06 agosto 2017 10:11

Tra Elon Musk e Mark Zuckerberg è in corso un acceso dibattito sull’ipotesi che l’intelligenza artificiale possa diventare una forza distruttrice. Musk, il capo della Tesla e della Space X che da tempo si preoccupa per il futuro potenzialmente apocalittico annunciato dall’intelligenza artificiale, è tornato sull’argomento, lanciando un appello per avere regole che affrontino in maniera più attiva la questione. “Continuo a suonare il campanello d’allarme”, ha detto alle persone presenti a un incontro dell’Associazione nazionale dei governatori che si è tenuto a luglio. “Ma finché non vedono i robot che scendono in strada a uccidere le persone, le persone non sanno come reagire”.

Zuckerberg, capo di Facebook, ha fatto avere la sua risposta nel corso di una trasmissione di Facebook Live, definendo Musk una persona che dice sempre no e accusandolo di diffondere paure apocalittiche e inutilmente cupe. “La realtà è che, in un certo senso, trovo la cosa piuttosto irresponsabile”, lo ha rimproverato Zuck. Musk ha poi replicato su Twitter: “Ho parlato con Mark della cosa. La sua comprensione della materia è limitata”.

Gli interessi in gioco per Musk
Vedere gli amministratori delegati di due aziende tecnologiche quotate in borsa azzuffarsi in questo modo è un fatto inedito. Le provocazioni aperte tra figure pubbliche sono normalmente riservate alle personalità da rotocalco o alle celebrità più litigiose. Ma dopo tutto siamo nel 2017, un’epoca in cui il presidente cerca di governare via Twitter, ed è necessario modificare i propri parametri. Rapper e stelle dei reality litigano perché la loro prosperità è direttamente legata alla loro immagine pubblica. E oggi questo vale anche per i dirigenti d’azienda. Lo scontro tra Musk e Zuckerberg non riguarda le idee. Sono le loro identità personali a scontrarsi, al fine di favorire i loro futuri interessi.

Ho scritto in passato che l’espressione “intelligenza artificiale” è ormai così abusata da aver perso ogni significato. Come giàaccaduto per “algoritmo”, esperti di tecnologia, imprenditori e giornalisti maneggiano il concetto come una bacchetta magica che trasforma dei normali software e dispositivi informatici in meraviglie in grado di salvare (o di distruggere) il mondo. E vista la lunga tradizione di meraviglia e paura che l’intelligenza artificiale ha nella fantascienza, le persone sono spinte a credere che essa produrrà risultati utopici o distopici.

L’intelligenza artificiale è uscita dall’orbita dell’informatica, e perfino della fantascienza, ed è diventata una formula politica astratta

Quando un termine possiede una gamma così vasta di possibili significati, è facile che ciascuno gli attribuisca quello che preferisce. Lo stesso vale per “disruption” e “fake news”. L’espressione “cambiamenti climatici” oggi la usa sia la sinistra sia la destra per scopi diversi. Il sondaggista repubblicano e specialista delle “formule politiche” Frank Luntz l’ha sostenuto, preferendola a “riscaldamento globale”, presso l’amministrazione di George W.Bush, poiché suonava meno minacciosa. In fondo il cambiamento può essere positivo, è stato il suo ragionamento.

L’intelligenza artificiale è uscita dall’orbita dell’informatica, e perfino della fantascienza, ed è diventata una formula politica astratta. Quando le usano figure influenti come Musk e Zuckerberg, queste formule hanno una funzione perlocutoria: definiscono la personalità di chi le pronuncia.

Per quanto riguarda le personalità specifiche, quella di Musk è più facile da caratterizzare. Da tempo viene paragonato a Tony Stark, l’immaginario imprenditore e alter ego di Iron Man nel fumetto della Marvel. Dopo che Musk ha venduto la sua prima azienda di servizi di pubblicazione online, chiamata Zip2, alla AltaVista per 307 milioni di dollari nel 1999, è stato tra i cofondatori della X.com, poi ribattezzata PayPal e venduta a eBay per 1,5 miliardi di dollari nel 2002.

Il partner di Musk in Paypal, Peter Thiel ha usato i guadagni per lanciarsi nell’investimento venture. Musk ha invece deciso di fabbricare razzi spaziali e così è nata la SpaceX. Le sue successive iniziative, come le automobili elettriche e autonome Tesla, il produttore di pannelli solari SolarCity, il progetto di trasporto in capsula Hyperloop e la nuova e connessa azienda di perforazione tunnel, The Boring company, sono tutte invenzioni infrastrutturali degne di Tony Stark.

