29 marzo 2019 13:02

Qualcuno una volta mi ha dato questo consiglio: “Fossi in te non perderei tempo a scrivere di ricette che richiedano di friggere. Ormai nessuno frigge più in casa, perché a nessuno piace avere la cucina, e i capelli, che puzzano di friggitoria. E poi non è per niente salutare”. Mentre annuivo, ho detto a me stessa che avrei al più presto fatto una frittura.

Quella persona aveva assolutamente ragione per quanto riguarda la cucina e anche i capelli, soprattutto per chi come me ha una folta massa di ricci. Però poi basta accendere la cappa aspiratrice o spalancare in fretta la porta. Certo, bisognerebbe evitare di mangiare fritti troppo spesso, eppure, gustare di tanto in tanto qualcosa di intinto in una bella pastella e poi fritto finché diventa dorato e irresistibilmente croccante è una cosa meravigliosa.

C’è una lunga tradizione di frittura nella mia famiglia, che mi riporta al nord dell’Inghilterra: entrambe le mie nonne erano delle vere esperte nel preparare le patatine fritte. Nonna Roddy nel sego bovino, che tra una sessione di frittura e l’altra si rapprendeva nella padella da frittura lasciata sul piano da lavoro. I miei nonni conoscevano anche i migliori posti dove godersi uno spuntino a base di fritti, così spesso prendevamo l’auto fino a Whitby per andare al Magpie Café, poi ci sedevamo sul muretto che affaccia sulla baia, mangiando bastoncini di platessa impastellati e patatine all’aceto mentre facevamo rimbalzare i talloni sul muro.

È veramente una goduria andare a mangiare i fritti al ristorante, dove sarà qualcun altro a ripulire gli schizzi di unto

Una dimensione del tutto nuova del fritto mi si è aperta al mio arrivo a Roma, dove ho imparato il trucco di far scaldare l’olio finché un cubetto di pane immerso nella padella non cominci a galleggiare in circolo e dove ho imparato i tempi di cottura di una foglia, un fiore, un pesce, della borragine e anche a tenere aperta la porta per far portare via dal vento l’odore di fritto, prima attraverso i miei capelli e poi dritto giù in cortile.

La maggior parte dei romani va pazza per i fritti. Fiori di zucchina ripieni di alici e mozzarella, carciofi ben puliti e spezzettati (adesso è il loro momento d’oro, i mercati ne sono inondati e sono stupendi), baccalà e anche piccoli pesci, vengono tutti fritti fino alla perfetta doratura. Questa tradizione ha le sue origini nella cucina ebraica romana, ma oggi è diffusa in tutta la città e soprattutto nelle pizzerie, dove i fritti vengono serviti prima della pizza.

Con questo non voglio dire che tutti i fritti di Roma siano buoni – tutt’altro – e nemmeno vi suggerisco di andare in questo posto, ma il nostro tempio del fritto, dalle nostre parti, è La Torricella. Sapendo che avrei scritto un articolo sui fritti, sono stata lì ieri sera, a osservare il lavoro delle mani di Enrico, esperte e grondanti farina. Enrico ha tre diversi metodi: pastella per gli ortaggi e il baccalà, una spolverata di farina per le alici e doppia pastella per i carciofi – tutto squisito. È veramente una goduria andare a mangiare i fritti al ristorante, dove sarà qualcun altro a ripulire gli schizzi di unto. Ciò nonostante ogni tanto friggo in casa, di solito di venerdì, con la porta ben spalancata, una bottiglia di prosecco di accompagnamento e tamponando i fritti con la carta assorbente per mangiarli appena è possibile toccarli senza scottarsi.

L’arte della pastella
Tutti pensano di fare bene la pastella e anche io non sono da meno, nonostante sia sempre pronta a imparare cose nuove. Si tratta di farina, acqua e un goccio di olio d’oliva, lasciati a riposare in frigo per un paio di ore. Poi, poco prima di cominciare a impastellare, aggiungo due albumi d’uovo montati a neve ferma, cioè fino a poter capovolgere la ciotola senza che cadano. È una pastella straordinariamente leggera, che si presta perfettamente per le tre cose che oggi vi propongo di friggere: foglie di salvia, zucchine e mele.

