11 gennaio 2018 13:22

Siamo davanti a un altro segnale del calo dell’euroscetticismo. Ostile fino ieri alla moneta unica, il 10 gennaio il Movimento 5 stelle ha fatto marcia indietro, a tre mesi dalle prossime elezioni, facendo presente che la questione non è più prioritaria.

“È il momento di cambiare le regole dell’euro, non di uscirne”, ha dichiarato Luigi Di Maio, ormai convinto che il negoziato con gli altri stati dell’Unione sia diventato possibile perché la Germania non riesce a trovare una coalizione di governo, la Spagna ha un governo di minoranza e i grandi partiti francesi sono indeboliti.

Questi sono i motivi forniti dal candidato premier dell’M5s. Ma se un movimento che è nato in gran parte sulla denuncia dell’Unione europea e che oggi prospera grazie al rifiuto dell’immigrazione e all’idea di un reddito universale ha cambiato idea sull’euro è soprattutto perché è in testa ai sondaggi e non vuole prendere una batosta il prossimo 4 marzo, come è successo a Marine Le Pen al secondo turno delle presidenziali francesi.

L’esempio del Front national francese
Come tutti i partiti populisti e di estrema destra dell’Unione che avevano sperato in una vittoria del Front national, il Movimento 5 stelle ha capito dalla sconfitta di Le Pen che gli elettori non vogliono l’uscita dall’euro e che è meglio smettere di proporgli questa avventura.

In tutta l’Unione l’euroscetticismo sta perdendo slancio. In Germania Alternative für Deutschland (AfD) concentra ormai i suoi attacchi sugli immigrati, mentre in Francia il Front national ha smesso di invitare il paese a seguire l’esempio britannico. In Italia, Silvio Berlusconi giura che i suoi alleati della Lega non vogliono più il ritorno alla lira.

La sconfitta di Le Pen non è l’unico motivo della fase calante dell’eurofobia

I governi nazionalisti di Polonia e Ungheria cercano di riallacciare i rapporti con i partner europei. In Austria il Partito della libertà ha potuto entrare in coalizione con la destra solo rinunciando all’euroscetticismo. In Repubblica Ceca, Miloš Zeman, presidente uscente non esattamente eurofilo, è minacciato da un europeista militante che potrebbe batterlo alla fine del mese in un ballottaggio diventato molto incerto.

In ascesa fino a poco tempo fa, l’euroscetticismo è in fase calante, e la sconfitta di Le Pen non è l’unico motivo. I governi, i partiti e gli elettori dei 27 stati hanno scoperto, grazie a Donald Trump, che la protezione militare degli Stati Uniti non è eterna, che la vecchia Europa non interessa più a Washington e che nell’era di Putin e del caos in Medio Oriente devono prendere in mano il loro futuro e farlo insieme.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it