15 dicembre 2017 11:15

È l’incarnazione dell’ostinazione e della capacità di negoziare. Da quando l’Onu l’ha nominato suo emissario speciale per la Siria, nel 2014, Staffan de Mistura non ha mai smesso di cercare di spingere verso il compromesso gli attori del conflitto e non ha mai perso la fiducia né alzato i toni. Eppure il 13 dicembre abbiamo ascoltato la sua collera.

“Sono deluso”, ha dichiarato dopo l’ottavo tentativo di avviare un dialogo a Ginevra. “Abbiamo perso una grande occasione”, ha aggiunto accusando la delegazione del regime siriano di “non aver veramente cercato il dialogo e il negoziato”. Parole durissime se consideriamo che sono state pronunciate da un diplomatico molto prudente. Fatto ancora più significativo, l’italosvedese Staffan ha voluto fare una precisazione: “Devo dire che invece l’opposizione l’ha fatto”.

De Mistura ha detto due verità sacrosante. L’opposizione siriana ha voluto negoziare, mentre il regime di Damasco si è rifiutato di farlo. Il motivo va ricercato nei rapporti di forza sul campo.

L’arroganza di Assad
Ora che l’appoggio dell’Iran e della Russia ha permesso al suo regime di riprendere il controllo di quasi due terzi del territorio siriano, Bashar al Assad pensa di aver vinto la guerra e di non aver più bisogno di negoziare se non per ottenere al massimo l’appoggio della comunità internazionale per nuove elezioni che confermerebbero il suo dominio.

Al contrario, l’opposizione è perfettamente consapevole di aver perso lo scontro militare, e per questo ha serrato i ranghi, ha inviato a Ginevra una delegazione unica e ha cercato di trovare un compromesso politico che passa inevitabilmente per una nuova costituzione.

Potremmo dire che tutto questo non ha più importanza, che non c’è da stupirsi se il vincitore vuole imporre le sue condizioni e che l’Onu e il suo rappresentante dovrebbero semplicemente prendere atto di questa situazione.

L’Onu deve comunque imporre ad Assad il compromesso nonostante il dittatore continui a rifiutarlo

Ma si tratta di una logica ingannevole, perché la verità è che la Siria è un paese completamente distrutto, nessuno finanzierà la sua ricostruzione prima di aver posto le basi di una stabilità perenne, la metà della popolazione è fuggita all’estero o in altre aree del paese e questo stato di cose durerà fino a quando non sarà ritrovata la fiducia nel futuro.

Anche se la guerra non è ancora finita, il risultato è già prevedibile. Tuttavia l’Onu deve comunque imporre ad Assad il compromesso nonostante il dittatore continui a rifiutarlo. È un fatto evidente, tanto che la Russia sta tentando di far ragionare il macellaio di Damasco. Putin si sta impegnando a fondo per evitare di impantanarsi in Siria, ma non riesce a ottenere risultati perché l’Iran non vuole fare alcuna pressione su un regime che resta fondamentale per la sua influenza nelle terre sunnite e fino alla frontiera libano-israeliana.

Siamo allo stallo, uno stallo che non dovrebbe durare ma che, purtroppo, durerà.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it