26 ottobre 2018 11:49

Tom trascorreva le sue giornate da impiegato due piani sotto terra, negli scantinati della Lloyds Bank. Lavorava negli uffici per le transazioni con l’estero dalle 9.15 del mattino alle 5.30 del pomeriggio, tutti i giorni, e nei momenti liberi tra un rendiconto finanziario e un bilancio, scriveva.

Tom era noto al mondo come T.S. Eliot. Quando cominciò a lavorare come impiegato, nel 1917, la sua poesia più famosa, Il canto d’amore di Alfred J. Prufrock, era già stata pubblicata e acclamata dal pubblico. Nonostante lo stipendio da impiegato di banca, però, quello che è stato definito il più grande poeta del ventesimo secolo faticava a far quadrare i conti. Riceveva soldi dai parenti per comprare biancheria intima e pigiami e l’angoscia per la sua situazione economica gli provocava degli esaurimenti nervosi.

La poesia è sempre stata una forma d’arte, ma raramente riesce a diventare una vera carriera anche per i poeti più leggendari. William Carlos Williams era un medico. Wallace Stevens era un assicuratore. Charles Bukowski ha fatto i lavori più disparati, compreso il lavapiatti, il camionista, il benzinaio e l’impiegato in un ufficio postale. I poeti sono sempre stati divisi tra due doveri urgenti: guadagnarsi da vivere e fare arte.

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Il caso di Rupi Kaur può essere studiato per capire quant’è cambiato il mondo della poesia. Due anni fa la poeta canadese, 25 anni, ha venduto più di Omero: la sua prima raccolta, Milk and honey. Parole d’amore, di dolore, di perdita e di rinascita, è stata tradotta in quaranta lingue e ha venduto 3,5 milioni di copie, rubando all’Odissea il primo posto nella classifica dei poemi più venduti di sempre.

Le cose non sono andate sempre così per Kaur. Ha cominciato la sua carriera postando i suoi lavori su Tumblr nel 2012, poi è passata un po’ alla volta su Instagram, ma non guadagnava abbastanza. “Pensavo che con la poesia non avrei mai potuto pagare l’affitto”, ha detto. Poi nel 2014 ha pubblicato Milk and honey e nel 2016 il libro è entrato nella classifica dei bestseller del New York Times. A quel punto Kaur ha pensato: “Questa cosa non si ferma, diventa sempre più grande. Forse posso vivere di poesia”. Il suo successo non sembra rallentare. Nell’ultimo anno è stata ospite di Jimmy Fallon, è entrata nella classifica delle trenta persone di successo sotto i trent’anni stilata da Forbes e ha registrato il tutto esaurito nel suo World tour de force in India e nel Regno Unito.

Dalla pubblicazione di Milk and honey, il genere della poesia ha segnato l’incremento più consistente nel mercato editoriale. Secondo una società di ricerche di mercato, dodici dei venti poeti che hanno venduto di più nel 2017 erano instapoet, poeti che condividono le loro opere su Instagram; quasi la metà dei libri di poesia venduti negli Stati Uniti l’anno scorso è stata scritta da instapoeti. Quest’anno secondo un sondaggio condotto dal National endowment for the arts e dall’Ufficio per il censimento degli Stati Uniti, 28 milioni di americani leggono poesie: è la percentuale più alta degli ultimi vent’anni. L’editrice di Kaur, Kirsty Melville, ha detto: “Un tempo i libri di poesie finivano in fondo alle librerie o vicino al bagno, mentre ora sono in bella vista sugli scaffali. E questo fa aumentare le vendite di tutta la poesia, anche la classica e la contemporanea”.

L’ascesa dell’instapoet non è cominciata con Rupi Kaur. Nel 2013 Melville ha notato su internet una poeta cambogiana-australiana di nome Lang Leav e le ha chiesto di firmare un contratto con la sua casa editrice, la Andrews McMeel. Il libro Love & misadventure ha venduto più di 150mila copie.

Cinque anni dopo il mondo della poesia è stato attraversato da una miriade di altre stelle dei social. Le parole di Cleo Wade, 29 anni, nota per i suoi mantra suggestivi – “Vuoi amore? Sii amore. Vuoi luce? Sii luce” – sono finite sui manifesti di Los Angeles e Times Square. Atticus, che indossa una maschera per tenere nascosta la sua identità, può annoverare tra le sue fan Emma Roberts, Alicia Keys e Karlie Kloss; il suo tour autunnale lo vedrà impegnato in dodici spettacoli in diverse città degli Stati Uniti e del Canada. R. M. Drake, che ha cominciato a condividere i suoi versi nel 2011 usando Tumblr e DeviantArt, ha quasi due milioni di follower su Instagram; ha anche pubblicato dodici libri, molti dei quali sono diventati dei bestseller internazionali.

Nel 2010 l’editore della rivista n+1 Chad Harbach aveva scritto che in America esistono due culture letterarie distinte e contrapposte: il percorso istituzionale e orientato dalla formazione universitaria in discipline artistiche e il mondo editoriale che ruota intorno a New York. Adesso però esiste una terza possibilità: la cultura di internet, veloce, democratica e connessa. I poeti di questa terza categoria spesso hanno una scarsa istruzione formale e i loro editori sono sparpagliati in tutto il paese. La Andrews McMeel, per esempio, è una casa editrice indipendente nel Missouri. I social sembrano aver abbattuto i muri che circondavano un settore a lungo ritenuto intellettuale, esclusivo, esoterico e governato dalla tradizione, aprendolo ai giovani poeti che esercitano un grande fascino, che in molti casi sono donne e spesso non sono bianche.

