23 maggio 2022 16:23

La sera del 21 maggio, alla chiusura dei seggi, la maggior parte dei commenti si concentrava sulla deprimente campagna elettorale appena conclusa, nella quale entrambi i grandi partiti avevano evitato qualsiasi confronto sostanziale su temi politici, concentrandosi invece sul tentativo di screditare il leader avversario.

Anche i migliori esperti della politica australiana si aspettavano un ribaltamento dell’ultima composizione parlamentare, con un Partito laburista australiano (Alp) in grado di ottenere abbastanza seggi da formare una risicata maggioranza e con un aumento di uno o due seggi per gli indipendenti. Come abbiamo scoperto in seguito, queste previsioni erano sbagliate. Il Partito liberal nazionale (Lnp) ha perso molti “gioielli della corona” a beneficio delle forze ecologiste, ovvero i Verdi e il partito degli indipendenti (soprannominati “verde acqua” perché uniscono una politica fiscale conservatrice a un programma attento alla crisi climatica).

Questo significa che il nuovo governo laburista dovrà affrontare una sfida sul clima diversa da quella preventivata: anziché evitare di fare concessioni eccessive agli storici avversari, i laburisti dovranno trovare il modo di adottare politiche climatiche più ambiziose. Per il governo sarà impossibile utilizzare la leva più efficace (una tassa sulle emissioni di anidride carbonica) perché i liberali sono riusciti ad avvelenare irrimediabilmente il dibattito sull’argomento. Ma esistono altri modi per accelerare la transizione dell’Australia verso un’energia più pulita e verde, a cominciare dagli investimenti pubblici in progetti eolici e fotovoltaici su larga scala.

I prossimi tre anni saranno molto difficili dal punto di vista sia economico sia politico, ma la svolta sancita dalle elezioni ha aperto la strada verso un cambiamento altrettanto radicale nella politica climatica. Se le misure adottate saranno abbastanza coraggiose ci aspetta un futuro luminoso.

Un tema cruciale
Il percorso verso la vittoria seguito dal Labor è stato inconsueto. Il partito, infatti, governerà il paese nonostante un voto alle primarie sceso ai minimi dal dopoguerra, ben al di sotto delle disfatte del 1996 e del 1975.

Al di fuori dell’Australia occidentale (dove il risultato è stato determinato soprattutto dal successo della politica anticovid del governo di Marc McGowan), il Labor ha sostanzialmente confermato i numeri che aveva in precedenza.

La grande sorpresa delle elezioni è stata la perdita da parte dei liberali di una serie di seggi considerati sicuri, conquistati dai Verdi e dagli indipendenti. Tutti i candidati vincitori in questi seggi hanno basato la loro campagna soprattutto sul cambiamento climatico, un tema che i grandi partiti e buona parte dei mezzi d’informazione avevano deciso di accantonare in quanto troppo pericoloso e divisivo.

Durante la campagna elettorale si è parlato della possibilità di un parlamento bloccato, e per questo motivo entrambi i grandi partiti avevano promesso (con scarsa credibilità) che non avrebbero mai stretto un’alleanza con i Verdi o con gli indipendenti per garantirsi la possibilità di governare. Realisticamente uno scenario possibile sembrava quello in cui il Labor potesse offrire un programma leggermente più ambizioso sui temi climatici per facilitare la creazione di un governo di minoranza.

In retrospettiva è evidente che il presupposto di quelle analisi era una conferma del consueto meccanismo politico in Australia: un sistema bipartitico in cui un manipolo di interdipendenti aveva occasionalmente un ruolo cruciale nella formazione di una maggioranza. Tutti i commenti alla vigilia delle elezioni hanno dato per scontata la conferma di questo scenario. Gli indipendenti erano considerati una potenziale minaccia per un paio di liberali nei collegi urbani, mentre i Verdi sono stati sostanzialmente ignorati.

Il Partito laburista dovrà trovare il modo per soddisfare le rivendicazioni sul clima chiaramente espresse dagli elettori

E invece il sistema ha subìto una scossa di enormi proporzioni. L’Australia ha radicalmente cambiato la propria scena politica. I presupposti legati al sistema basato su due partiti non esistono più. Anche se il Labor può contare sulla maggioranza, è difficile che possa confermarla alle prossime elezioni, anche perché le circostanze economiche che il prossimo governo dovrà affrontare saranno proibitive. Per quanto riguarda i liberali dell’Lnp, a meno di riuscire a riconquistare alcuni seggi persi a beneficio dei Verdi e degli indipendenti, non avrà alcuna possibilità di formare un governo alle prossime elezioni, e questo anche se ottenesse una netta vittoria sui laburisti nei seggi tradizionalmente più competitivi.

La sfida per il Labor sarà quella di adattarsi a questo nuovo mondo. Il partito dovrà trovare il modo per soddisfare le rivendicazioni sul clima chiaramente espresse dagli elettori, tra l’altro dopo aver escluso tutte le opzioni più ovvie durante la campagna elettorale. Il nuovo leader dell’Lnp, invece, avrà il compito poco invidiabile di riconquistare le aree interne perse, cercando al contempo di placare un partito dominato da negazionisti del cambiamento climatico e “tifosi” del carbone.

Dopo aver escluso la possibilità di una tassa sulle emissioni, il Labor dovrà mostrarsi molto più aggressivo con il meccanismo ereditato dall’Lnp, che di per sé non sarà lontanamente sufficiente.

La necessità reale è quella di promuovere una rapida crescita dei progetti eolici e fotovoltaici su larga scala e un impegno molto maggiore per agevolare la transizione verso i veicoli elettrici. La soluzione potrebbe passare in parte dagli investimenti pubblici, seguendo il modello CleanCo del Queensland, o da un maggiore utilizzo dei finanziamenti agevolati attraverso la Clean energy finance corporation e la nuova Rewiring the nation corporation. L’attrattiva politica di questo approccio sta nel fatto che le due agenzie sono esterne al bilancio, dunque la spesa non andrebbe a influire su un debito pubblico che nei prossimi subirà gli effetti delle misure antipandemia.

La democrazia, per quanto imperfetta, funziona grazie alla possibilità di cambiamento, e queste elezioni ci hanno dimostrato che il sistema politico può cambiare. Ora bisognerà applicare la politica – l’arte del possibile – alla missione di modificare i nostri sistemi energetici, abbandonando i combustibili fossili e sposando l’energia pulita. Non abbiamo mai avuto un’occasione migliore.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è stato pubblicato da The Conversation.

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