Come ha recentemente notato lo statistico Mark Palko, Musk ha un interesse concreto a conservare la sua personalità da alter ego di Tony Stark. Quando amplifica scenari futuristici su automobili senza guidatore, trasporto sotterraneo, computer innestati nel cervello o colonie marziane, rafforza il valore attuale e futuro delle sue diverse iniziative imprenditoriali.

Definire l’intelligenza artificiale una minaccia alla sopravvivenza serve ai suoi interessi. Se le macchine intelligenti dovessero togliere agli esseri umani il loro primato sul controllo del mondo naturale e artificiale, allora servirebbero delle soluzioni industriali per fermarle. Anche se la minaccia di un’apocalisse robotica è improbabile, Musk ha dei buoni motivi per invocare degli aggressivi piani d’emergenza.

Le rappresentazioni di Zuckerberg
È difficile trovare un personaggio dei fumetti che corrisponda alla personalità imprenditoriale di Zuckerberg (Peter Parker? Reed Richards?). Ma al contrario di quanto accade per Musk, gli affari e gli interessi personali di Zuckerberg si muovono su un piano più ideale che materiale. La sua unica creatura commerciale è Facebook, un’azienda dal successo straordinario che si occupa interamente di testi, immagini, filmati e suoni digitalizzati. Si tratta di rappresentazioni, vale a dire idee e concetti, più che di beni materiali.

Quando Zuckerberg si è spinto oltre queste rappresentazioni immateriali, l’ha sempre fatto per dominare il mercato creando nuove opportunità per la creazione e la diffusione di simboli. L’acquisto di Instagram e WhatsApp da parte di Facebook ne è un esempio. E l’importante acquisizione di Zuckerberg nel campo dell’hardware, il produttore di cuffie da realtà virtuale Oculus, rappresenta un nuovo territorio per l’esperienza virtuale, non un nuovo strumento per rimodellare città, continenti o lo spazio.

Quando personaggi come Musk e Zuckerberg parlano d’intelligenza artificiale danno voce alle loro strategie individuali e aziendali

Da questo punto di vista, un software è sempre un territorio amico e favorevole, o perlomeno addomesticabile. Zuckerberg può contare su milioni di utenti e milioni d’inserzionisti pubblicitari che vogliono farne parte. Il terrore per il futuro dei computer non fa altro che allontanare queste persone comuni dal rassicurante futuro che lui spera di consegnare loro.

Zuckerberg l’ha imparato sulla sua pelle, con la sua dimostrazione di un sistema di intelligenza artificiale fai da te per la sua abitazione, da lui rinominato Jarvis, che è stato accolto con sarcasmo e derisione. La sua recente tournée tra luoghi e persone ordinarie degli Stati Uniti mostra fino a che punto abbia capito la lezione. Zuckerberg è sempre determinato a rafforzare l’immagine dei computer come una forza amica, o perlomeno innocua, nelle nostre vite quotidiane.

Il che è vero soprattutto alla luce dell’indiscutibile impatto che Facebook ha avuto sulle elezioni del 2016. Un elemento non esattamente positivo, ma che Zuckerberg sembra comunque aver disinnescato abilmente. È per questo che ama dirsi “ottimista” nei confronti dell’intelligenza artificiale. Una posizione diversa significherebbe suggerire che i computer sono intrinsecamente pericolosi. Questa paura, per quanto ipotetica, ha conseguenze potenzialmente funeste per il futuro personale e aziendale di Zuckerberg.

Idee e apparati
Quando personaggi come Musk e Zuckerberg parlano d’intelligenza artificiale, non stanno davvero parlando di quello: non di quella che, se implementata nei software, negli hardware o nei robot, potrebbe essere fonte di orrori o di meraviglie indicibili. Stanno in realtà parlando di parole e di idee. Stanno dando una forma alle loro speranze, ai loro sogni e alle loro strategie individuali e aziendali. E dato il legame personale che Musk e Zuckerberg hanno con le aziende che guidano, e quindi col destino di tali aziende, utilizzano questi loro ragionamenti per rafforzare il sostegno dei futuri investitori, politici e persone comuni.

In questo senso, è difficile non avere un debole per il materialismo di Musk. In un’epoca in cui quasi tutto è diventato intangibile, prendendo la forma di elettroni e finendo consumato tramite schermi piatti, lanciare razzi nello spazio, scavare trafori, colonizzare pianeti e sfruttare l’energia solare appaiono come un sollievo.

Ma il fatto che la stessa intelligenza artificiale sia un’idea, più che una serie di apparati, suggerisce che possa essere Zuckerberg ad avere la meglio. Anche se potrebbe rivelarsi poi necessario modificare il mondo fisico per fare sì che la vita umana continui a essere sostenibile, credere in questo valore prende il via da un concetto, non da una macchina.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato da The Atlantic.

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