Usando Instagram come strumento di marketing, i poeti dei social network non sono solo artisti, ma anche imprenditori. La loro fonte di guadagno principale sono ancora i libri e gli eventi dal vivo, ma è grazie a Instagram che creano queste opportunità di lavoro. Kaur ha raccontato che per lei la poesia somiglia alla “gestione di un’azienda”. In una sua giornata tipo può scrivere tutto il giorno, viaggiare in tournée o magari, cosa inedita per un poeta, trascorrere del tempo in ufficio con la sua squadra per supervisionare operazioni e gestire progetti.

In un posto dove il cibo, i viaggi e la moda sono idealizzati, la poesia offre altri obiettivi a cui aspirare

Una volta costruito i loro minibrand personali, i poeti possono aumentare i guadagni vendendo i loro prodotti su internet. Alcuni vendono gadget come tazze con i loro versi o immagini di poesie scritte con la macchina da scrivere e racchiuse in cornici simili a teche. Sul sito di Atticus c’è un negozio, l’Atticus collective, dove i clienti possono comprare prodotti con le parole del poeta, da un enorme poster a 35 dollari a un “talismano” da 174 dollari.

La fama di questi poeti li rende appetibili per altri marchi, aprendo nuove e importanti opportunità di mercificare le loro parole. La poesia di Cleo Wade è stata usata nelle pubblicità di Gucci, ricamata sulle scarpe da tennis Nike e disegnata su piatti in vendita nelle boutique di articoli per la casa. Durante l’ultima settimana della moda di New York, a febbraio, le modelle della stilista Tracy Reese hanno percorso la passerella leggendo poesie. A seguire questa moda c’è perfino la compagnia di assicurazione Nationwide che ultimamente ha lanciato una serie di annunci pubblicitari in cui dei poeti verseggiano sul miracolo di un mutuo.

Forse tutto questo era inevitabile data la natura del consumo rapido su Instagram, dove puoi imbatterti in una frase a effetto, cliccare sul riquadro che la contiene e passare oltre nel giro di pochi secondi; più la frase è a effetto, meglio è. I confini limitati di un post di Instagram incentivano il verso breve, l’aforisma ordinato, la citazione confezionata in modo conciso. La maggior parte delle poesie di Instagram suggerisce come vivere una vita migliore, come superare una delusione amorosa, come credere in se stessi, come perseguire i propri sogni. In un posto dove il cibo, i viaggi e la moda sono idealizzati, la poesia offre ulteriori filosofie che propongono obiettivi a cui aspirare.

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All’inizio dell’anno la poeta Rebecca Watts ha criticato in un saggio controverso e distruttivo l’opera di Hollie McNish, famosa su Instagram, definendola il lavoro di “un personaggio” e non di una poeta. Ha deriso la poesia su Instagram, a suo avviso robetta da dilettanti buona per la pubblicità che chiunque può consumare con leggerezza. “La poesia senz’arte vende bene”, ha scritto. “Il lettore è morto: lunga vita al contenuto orientato al consumatore e alla ‘gratificazione istantanea’ che questo produce”.

Come qualsiasi altra forma d’arte, però, anche la poesia deve adattarsi al mondo che cambia.

Spesso si pensa alla poesia come se esistesse in una sorta di vuoto, buttata giù su una pergamena da uno scrittore solitario rinchiuso a riflettere per tutto il tempo sulle verità eterne e sui più grandi misteri della nostra esistenza. La verità che è la poesia è sempre stata influenzata dai cambiamenti tecnologici.

Rachael Allen, la curatrice della sezione di poesia per la rivista letteraria Granta, lo ha sottolineato spiegando come a suo modo di vedere l’instapoesia non dovrebbe suscitare preoccupazione. “La forma poetica è sempre stata influenzata dal mezzo su cui è presentata. Esistono interi movimenti costruiti su poesie inserite nel paesaggio o scolpite nella roccia”, ha detto.

Secondo Allen, Granta continua a ricevere molte proposte di poesie lunghe. La rivista ha pubblicato di recente diverse poesie lunghe più di una pagina, e una che uscirà a breve è lunga cinque pagine. E la rivista riceve ancora circa duemila proposte ogni anno. “Secondo me verrà fuori che queste forme e modalità di lettura possono coesistere una accanto all’altra in modo pacifico”, ha detto. Anche le iscrizioni a corsi di laurea in poesia non sono in calo. Elizabeth Willis, direttrice della sezione per la poesia dell’Iowa writers’ workshop, ha ricevuto 343 candidature nel 2018.

I primi poeti su Instagram sono ancora attivi, ed è ancora impossibile prevedere quanto i social stiano cambiando la poesia. Non si possono però negare i trionfi di poeti come Rupi Kaur, i tour mondiali, le vendite di libri, il fervore dei fan. La parola poesia deriva dalla parola greca poiesis, che indica il processo di creazione, di composizione, di produzione. Fin dalle sue origini, questa forma d’arte è stata legata allo sforzo. Adesso, grazie a un movimento di poeti in erba su internet, sta raccogliendo i suoi frutti.

Traduzione di Giusy Muzzopappa.

Questo articolo è uscito su The Atlantic. Leggi la versione originale.
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