04 gennaio 2018 12:10

Il presidente turco Recep Erdoğan sarà ricevuto il 5 gennaio all’Eliseo. In Turchia come in Francia, saranno in molti a stupirsi di questa accoglienza, perché Erdoğan ha trasformato in una dittatura un paese che si stava evolvendo verso la democrazia.

Ma l’apertura verso la Turchia non è l’unica sorpresa riservata da Emmanuel Macron, che mercoledì ha ribadito la sua volontà di recarsi in Iran non appena sarà ristabilita “una calma rispettosa delle libertà”.

Effettivamente è una situazione che mette a disagio, perché preferiremmo vedere una Francia inflessibile davanti a questo tipo di regimi oppressivi. Saremmo più orgogliosi se Parigi mostrasse i muscoli, ma a questo punto è più importante capire in che condizioni si trovano Iran e Turchia, e se è possibile influenzare la loro evoluzione.

La situazione in Turchia
In Turchia la crescita economica per il 2017 dovrebbe attestarsi sul sette per cento, ma questo risultato eccellente non può far dimenticare una disoccupazione che resta alta, una bolla immobiliare che minaccia il settore bancario e una caduta costante della valuta nazionale, vittima di una crisi di fiducia dovuta al contesto politico.

Diventato imprevedibile e repressivo, Erdoğan cala nei sondaggi, che lo danno perdente alle prossime presidenziali contro Meral Akşener, ex ministra dell’interno, religiosa che non porta il velo e legata all’Europa e alla democrazia.

I sondaggi sono significativi. Erdoğan è in difficoltà anche all’interno del suo partito e non sa più a che santo votarsi, perché è entrato in rotta di collisione con gli Stati Uniti – riavvicinandosi all’Iran e alla Russia – e non ha più alleati nel mondo arabo. Il presidente turco vorrebbe riaprire il dialogo con l’Europa. Ai ferri corti con la Germania, ha deciso di bussare alla porta della Francia.

La situazione in Iran
Al pari della Turchia, anche l’Iran ha tutto l’interesse a migliorare i rapporti con Parigi. I funzionari iraniani temono, giustamente, che Donald Trump voglia silurale il compromesso sul nucleare raggiunto con Barack Obama e ristabilire le sanzioni economiche contro la teocrazia per alimentare le tensioni interne che sembrano sempre più gravi.

Guidata dal presidente della repubblica, il pragmatico Hassan Rohani, l’ala moderata del governo cerca disperatamente l’appoggio degli europei, a cominciare dai francesi, per salvare il patto sul nucleare del 2015.

Con Erdoğan e Teheran c’è spazio per un negoziato. Anche se niente garantisce il successo della trattativa, è comunque meglio cercare di aprirla che permettere alla Turchia di finire nelle mani di Putin e all’Iran di essere preso in ostaggio dagli estremisti che vogliono soltanto inasprire la repressione e accentuare la posizione di forza del paese nel mondo arabo. Quando esiste la possibilità di cambiare le cose è giusto parlare con le dittature, ma sempre con schiettezza.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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