29 novembre 2013 01:00

È raro che una notizia di politica interna belga sia ripresa dai mezzi d’informazione italiani. È successo questa settimana, dopo che le commissioni riunite giustizia e affari sociali del senato hanno approvato la proposta di estendere ai minori il diritto all’eutanasia. In Belgio l’eutanasia attiva è legale dal 2002. Ogni due anni una commissione incaricata di monitorare l’applicazione della legge pubblica un rapporto sui casi di eutanasia registrati nel paese (o meglio, su quelli di cui viene a conoscenza). Si scopre così che l’eutanasia è molto più praticata nelle Fiandre che in Vallonia, che gli uomini sono di più a chiederla (ma di poco), che poco più della metà dei casi si registra tra persone tra i 60 e i 79 anni e che tre pazienti su quattro sono colpiti da un cancro. Ci sono poi dati sulla specializzazione dei medici coinvolti, sui prodotti usati per indurre la morte, sul tipo di sofferenze dichiarate dai pazienti.

Nella seconda parte del rapporto la commissione analizza e commenta i dati raccolti: il grande squilibrio tra Fiandre e Vallonia, per esempio, sarebbe dovuto a “differenze nell’informazione dei cittadini o dei medici, atteggiamenti socioculturali diversi nel nord e nel sud del paese, differenze nelle pratiche mediche rispetto alla fine della vita” (poi non stupiamoci se c’è chi contesta l’unità del Belgio). La terza parte è dedicata alle raccomandazioni. Il documento è un po’ scostante nella sua aridità, ma permette di capire cosa significa, concretamente, adottare una legge del genere e quali sono le difficoltà incontrate da medici e pazienti.

Chi critica questa commissione ne sottolinea l’inefficacia (non eserciterebbe un reale controllo sull’applicazione della legge, lasciando il campo libero a irregolarità e abusi) e la poca oggettività (gran parte dei suoi membri fanno parte dell’Associazione per il diritto di morire nella dignità), per dimostrare che la legge del 2002 è stata un errore. Ma se anche fossero fondate, queste critiche riguarderebbero l’applicazione della legge più che la sua sostanza.

Il 2012 è stato l’anno dei bilanci dei primi dieci anni della legge (bilanci divergenti quanto possono essere divergenti le posizioni sulla questione). Molti hanno reso omaggio a Mario Vestraete: affetto da sclerosi a placche, impegnato per anni nella lotta per la legalizzazione dell’eutanasia, fu il primo a usufruire della legge, sette giorni appena dopo la sua approvazione (la sua storia è raccontata nel film Tot altijd).

L’idea di estendere la legge ai minori non è recente e nasce dalla constatazione che casi simili sono già praticati al di fuori di un quadro legale. Nel 2010 la senatrice liberale Christine Defraigne ha proposto di abbassare la soglia ai quindici anni. Nel 2012 il senatore socialista Philippe Mahoux, uno dei padri della legge del 2002, ha annunciato una nuova proposta di legge. Il 20 febbraio 2013 il dibattito si è aperto al senato. L’idea dell’età minima è stata abbandonata a favore del criterio della “capacità di discernimento”, valutata da un pedopsichiatra. Mercoledì il primo voto, con una larga maggioranza - tredici voti contro quattro - a favore dell’estensione a certe condizioni: il minore, malato terminale, dovrà essere confrontato a sofferenze fisiche insopportabili e che non possono essere alleviate, e la sua richiesta andrà approvata dai genitori. La legge del 2002 si applica invece già ai minori emancipati.

La proposta dovrà ora essere votata in plenaria al senato, poi passerà all’esame della camera, tutto questo entro maggio del 2014, data delle prossime elezioni politiche. Ogni voto incrinerà sempre di più la coalizione di governo, formata da socialisti e liberali (a favore della proposta, sostenuti dai verdi e dai nazionalisti fiamminghi della N-VA) e dai cristiano-democratici francofoni (cdH) e neerlandofoni (CD&V), contrari all’estensione insieme al Vlaams Belang (estrema destra fiamminga).

A maggio di quest’anno il premio Nobel belga per la medicina Christian de Duve si è spento a 95 anni facendo ricorso all’eutanasia. Prima di lui, nel 2008, lo scrittore Hugo Claus, fedele alla massima ni dieu ni maître, aveva potuto scegliere la stessa via. In Italia Mario Monicelli e tanti altri non hanno avuto questa possibilità. Ma lentamente le cose cambiano. Nel 2001 i Paesi Bassi erano il primo paese a legalizzare l’eutanasia attiva (autorizzata anche per i minori di almeno dodici anni). Nel 2009 è stato il turno del Lussemburgo. Altri paesi autorizzano l’eutanasia passiva o il suicidio assistito. In Francia il dibattito è stato appena riacceso dal suicidio di una coppia, Bernard e Georgette Caze, entrambi ottantaseienni, che in una lettera accusano lo stato di averli costretti a una “pratica crudele” invece di concedere loro una “dolce morte”. Un richiamo per François Hollande, che a luglio aveva annunciato una proposta di legge, “sans doute” - espressione quanto mai vaga - entro la fine dell’anno.

Aggiornamento: il 13 febbraio 2014 la Camera belga ha approvato la proposta di estendere ai minori il diritto all’eutanasia, limitato però ai casi di sofferenza fisica.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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