Passiamo quindi alla frittura. Ho usato sia l’olio di semi di girasole sia quello di arachidi, entrambi ottime scelte per qualità e neutralità del sapore. Tuttavia, quando posso, per friggere poche cose in casa preferisco l’olio extravergine di oliva, decisamente più costoso e meno discreto dal punto di vista del sapore, ma che proprio per questo dona una nota deliziosa. Lungi da me volermi addentrare nella polemica sul friggere o meno in olio extravergine di oliva, non sono il tipo da dispute né sono abbastanza qualificata sull’argomento. Posso però dire, avendone parlato con altri e letto le opinioni di esperti del calibro di Luciana Squadrilli, Nancy Harmon Jenkins e Jonny Massey nell’arco degli ultimi dieci anni, che il parere dominante sia che l’olio extravergine di oliva è un ottimo mezzo per la frittura. Se tenuto a una temperatura inferiore al suo punto di fumo (207°) non subisce alcun cambiamento strutturale significativo e conserva intatte le sue proprietà nutritive, molto meglio di quanto non facciano gli altri oli. E questo grazie al suo alto contenuto di ossidanti e acido oleico.

Ovviamente la prova è il sapore: per un amante dell’olio extravergine di oliva (pur di avere il quale risparmio su molte altre cose), il sapore che questo dona ai fritti non ha rivali. Inoltre, alla luce dei miei esperimenti – totalmente privi di fondamento scientifico – in cucina, posso affermare che quando si frigge con olio di oliva si forma sui cibi una crosta che impedisce all’olio di penetrare e fa sì che tutto ne rimanga meno intriso. E il bello è che, per una frittura stile vecchia padella di nonna, l’olio di oliva può essere utilizzato più di una volta, addirittura tre. Ad ogni modo, il mio consiglio è di usare per friggere l’olio che preferite e che potete permettervi.

Cosa friggere? A me la salvia piace particolarmente: quel suo sapore muschiato, un po’ “cantina della nonna” è perfetto per abbinarsi con una pastella croccante. Comprate una piantina, così da poter strappare le foglie lasciando i piccioli lunghi, comodi per passare le foglie nella pastella. La mela potrà sembrarvi strana, ma il contrasto tra la polpa dolce e il sapore della pastella è una vera delizia, soprattutto se aggiungete una spolverata di pecorino all’ultimo. Dopo i carciofi, le zucchine sono l’ortaggio che preferisco fritto. Se trovate quelle con il fiore, meglio ancora.

Fritto misto vegetale

Con questa ricetta avrete pastella sufficiente per circa 25 foglie, una mela tagliata ad anelli e una zucchina piuttosto grande.

Per preparare la pastella

  • 150 g di farina bianca
  • 2 cucchiai di olio extravergine di oliva
  • 200 ml di acqua (anche gassata, a vostro piacimento)
  • Sale
  • 2 albumi

Per la frittura

  • 2 zucchine, fatte a striscioline di circa 5 millimetri
  • Fiori di zucca (se li trovate)
  • Foglie di salvia
  • 1 mela sbucciata, pulita del torsolo e tagliata a rondelle
  • Sale e parmigiano o pecorino grattugiato per la mela
  • Olio di girasole, di arachidi o extravergine di oliva per friggere
  1. Passate al setaccio la farina e disponetela in una ciotola capiente. Create una fontana con la farina e versate l’olio al centro, poi mescolate per far amalgamare l’olio con la farina. Aggiungete 200 ml di acqua e sbattete con la frusta. La pastella dovrebbe avere la consistenza della panna da cucina, quindi se necessario aggiungete un po’ d’acqua. Lasciate riposare la pastella in frigo per almeno un’ora, meglio due. Poco prima di cuocere, montate a neve gli albumi e aggiungeteli alla pastella.
  2. Riscaldate l’olio in una padella o una casseruola, fino a circa 190°. Preparate un piatto ricoperto di carta assorbente e un piatto da portata. Pochi pezzi alla volta, immergete gli ortaggi-foglie-rondelle nella pastella, facendo scolare quella in eccesso nella ciotola. Friggete finché non avranno assunto un buon punto di doratura, poi fateli scolare sulla carta da cucina. A questo punto disponeteli nel piatto da portata, aggiungete un pizzico di sale, se volete, e servite all’istante.

Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano britannico The Guardian.

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