazioni specifiche. Il Giappone e l’Iraq hanno ordinato la chiusura delle scuole, una misura già adottata in Cina. L’Arabia Saudita non consente ai pellegrini stranieri di entrare nel paese. L’Iran ha esortato i cittadini a evitare i viaggi interni non indispensabili e ha cancellato le preghiere del venerdì a Teheran e in altre città. L’Australia ha esteso fino al 29 febbraio il divieto d’ingresso a chi viene dalla Cina continentale. Introdotta il 1 febbraio, la misura doveva inizialmente durare fino al 14 febbraio.

La Russia ha annunciato che imporrà nuove restrizioni d’ingresso ai cittadini iraniani e ai viaggiatori che arrivano dalla Corea del Sud con l’aereo. Mosca aveva già adottato misure drastiche contro la Cina, vietando l’accesso al suo territorio ai cinesi e chiudendo i suoi 4.250 chilometri di confine comune.

La difficoltà di tracciare i contagi
Un gruppo di epidemiologi dell’Imperial college di Londra, che ha incrociato i casi rilevati e confermati dai singoli paesi con il traffico aereo, stima che finora non siano stati individuati circa i due terzi dei contagiati che viaggiano per il mondo. Per esempio l’Iran ha denunciato 250 casi, ma visto che due persone arrivate di recente in aereo in Canada e in Libano dall’Iran sono risultate infette, a meno che chi esce dal paese è più colpito di chi rimane, statisticamente i casi devono essere molti di più. I contagi iraniani preoccupano anche perché l’Iran ha molti scambi con paesi come l’Afghanistan, l’Iraq e il Pakistan, che hanno sistemi sanitari deboli.

La Corea del Sud non è riuscita a stabilire la fonte di molti dei suoi 1.261 casi, così come l’Italia. Un certo numero di contagi non tracciabili è stato registrato in almeno altri sette paesi. Tracciare l’origine dei contagi è importante per contenere la diffusione del virus.

Dal contenimento alla mitigazione
Una volta che un virus si è diffuso in più comunità, oltre a tentare di contenere il contagio a partire dai singoli focolai, vengono adottate misure di mitigazione dell’epidemia che mirano non tanto a bloccarla, spiega New Scientist, quanto a rallentarne il corso, anche per evitare il collasso del sistema sanitario. Provvedimenti come la chiusura delle scuole, l’annullamento di eventi di massa e altre misure di distanziamento sociale sono già stati presi da alcuni paesi.

La tutela del sistema sanitario
Distribuire i casi nel tempo può aiutare a gestire un focolaio, spiega sul New York Times l’esperto di malattie infettive statunitense Michael T. Osterholm. Un aumento consistente e improvviso dei casi può travolgere anche i sistemi sanitari più solidi, rischiando di compromettere la gestione del normale carico di pazienti con altre patologie. Per questo, continua Osterholm, per mitigare l’epidemia la priorità dovrebbe essere proteggere gli operatori sanitari. Anche per evitare che gli ospedali diventino luoghi di contagio (come è successo in Italia) invece che di contenimento.

Canali aperti per i farmaci
Le catene di produzione e distribuzione di farmaci e altri prodotti vitali come aghi e siringhe dipendono dalla cooperazione internazionale. Anche per questo l’Oms raccomanda di non isolare i paesi colpiti. L’isolamento rischia di essere controproducente. Per esempio, molti degli ingredienti attivi dei farmaci generici salvavita vengono dalla Cina e dall’India.

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